Le dimissioni per fatti concludenti, molto incoraggiate da aziende e professionisti, sono tornate nel nostro ordinamento con l’art. 19 della legge n. 203/2024,però, la stesura del Legislatore suscita perplessità.
La procedura delle dimissioni per fatti concludenti è alternativa a quella del licenziamento per giustificato motivo soggettivo per assenza ingiustificata prevista dai Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro, che comporta il rispetto della procedura ex art. 7 della legge n. 300/1970 e di quella contrattuale ed il pagamento del contributo di ingresso alla NASpI che nel 2025 costa per un rapporto di almeno tre anni 1922,25 euro.
Il datore di lavoro che intende utilizzare la procedura delle dimissioni per fatti concludenti, deve verificare quanti giorni devono passare per il CCNL applicato perché l’assenza del lavoratore che non ha fatto pervenire alcuna comunicazione, possa ritenersi ingiustificata. Il numero dei giorni non è uguale nei vari contratti collettivi: ad es. il CCNL dei metalmeccanici ritiene che si possa parlare di assenza ingiustificata se per quattro giorni lavorativi il dipendente non ha fornito alcuna comunicazione, quello del commercio parla di tre.
I contratti collettivi fanno riferimento a giornate lavorative, ma in mancanza di specificazioni, l’art. 155 c.p.c. afferma che i giorni si calcolano secondo il calendario comune.
L’assenza ingiustificata protratta per giorni è nei contratti collettivi lo strumento per attivare la procedura di licenziamento, il Legislatore afferma che il datore di lavoro deve riferirsi alla sua durata anche per attivare la procedura delle dimissioni di fatto.
Se un CCNL non prevede nulla sulle assenze ingiustificate, il datore di lavoro può riferirsi a quanto afferma l’art. 19: l’assenza dal lavoro, senza alcuna comunicazione, è ritenuta tale, trascorsi quindici giorni: quindi dal sedicesimo.
I quindici giorni devono essere calcolati lavorativi e ragionando con il codice alla mano, si calcolano da calendario come ricorda l’art. 155 cpc.
La procedura per fatti concludenti si può applicare anche ai lavoratori assenti senza alcuna giustificazione da prima del 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore della norma, il datore di lavoro non è tenuto a comunicare niente al lavoratore che risulta assente ingiustificato, anche se una comunicazione all’ultimo domicilio conosciuto, circa il superamento del limite che ha portato alle dimissioni per fatti concludenti, dovrebbe essere effettuata per “coprirsi” da eventuali, future, azioni.
Il datore di lavoro deve comunicare all’Ispettorato territoriale del Lavoro competente per territorio che si è proceduto a ritenere il lavoratore dimissionario per fatti concludenti: a tal proposito, con la nota n. 579 del 22 gennaio 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito un facsimile di modello nel quale sono riportati i dati identificativi relativi all’azienda, il nome del lavoratore, l’ultimo recapito conosciuto, il telefono e la mail ed ogni altro elemento utile, se in possesso del datore ed il CCNL applicato.
La verifica dell’Ispettorato non è obbligatoria ma facoltativa: se intende effettuarla, anche in relazione alle notevoli incombenze d’ufficio, la nota n. 579 afferma che la deve concludere entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione datoriale: conclusione che può avere tre esiti:
1. Il lavoratore non è stato trovato;
2. Il lavoratore, pur essendo stato trovato, ha, nella sostanza, confermato il proprio comportamento;
3. Il lavoratore ha prodotto elementi che fanno ritenere che l’assenza ingiustificata sia dovuta a causa di forza maggiore (ad esempio, lavoratore all’estero che, per fatti avvenuti nel proprio Paese, non è stato in grado di comunicare) o ad una responsabilità datoriale (ad esempio, il datore gli ha detto di stare a casa e di “non farsi vedere più”, cosa possibile in alcune piccolissime realtà, tale da configurare un “licenziamento orale”).
Ricorrendo tale ultima ipotesi, l’ispettore comunica alle parti la inefficacia delle “dimissioni per fatti concludenti.
L’Ispettorato del Lavoro non ha il potere di ricostituire il rapporto di lavoro e tale potere non è stato, assegnato dal Legislatore nel momento in cui ha varato la disposizione con gli accertamenti facoltativi.
Il lavoratore avrà in mano un accertamento dell’ispettore da far valere come prova in un eventuale giudizio: strada ripida il cui traguardo appare lontano per chi ha bisogno di lavorare.
In caso di licenziamento orale, “nullo”, una sentenza che lo riconoscesse come tale potrebbe coprire tutto il periodo in cui il lavoratore non ha potuto svolgere le prestazioni.
L’ispettore potrebbe consigliare all’interessato che ha subito un “vulnus” torto, il ricorso a forme conciliative attivabili presso l’ITL, ma di ciò nella nota n. 579 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro non c’è traccia.
Il datore di Lavoro deve comunicare ai servizi per l’impiego le dimissioni per fatti concludenti cosa che deve essere fatta (pena sanzione amministrativa, compresa tra 100 e 500 euro) entro i 5 giorni successivi alla constatazione delle stesse (quindi, la data della comunicazione inviata all’Ispettorato territoriale del Lavoro).
Le dimissioni per fatti concludenti comportano che il datore di lavoro non pagherà il ticket di ingresso alla NASpI che, con i valori del 2025 (v. circolare INPS 25/2025), per anzianità aziendale di almeno 3 anni, è pari, a 1922,25 euro, e che potrà trattenere dalle competenze di fine rapporto, l’indennità di mancato preavviso se, appunto, non dovesse risultare lavorato.
Il lavoratore, essendo dimissionario e non licenziato, non potrà fruire del trattamento di NASpI.
E’ bene sapere che con l’art. 1, comma 171 della Legge n. 207/2024 si è intervenuti ulteriormente sui requisiti necessari per la fruizione della NASpI ed è stato previsto al nuovo comma c-bis inserito nell’art. 3 del D.L.vo n. 22/2015, che in caso di reimpiego di un lavoratore dimissionario per fatti concludenti con successivo licenziamento, il requisito delle 13 settimane di versamenti contributivi, necessario per la richiesta della indennità di disoccupazione, deve essere maturato durante il nuovo rapporto di lavoro, a differenza della regola generale ove si fa riferimento al quadriennio precedente la richiesta di NASpI.
Si è voluto, con tale norma, punire chi, dopo le dimissioni per fatti concludenti (che non portano alla fruizione del trattamento), viene assunto da un datore di lavoro “compiacente” e licenziato pochi giorni dopo.
Alfredo Magnifico