Cresce il divario di vita tra italiani e stranieri

Il governo Meloni nel decreto flussi ha deliberato che da qui al 2025 entreranno in Italia, in modo regolare, quattrocentocinquantamila immigrati provenienti da Paesi extraeuropei, in questi tre anni, 2023-2025, il numero degli stranieri in ingresso supererà quello previsto in ognuno degli scorsi dieci.

Se un esecutivo di centrodestra, dopo aver tanto baccagliato contro, è costretto a smentire se stesso ammettendo che bisogna aumentare e non diminuire l’immigrazione, vuol dire che effettivamente la necessità c’è, ed è reale, d’altronde la crisi demografica e la carenza di personale in tanti settori dell’economia è evidente.

Le rivolte francesi e le condizioni attuali degli immigrati nel nostro Paese non inducono all’ottimismo.

Il rischio povertà dei minori che vivono in Italia, figli di genitori nati all’estero è tra i più alti d’Europa, del 37%, superiore alla media dell’Unione europea e inferiore solo a Spagna, Francia e Grecia.

L’immigrazione in aree a bassa crescita e con ampie fasce in condizioni di fragilità non può che essere immigrazione povera.

I dati sui giovanissimi nati all’estero e che con tutta probabilità cresceranno e avranno figli in Italia sono in peggioramento, la percentuale di quanti possono essere definiti in una situazione di deprivazione, ovvero senza la possibilità di un pasto adeguato o di pagare le bollette o di riscaldarsi d’inverno, è del 28,3% tra i 16-19enni stranieri, in netto aumento rispetto agli anni scorsi, ma si è andato allargando il gap rispetto a coloro che sono nati in Italia, tra i quali a trovarsi in una situazione simile è solo il 5,8%.

Nell’Unione europea, si assiste a una diminuzione dei divari, la distanza tra nati in Italia e nati all’estero a quest’età è molto superiore a quella che si nota tra i 35-44enni, la fascia maggiormente impegnata nel mondo del lavoro, sono numeri coerenti con quelli generali riguardanti i redditi mediani: da sempre quelli di chi è venuto al mondo all’estero sono tra il 28% e il 34% inferiori a quelli di chi è nato in Italia.

Il caso francese viste le rivolte è vistoso, perché a fronte di un aumento costante dei redditi di chi è nato Oltralpe vi è stata una stagnazione delle entrate di quanti invece vi sono arrivati nel corso della vita, il gap lì presente, oggi, non è altro che quello che in Italia vi è sempre stato.

Ancora più indicativi sulla situazione futura sono i dati sull’ abbandono scolastico prima di arrivare al diploma, del resto, il titolo di studio conta nella determinazione di salari e redditi, non terminare gli studi è il 33,2% degli immigrati più giovani e di sesso maschile, tra i maggiori protagonisti dei fatti di cronaca che coinvolgono gli extracomunitari.

Questa situazione di disagio e degrado si protrae nel tempo, anche quando gli stranieri più giovani, sotto i trent’anni, riescono a trovare lavoro.

I working poor, (poveri nonostante occupati),  sono 14,7% rispetto ai nati in Italia, nel 2012 la differenza era più bassa, del 12,6%, mentre è rimasta stabile, al 14%, ma sempre molto maggiore della media europea, tra i 25-59enni.

In Italia il divario tra le condizioni di vita degli italiani (o persone nate in Italia) e di quanti provengono dall’estero è maggiore che in gran parte degli altri Paesi e il gap si è allargato soprattutto nei più giovani, coloro che in futuro saranno genitori e protagonisti del mondo del lavoro e della società civile italiana

Gli immigrati di prima generazione, si confrontano più di frequente con i connazionali rimasti in patria o con la propria condizione di origine che con quella dei residenti, il divario rispetto agli autoctoni forse può apparire loro qualcosa di naturale, arriva il momento in cui il paragone diventa tra italiani, francesi, e tedeschi e non con parenti lontani che neanche si conoscono, è il caso di chi è arrivato da bambino o è di seconda o terza generazione.

Poi i nodi vengono al pettine, essere residenti o cittadini, di serie B, brucia più di quanto poteva bruciare ai genitori o ai nonni e quanti sono in questa condizione, in Italia, aumentano ogni giorno, e cresceranno sempre di più, sta a tutto il sistema Paese, incluse le comunità di immigrati, esserne consapevoli, guardare cosa accade dove un processo simile è cominciato da tempo e imparare la lezione.

Non possiamo permetterci, né dal punto di vista economico né sociale, di ignorare la marea che sale. 

Alfredo Magnifico

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