Italia tra le ultime in Europa per la spesa in politiche attive

L’Italia maglia nera in Europa per la spesa nelle politiche attive del lavoro, con una percentuale di spesa pari allo 0,22% del PIL, contro una media europea dello 0,61%,e nel corso degli anni ha gradualmente depotenziato l’investimento in queste misure, tanto che dal 2008 al 2020,anni di profonda crisi tra bolla economica e pandemia il saldo negativo è stato del -39%, dato, leggermente attenuato dall’aumento di investimenti effettuato all’inizio della crisi pandemica (+ 8% dal 2019 al 2020), come fatto in quasi in tutti i Paesi europei.

I dati, che analizzano l’andamento della spesa per le politiche attive del mercato del lavoro a cavallo delle due grandi crisi del 2008 e del 2020, sono stati elaborati da Inapp.

Le politiche del lavoro, in Italia, registrano una grande debolezza nell’area delle politiche attive, si è pensato più a smantellare che a rafforzare l’esistente tanto da farci trovare con il culo scoperto nel momento del bisogno,infatti, il raffronto con i paesi europei sulla spesa destinata alle politiche del lavoro mostra uno scarto notevole a vantaggio delle politiche “passive”: il 2,6 del PIL in Italia contro una media europea del 2%; mentre per le politiche “attive” si spende in Italia lo 0,22% del PIL contro una media europea dello 0,61%.

La debolezza delle politiche attive si manifesta, soprattutto, nei servizi per il lavoro, che, oltre a risentire della pochezza dei finanziamenti, registra grandi limiti sul piano dell’efficienza e sul piano dell’efficacia.

La spesa dell’Italia sul complesso delle politiche del mercato del lavoro, in percentuale, appare in linea con la media dell’Unione Europea (2,83% del PIL contro il 2,86%), anzi, tra il 2019 e il 2020 ha registrato un incremento maggiore (86% rispetto al 73% medio degli altri paesi dell’Unione Europea), ma più che l’ammontare complessivo della spesa è la distribuzione delle risorse che rende peculiare il nostro sistema.

La spesa per i “Servizi” ,in cui sono declinate le politiche complessive del mercato del lavoro è quasi impercettibile, tra le più basse in Europa, con lo 0,26 per mille del PIL, contro una media europea del 2 per mille, l’aumento delle risorse investite non è sufficiente, perché i servizi per l’impiego assolvono al compito di favorire efficacemente l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Sarebbe necessario individuare e rimuovere le cause che minano la funzionalità dei servizi, considerando e mettendo a fuoco le peculiarità per le regioni del Mezzogiorno, in particolare: la chiarezza sulle funzioni che i Centri per l’impiego devono svolgere nelle dinamiche dei mercati del lavoro locali; le dotazioni tecnologiche e l’efficienza organizzativa dei Centri e,soprattutto l’adeguamento delle competenze degli operatori dei Centri e a formare una rete integrata di collaborazione nel quadro di un sistema organico di politiche del lavoro.

Servirebbe approfondire e rilanciare le funzioni dei centri per l’impiego nel quadro delle politiche attive del lavoro, creare una rete come presupposto organizzativo per un’azione efficace dei servizi per l’impiego e lo sviluppo delle competenze per gli operatori dei servizi, occorre ragionare sulle criticità e opportunità dell’azione di potenziamento dei servizi per l’impiego in un mercato del lavoro con sofferenze importanti, soprattutto per giovani e donne, ma in cui non mancano prospettive di crescita.

Alfredo Magnifico

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