La Generazione Z e la crisi permanente del lavoro

Gli sconvolgimenti degli ultimi anni determinati da; Covid, inflazione, guerra, instabilità economica e incertezza del futuro hanno interessato tutti i lavoratori di tutte le età, tra questi c’è una fascia che più di tutte è stata penalizzata da questa situazione di “permanente crisi”: ed è la Generazione Z, quella che copre i nati tra il 1997 e il 2012.

Una crisi che si dilunga da troppo tempo, la pandemia e le conseguenze dell’invasione russa in Ucraina stanno ostacolando l’ingresso sereno dei più giovani nel mercato del lavoro, frenano le carriere e la stessa qualità della vita.

Molti giovani, di questa generazione, sono stati costretti a terminare gli studi universitari in isolamento, magari si sono laureati a distanza e davanti a uno schermo, costretti ad entrare poi in un mondo del lavoro stravolto, con una situazione economica precaria e con condizioni di lavoro insolite, affiancate dalla minaccia costante di licenziamento, con contratti di lavoro che, all’inizio di carriera, sono solitamente più deboli della media.

Giovani assunti a distanza, appena laureati, entrati nel mondo del lavoro quando è esplosa la pandemia, si sono trovati ad affrontare situazioni particolarmente difficili come dipendenti junior: prima il lavoro da casa forzato, poi il rientro in ufficio, adesso con i licenziamenti o i mancati rinnovi dei contratti.

Questa generazione Z si ritrova meno probabilità di creare connessioni significative con i colleghi e costruire relazioni con i capi,  con il costo della vita in aumento, e chi è al primo impiego deve pure fare i conti con stipendi di primo ingresso che spesso si rivelano insufficienti.

La Gen Z è il gruppo demografico più stressato sul posto di lavoro, lo stress colpisce quasi un quarto dei più giovani e quasi tutti hanno a che fare con sintomi di burnout_stress da lavoro collegato-, ma anche con problemi relazionali: molti di loro, hanno cominciato a lavorare da remoto e ora non riescono a gestire bene l’ambiente d’ufficio, le amicizie di lavoro o anche solo l’abbigliamento adatto in azienda.

Gli aspetti sociali del lavoro spaventano chi finora ha lavorato per conto suo.

Una ricerca di McKinsey, riporta che gli occupati della Gen Z sono più preoccupati di altri (26% contro 20%) per la loro retribuzione perché non consente di avere una «buona qualità della vita» nella situazione economica attuale, sono anche più preoccupati di qualsiasi altro gruppo demografico per la stabilità del loro impiego: il 45% della Gen Z contro il 40% di tutti gli intervistati.

Le condizioni di crisi hanno, in molti casi, ostacolato lo sviluppo professionale della Gen Z. i dati di LinkedIn di dicembre 2022 mostrano che i giovani tra 18 e 25 anni sono i meno fiduciosi di tutte le generazioni, solo il 43% della Gen Z si sente estremamente sicuro di sé, perfettamente capace in ogni aspetto del proprio ruolo, rispetto al 59% dei Millennial.

A livello globale, una ricerca di McKinsey ha mostrato che il 77% della Generazione Zero è alla ricerca di un nuovo lavoro, molti di loro sono insoddisfatti di quello che fanno e vorrebbero cambiare lavoro, quasi il doppio del tasso degli altri intervistati, il motivo principale è la fatica di appartenere a un mondo del lavoro che spesso non è in linea con i propri desideri, vanno alla ricerca di maggiore flessibilità, di una organizzazione del lavoro differente e di un  maggiore impegno per le questioni sociali e ambientali.

Entro il 2025 la Generazione Z sarà costituita dal 27% della forza lavoro nei Paesi Ocse e da un terzo della popolazione mondiale, le aziende dovrebbero prepararsi ad avere a che fare con questa che ha un’idea del lavoro molto diversa da quelle precedenti, è una generazione che non vuole lavorare tanto, ma vuole lavorare in modo più intelligente».

Per i Soloni può sembrare una mancanza di etica del lavoro e generare i soliti commenti sui giovani che non sono disposti al sacrificio come le generazioni precedenti.

Ma non è così. Si cerca solo un’organizzazione diversa e un posto diverso da assegnare al lavoro all’interno della propria vita, marcando molto più di prima i confini tra vita personale, vita lavorativa e tempo libero.

Alfredo Magnifico 

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