Riceviamo e pubblichiamo la nota inviataci da una nostra lettrice in merito al gay-pride indetto a maggio in Molise.
Ogni tanto in Italia vige la tendenza di celebrare l’orgoglio per qualche cosa, e invece ci si dimentica di provare vergogna per ciò che non va.
Ecco allora che il piccolo Molise, regione con infrastrutture al lumicino ed in fase di spopolamento per mancanza di prospettive socio-economiche, decide di non scendere in piazza per tutto questo, bensì per gli omosessuali o i transessuali: mi riferisco al gay pride indetto il prossimo maggio a Campobasso.
La cosa stupisce perché le impellenze della regione sono tutt’altre. Volendo poi approfondire la questione, se si pensa che ora c’è una legge sulle unioni omosessuali e che di discriminazioni non se ne sente più parlare nei luoghi di lavoro, davvero non si comprende perché ci sia bisogno di una sfilata. Per rivendicare che cosa, in realtà?
Vorrei anche sottolineare che se c’è qualcuno che non vede queste come valide strategie di rivendicazione, può e deve avere il diritto di esprimere la sua, e non essere oggetto di invettive e critiche a non finire. D’altronde, l’obiettivo di indire la manifestazione è stato raggiunto e chi era in disaccordo è stato messo in minoranza, giusto?
Allora, se è vero che siamo in democrazia, si dia quanto meno la possibilità a tutti di dire la propria: in questo caso, di sottolineare che le priorità del Molise (e del resto d’Italia) sono altre, e di non dimenticare che la confusione dei ruoli su cui la nostra società sta tanto insistendo altro non è che il segno di una progressiva erosione dei valori propinata da un certo relativismo culturale.
Tutti coloro i quali sono alla ricerca disperata di un lavoro o sono stati costretti a farsi la valigia per trovarne uno ringraziano.
Mara Iapoce