L’opinione/Con le donne al vertice si migliora la politica e l’economia

Diversi studi dimostrano che l’aumento delle donne in posizioni di responsabilità in politica, economia e mondo accademico porterebbe a benefici collettivi.

La percentuale di donne ai vertici è ancora limitata, sebbene sia aumentata grazie a politiche concrete proposte da governi e aziende, le società hanno dato per assodato che in certi ruoli siano più adatti gli uomini che le donne.

In Italia qualcosa sta cambiando ma a passo di lumaca ,con numeri impietosi, mentre in Europa la percentuale di donne presenti nei consigli di amministrazione è aumentata, passando dal 13,7% del 2012 al 25% del 2015 , anche se si tratta perlopiù di ruoli non esecutivi, le donne in posizioni di potere arrivano al massimo al 6,7%. a fine 2020, solo 7 rettori sugli 84 delle Università italiane erano donne.

Aumentare il numero di donne manager significa migliorare positivamente creatività, innovazione, comprensione dei mercati, capacità di problem solving, comunicazione e condivisione di informazioni migliorando al tempo stesso l’impegno e la motivazione di coloro che operano in azienda.       

Un dato dell’Unione Europea, mostra come le aziende con parità di genere nei tavoli aziendali hanno profitti superiori del 56%,nonostante ciò, le donne sono in sotto numero rispetto agli uomini nei posti di potere: le stime dicono che ci vorranno 217 anni per raggiungere la parità e il divario aumenta col passare del tempo, anziché diminuire, anche se tra 2002 al 2015 il numero di laureati dai 30 ai 34 anni per gli uomini è aumentato del 7% (da 12 a 19,99%), il numero di donne laureate è passato dal 14 % al 32,5 %,  per quanto riguarda la disparità di genere in una ricerca occupiamo il 74esimo posto al mondo dopo il Bangladesh.

Il Consiglio Superiore della Magistratura non ha mai avuto più di un quarto dei suoi membri donna (a volte uno a dieci), anche se più della metà dei giudici ordinari siano donne.

In politica va un po’ meglio le donne sono circa il 35% dei Parlamentari italiani, e un terzo dei ministri, la grande maggioranza delle posizioni di vertice è occupata da uomini, mai una donna è stata Presidente della Repubblica o Presidente del Consiglio.

Il settore bancario nelle posizioni di vertice è quasi totalmente maschile, cosi anche i protagonisti della recente crisi di governo tutti uomini, le poco edificanti scene che abbiamo visto durante i dibattiti parlamentari sono legate anche a questo.

Diversi studi si chiedono  se lo sbilanciamento, oltre a creare problemi di rappresentatività democratica, incide anche su efficienza ed efficacia dell’azione delle istituzioni.

Ll’aumento della rappresentanza femminile in politica induce i partiti a selezionare candidati migliori, le candidate hanno un livello di istruzione più alto dei loro colleghi maschi, un’esperienza lavorativa pregressa più qualificata, dove ci sono più donne candidate, il livello medio di istruzione dei candidati maschi è più elevato. Il risultato si presta all’interpretazione secondo cui, di fronte a una concorrenza femminile numericamente consistente e mediamente più qualificata, i partiti reagiscono tagliando la parte di candidati maschi meno presentabili, così innescando un circolo virtuoso che migliora la competenza dell’intera classe politica.

Il tema della conciliazione tra lavoro e famiglia ha acquistato sempre più importanza non solo per i singoli individui, i quali considerano il bilanciamento degli impegni professionali e lavorativi un obiettivo correlato alla qualità della vita, ma anche per le stesse aziende, perché il miglioramento del benessere individuale accresce produttività aziendale. Sempre più spesso sentiamo parlare di iniziative di tipo family-friendly, work life balance, smart working e delle politiche di welfare che le aziende implementano per venire incontro alle esigenze delle madri lavoratrici (ad esempio la creazione di asili nido all’interno delle strutture aziendali, l’organizzazione di centri estivi da attivarsi alla chiusura delle scuole o ancora l’attivazione di siti dedicati alla ricerca di babysitter e cosi via). Aspetti in cui l’Italia, rispetto agli altri paesi europei, è ancora carente e molto in ritardo.

Tipologie contrattuali come il part-time potrebbero venire incontro alle esigenze di chi gestisce contemporaneamente famiglia e lavoro, ma gli stessi manager vedono la donna/madre come una figura che non sia in grado di portare avanti entrambi gli impegni o che non abbia le competenze tali da poter ricoprire una posizione cosi importante.

L’analisi dei dati rivela una loro maggiore attenzione verso i temi della famiglia e dell’istruzione ne deriva un aumento del tasso di fecondità, risultato particolarmente importante in un Paese come l’Italia caratterizzato da trend di natalità preoccupanti.

Anche nel mondo dell’Università un aumento della presenza femminile in posizione di vertice porterebbe un’auspicabile ventata di novità. Sarebbe bello e importante dare un segnale forte in questo settore cruciale per delineare il futuro del Paese.

Alfredo Magnifico 

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