La responsabilità del committente negli infortuni sul lavoro

Gli incidenti sul lavoro nel nostro Paese rappresentano una piaga sempre più grande e quando sono mortali, conquistano le prime pagine dei giornali e dei telegiornali, seguiti da buoni propositi da parte di tutti ma poi; ”passata la festa gabbato lo Santo” tutto come prima fino alla tragedia successiva.

La Cassazione con la sentenza n. 22013/2025, del 11 giugno 2025, quarta sezione penale della Cassazione, ha ritenuto colpevole di omicidio colposo il titolare di un’impresa in qualità di “committente di fatto” poichè aveva affidato lavori in economia, per la riparazione/sostituzione di lamiere sul tetto di un capannone, opera non portata a termine dall’interessato, a seguito di una caduta mortale da un’altezza di 6/7 metri.

Nei diversi gradi di giudizio il titolare dell’azienda era stato condannato penalmente quale responsabile di una serie di inadempimenti correlati alla sua figura di committente di fatto. In particolare, sarebbero state violate le lettere a) e b) dell’art. 26 del D.L. vo n. 81/2008 per:

a) Non aver, preventivamente, verificato, l’idoneità tecnico-professionale della persona alla quale era stato affidato l’incarico;

b) Non aver fornito indicazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro;

c) Non aver verificato che la copertura del capannone fosse idonea a sostenere il peso corporeo del soggetto incaricato del lavoro.

In precedenti sentenze, era stato affermato il principio secondo il quale anche chi coinvolge un’altra persona in un lavoro pericoloso, pur in assenza di rapporto di lavoro subordinato, ma sulla base di un rapporto amicale, è tenuto, ugualmente, all’adozione di tutte le misure antinfortunistiche necessarie richiamate dalla legge.

La definizione di lavoratore che, ai fini della sicurezza, si evince dal D.L.vo n. 81/2008 è chiara e ben più ampia di quella formulata, a suo tempo dall’art. 3 del D.P.R. n. 547/1955 che si riferisce al solo lavoratore subordinato. Per il D.L.vo n. 81/2008 il lavoratore è “la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione.

Nel giudizio di legittimità d’avanti alla Corte di Cassazione l’imputato contestava l’esistenza di un rapporto di lavoro con la persona deceduta, tesi, assolutamente, respinta atteso che “il fondamento della responsabilità è stato ricollegato alla posizione di garanzia rivestita dall’imputato nella qualità di committente di fatto dei lavori effettuati dalla vittima, nel corso dei quali si è verificato l’infortunio”.

La Corte afferma che, in caso di affidamento dei lavori in economia, grava sul committente un obbligo, di natura primaria, finalizzato a verificare l’idoneità tecnico-professionale di chi è stato prescelto anche in relazione alla pericolosità dei lavori affidati, atteso che il contratto che si conclude, in questo caso, è un contratto pienamente assimilabile all’appalto, con la conseguente piena applicazione dell’art. 26 del D.L.vo n. 81/2008.

C’è, poi, la questione della c.d. “culpa in eligendo” ai fini della configurabilità relativa alla mancata verifica della idoneità tecnico-professionale della persona prescelta: afferma la Corte che non è, assolutamente necessario che il contratto sia stato redatto per iscritto, in quanto nella fase della c.d. “progettazione dell’opera”, è sufficiente che siano intervenuti accordi per una prestazione d’opera, visto il carattere negoziale degli stessi.

Alla posizione di garanzia del committente di fatto, alla luce dell’art. 26, risulta connesso l’obbligo di informare, con i maggiori dettagli possibili, chi deve effettuare la prestazione, sui rischi specifici rilevati nell’ambiente ove si deve operare.

Alfredo Magnifico

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