Il rapporto Censis pubblicato il 26 settembre, dal titolo: “Engagement e produttività. Più produttività attraverso la leva della motivazione e del coinvolgimento sul posto di lavoro“, coglie l’elemento della motivazione nell’attività che si svolge,ma evidenzia anche un altro nodo: il lavoro sfruttato e sottopagato offerto da questo sistema è ormai rifiutato dai più giovani come fulcro della propria vita.
Nell’indagine del Censis,si evidenzia che:
· quasi l’80% degli occupati si dichiara abbastanza o molto motivato a dare il meglio nel proprio lavoro, ma solo uno su quattro tra i lavoratori che hanno meno di 45 anni.
· il divario “riflette condizioni e percezioni lavorative diverse, maturate in una società in cui i più giovani spesso affrontano instabilità, scarso riconoscimento e aspettative non soddisfatte, mentre gli adulti trovano maggiore stabilità e significato nel lavoro, avvertendolo come parte della loro identità“.
Chi ha avuto una vita lavorativa più lunga e pur affrontando condizioni di lavoro difficili, la fatica giornaliera ha permesso di elevare la propria condizione,e nell’incontro con gli altri lavoratori trovava un senso di appartenenza a una determinata categoria, una funzione nella comunità, per i più giovani il lavoro è diventato un motivo di frustrazione.
Salari insufficienti a raggiungere una piena autonomia, mancanza di riconoscimento dell’impegno profuso e delle competenze acquisite, si pagano fior fior di tasse per andare all’università. “Solo il 27,2% [dei lavoratori tra i 18 e i 44 anni] percepisce competenze pienamente allineate al ruolo che ricopre“.
Il lavoro perde il ruolo centrale nella vita, nella formazione dell’identità di una persona e diventa elemento di frustrazione e fastidio, anche se è uno strumento inevitabile per assicurarsi la sopravvivenza, ma fa ritirare il lavoratore nell’individualismo con la perdita di senso di comunità che si cerca altrove.
Il 54,0% degli occupati chiede maggiori retribuzioni, quattro persone su dieci vogliono condizioni di lavoro migliori, il 32,0% benefit aziendali e oltre un quarto chiede più flessibilità oraria e smart working.
Il lavoro sottopagato e lo sfruttamento (inteso come livello di coercizione e di abuso del proprio lavoro per un tornaconto altrui) segnano la percezione del lavoro nelle giovani generazioni.
Per il Censis oltre uno su due degli intervistati tra i 18 e i 44 anni il lavoro ha perso centralità o non è mai stato una priorità, “emerge con forza la sensazione di disincanto, che mette sempre più in discussione il concetto tradizionale di lavoro come fulcro della vita sociale e personale“.
Censis lo definisce: “disincanto”, in realtà è la consapevolezza di una crisi di aspettative che si realizza il dramma dei giovani, o a coloro che sono cresciuti dagli anni Novanta in poi, era stato promesso un mondo di pace e sviluppo, dopo il 1989, e si sono ritrovati un Occidente genocida, che vive di sfruttamento e di doppi standard, e che, per di più, sta distruggendo l’ambiente stesso in cui viviamo.
Il futuro che era stato tratteggiato è diventato un presente in cui non c’è via di miglioramento delle proprie condizioni di vita, non c’è via di autorealizzazione libera, autonoma, anzi, c’è la minaccia di morire per sopraggiunta inospitalità della terra oppure in una trincea al fronte, occorre restituire ai giovani un nuovo orizzonte che si identifica in una nuova visione del mondo, alternativa a questo sistema in cancrena, ne va del loro futuro, così come di quello dell’ambiente.
Alfredo Magnifico