La burocrazia, ovvero quel mostro che distruggerà il Molise

Stiamo assistendo in queste ultime settimane ad un proliferare di comunicati, provenienti dalla sede governativa regionale, attestanti il fiume di danaro che starebbe per riversarsi sul Molise al fine di tentare di arginare i pesantissimi danni economici che il tessuto produttivo locale ha subito a causa dell’epidemia da coronavirus. Alla fine potrebbero essere anche più dei 58 milioni di euro che hanno generato la crisi pilotata e concordata alla Regione; l’emergenza è reale e forte e in emergenza i soldi alla fine arrivano. Avremmo potuto quindi titolare in maniera ottimistica, ma i precedenti e forse anche le situazioni in itinere spingono a frenare gli entusiasmi.

Mentre i nuovi bandi scaldano i motori, riscuotendo ‘successo’, se così si può dire, anche inaspettato (domande in numero anche 3 o 4 volte superiori rispetto alle disponibilità finanziarie) sono i finanziamenti precedenti che contestualmente ci ricordano che finora queste somme consistenti poche volte sono arrivate in tempi ‘umani’ a destinazione, cioè a vantaggio di chi ne ha bisogno, quindi le boccheggianti imprese e i liberi professionisti molisani. Perché tanto pessimismo? E’ presto detto. I finanziamenti per attività produttive sono più o meno regolari e costanti in regione (eccezion fatta per questi anti-Covid assolutamente straordinari e abbondanti nei numeri) e da sempre si ripete un cliché poco entusiasmante, per non dire deprimente. Avviene che i bandi vengono prima pomposamente annunciati, a suon di decine di milioni di euro, poi si avvia la fase istruttoria, poi si stilano le graduatorie di merito, si firmano i capitolati per definire gli oneri contrattuali. Tutto nella norma: ma non è cosi! Entra in campo a questo punto la burocrazia regionale, la macchinosa struttura di controllo, deliberazione, assegnazione delle risorse; e da quel momento s’incrinano i sogni dei beneficiari, che pensavano di essere in dirittura d’arrivo per la boccata d’ossigeno ma non avevano fatto i conti con quel rivolo di uffici, competenze, timbri, autorizzazioni, richieste di documentazioni, valutazioni ed altro ancora che quell’ossigeno lo incanala lentamente, lo dispensa con il contagocce e spesso lo impacchetta e conserva per mesi in un angolo prima di farlo arrivare a destinazione. Così, mentre le imprese si affrettano a contattare fornitori, procurarsi preventivi (che poi inevitabilmente saranno inservibili visto il lungo tempo che trascorrerà prima delle determine di assegnazione delle agevolazioni), predisporre business plan e, a volte, anticipare spese che per questo motivo non saranno recuperate, dall’altra parte il dedalo di uffici, che dovrebbe essere un tutt’uno compatto e decisionale, fa viaggiare carte, a volte da una stanza all’altra, andata e ritorno, e non si capisce perché e spesso neanche per quale destinazione. Tutto ciò perché interi settori, dipartimenti, sezioni, o enti non si coordinano, non si scrivono e i loro dipendenti a volte neanche si parlano.

E’ questo il problema: la Regione e gli enti sub regionali deputati alla gestione delle pratiche non dialogano, non visionano all’unisono i documenti, non definiscono strategie comuni; ognuno ha i suoi uffici, le sue competenze e lavora in autonomia gerarchica e con tempi diversi dall’altro. Nel mentre le aziende aspettano, ricevono richieste di integrazione dall’una struttura o dall’altra e ogni volta anche per una semplice risposta devono aspettare i fatidici 10/15 giorni, che poi moltiplicano per il numero delle richieste e diventano mesi, quando invece un contratto diretto tra gli enti attori del finanziamento probabilmente risolverebbe la questione in pochi giorni. Non passa giorno senza che qualcuno ci racconti una storia di ordinaria burocrazia, spesso vicina alla follia burocratica, o di un finanziamento inspiegabilmente rallentato, una delibera che non arriva perché è assente un funzionario o un dirigente e non si trova un sostituto, un’autorizzazione che ristagna in un cassetto perché ne manca un’altra da un’altro ufficio che nessuno si degna di sollecitare, o spesso di verificare. Tutto finisce in un labirinto al cui cospetto quello di Cnosso è un gioco di società per ragazzi e per uscire dal quale perfino il filo di Arianna sarebbe stato inutile.

In tutto questo la politica ci mette del suo ma a volte perfino lei è succube e sollecita la firma delle carte, ma incontra il funzionario o dirigente temporeggiatore o, peggio ancora, subisce il danno dello scontro tra competenze, dei litigi tra uffici, dell’indifferenza di chi sta bene verso chi fuori si avvia verso il baratro economico e lavorativo. E’ questo, la burocrazia consolidata, amica indesiderata di una politica acquiescente, il male massimo del Molise, incardinato in un sistema immodificabile e indifferente ai dolori del resto della società. Ma questa volta dovrà essere diverso, perché oltre il tunnel non c’è alcuna speranza di luce e bisognerà risolvere i problemi prima; altrimenti la stessa autonomia regionale sarà a forte rischio come mai era stato finora …e non è detto che questo poi sia il male maggiore.

Stefano Manocchio

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