Conte è uscito vincitore più di Merkel ormai al tramonto, chapeau

Ero tra quelli che non amava Giuseppe Conte, anzi, a dir il vero lo consideravo e non ero il solo, un oscuro professore universitario, avvocato di provincia, messo lì e manipolato come un burattino da Di Maio e Salvini, vaso di coccio tra vasi di pietra, privo di carisma, senza una visione politica, spintonato in un ruolo che ricopriva col goffo zelo di un burocrate più che col piglio dello statista.

Ricordo le tortorate prese a Strasburgo, in un italiano semi-perfetto, da Guy Verhofstadt,di sicuro  eccessive nei toni, forse fondate poichè erano il frutto dei comportamenti sconclusionati del duo che lo aveva messo lì.

Tortorate dure quanto meritate, il primo a saperlo, visto il suo ruolo di esaminatore di studenti, sarà stato proprio lo stesso premier, che nei tremebondi panni di “Premier dimezzato” non si è mai sentito troppo a suo agio.

Questo accadeva una vita fa, praticamente un’epoca, nel frattempo, grazie a qualche Mohito in più e a un bel colpo di sole sulle spiagge riminesi, il governo è cambiato.

A causa della Pandemia il mondo, così come lo conoscevamo, non esiste più, è rimasto al suo posto praticamente solo lui nell’assurdo cataclisma vissuto da questo Paese nell’ultimo anno, paradossalmente, il Premier Conte tra tutti è quello ad essere cambiato di più.

Il Presidente del Consiglio che, alle 5.32 di martedì 21 luglio, incassa la più grande vittoria politica europea (e non solo) mai ottenuta da un premier nella storia repubblicana è un uomo profondamente diverso, da quello che due anni fa entrò per la prima volta a Bruxelles dalla porta secondaria, con le spalle curve e il cappello in mano, è il vincitore, il leader della nuova Europa, l’uomo forte dell’Unione Europea che verrà.

Conte è uscito vincitore più di Merkel ormai al tramonto, più di Macron che è parso a tratti un comprimario, scioltosi dal guinzaglio dei due vicepremier, si è rivelato per quello che probabilmente è sempre stato senza mai avere avuto l’occasione di dimostrarlo: diplomatico raffinatissimo, abile negoziatore, equilibrista capace di dialogare, senza apparenti disagi, a destra e a sinistra, con progressisti, socialisti, centristi, liberali.

Conte si è dimostrato, soprattutto l’uomo capace di sconfiggere, con tenacia e coerenza ai limiti dell’azzardo, l’intero asse sovranista europeo e rimetterlo in un angolo buio della Storia.

Se l’Italia è salva, se l’Europa è ancora viva nonostante tutto, buona parte del merito lo deve a questo semi-sconosciuto professore pugliese di Diritto privato che, in meno di due anni, e nel bel mezzo della pandemia più feroce degli ultimi cento anni, è riuscito a mettere d’accordo tutti.

Non è Obama, non sarà mai Berlinguer e di sicuro nemmeno De Gasperi, e probabilmente, se dovessi sedermici a prendere un caffè, finirei col dividermici sul giudizio di una certa visione di mondo e di società.

Una cosa è certa non c’è nessun altro uomo politico che avrei voluto vedere durante quei cinque giorni, in quella stanza, in quelle ore durissime a Bruxelles, a fare gli interessi italiani e, prima ancora, europei.

Con terrore, da vecchio contrattualista abituato alle lungaggini delle trattative, penso che se al suo posto a quell’ora ci fosse stato uno come Salvini, Meloni o anche solo un politico che costruisce campagne elettorali sui muri, sui “i migranti infetti” e sull’uscita dall’Euro, l’unica cosa mi viene da dire è: grazie.

Non rinnego le mie convinzioni, ma in alcuni momenti occorre l’onestà intellettuale di saper cambiare idea di fronte all’evidenza.

Domani è un altro giorno, forse cambierà di nuovo tutto, chissà, in fondo non importa e alla mia età posso dire chisenefrega, ciò che conta è che oggi l’Italia ha ritrovato un leader credibile, autorevole, istituzionale, in mezzo a una palude maleodorante di sciacalli e di uomini senza dignità. Di questi tempi, se non è un miracolo ci si avvicina.

Alfredo Magnifico

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