La magia dei colori e dei manichini umanizzati nella mostra di de Chirico a Campobasso

L’impatto più suggestivo della mostra “Gioco e Gioia della Neometafisica” è dato dalla vivacità dei colori e dalla luce, forte e chiara, presente nell’ultima produzione pittorica di Giorgio de Chirico, in esposizione a Palazzo Gil a Campobasso. Si tratta della prima rassegna italiana  che ripropone, in maniera più completa,  gli ultimi dieci anni di lavoro dell’artista, il cosiddetto periodo della Neometafisica. La collezione, appartenente alla Fondazione “de Chirico”, raccoglie dipinti e disegni  privi di ombre e chiaroscuri, con una prospettiva  corretta e non ambigua, come nelle opere precedenti appartenenti alla fase artistica nota col nome di Metafisica. E’ un de Chirico che ha rielaborato la sua creatività giocando magari con gli stessi manichini che sono però maggiormente umanizzati, quindi meno freddi e distaccati. Elemento questo che si può cogliere sia nella raffigurazione  de “gli Archeologi” , in cui le due teste si appoggiano l’una all’altra come per comunicare, sia nel “Figliol  prodigo” dove si percepisce un rapporto ravvicinato tra i due soggetti. Queste due opere, insieme al “Gladiatore nell’Arena”, (che ha sullo sfondo il “Colosseo quadrato”di Roma ) sono le più rappresentative ed anche le più conosciute della Neometafisica di de Chirico. Ma la gran parte dei dipinti cattura l’attenzione del visitatore  allorché  in uno stesso contesto l’artista inserisca  elementi  tra di loro discordanti. Ad esempio una montagna collocata in una stanza, oppure un sole splendente che si staglia da un cavalletto da disegno,  o interi  siti archeologici raffigurati sul corpo dei suoi “personaggi”. Magicamente queste associazioni non naturali, caratterizzate da un disegno nitido, ben colorato e immerso in una luce zenitale, fanno di questa mostra uno spaccato culturale di grande livello per la nostra città. E da non perdere la proiezione dell’intervista rilasciata da Giorgio de Chirico, all’età di 86 anni, per capire anche la personalità del pittore e la sua consapevolezza di aver lasciato un segno nelle arti figurative del Novecento.
Rossella Salvatorelli

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