Teatro Savoia: in scena lo spettacolo teatrale “Salomè” scritto e diretto dal giovanissimo Davide Fratangelo

Stasera alle ore 21.00 presso il teatro Savoia di Campobasso andrà in scena lo spettacolo teatrale “Salomè” scritto e diretto dal giovanissimo Davide Fratangelo.
Lo spettacolo, prodotto da INCAS Produzioni con la direzione artistica di Francesco Vitale, vedrà come protagonisti alcuni attori dalla consolidata esperienza artistica come Pasquale Arteritano, che interpreterà il ruolo di Erode, Patrizia Civerra, nelle vesti di Erodiade e Vittorio Del Cioppo, che interpreterà Giovanni Battista; il fascino della bellissima Salomè, invece, sarà portato in scena dalla giovane attrice campobassana Martina Altomare.
Lo spettacolo sarà arricchito dal coro polifonico “Jubilate”, diretto dal Maestro Antonio Colasurdo, e dalle coreografie di Giada Primiano, ballerina diplomata alla prestigiosa “Accademia Nazionale di Danza di Roma”, che danzerà insieme ad un altro talento proveniente dal Molise, Silvia Amicone, anche lei allieva della “Accademia Nazionale di danza”.
In apertura una introduzione del prof. Valentino Campo, direttore artistico di “Poietika”, accompagnerà il pubblico nel tema della tragedia e darà un sapiente spunto di riflessione sull’opera originale di Fratangelo.

Lo spettacolo teatrale “Salomè”
La figura di Salomè è stata raccontata in molti modi nel teatro, nella letteratura e nel cinema, ma la messa in scena di Davide Fratangelo nasce da un presupposto del tutto originale. Uno spettacolo che vede in scena i quattro protagonisti principali Re Erode Antipa, Erodiade, Giovanni Battista e, ovviamente, la protagonista Salomè con una serie di figuranti, comparse e corpo di ballo.
Fra i protagonisti Pasquale Arteritano, Patrizia Civerra, Vittorio Del Cioppo e Martina Altomare, con loro le ballerine Giada Primiano e Silvia Amicone, per la regia dello stesso autore Davide Fratangelo, coadiuvato da Francesco Vitale.

Le primissime fonti in cui si trova per sommi la storia della figlia di Erodiade sono i Vangeli di Matteo e di Marco, i quali ne offrono un’idea non certo positiva, ma se non altro assai meno riprovevole di quella tramandataci dall’immaginario collettivo. Partendo dal racconto evangelico, in questa opera è venuta fuori una Salomè del tutto diversa da quella che conoscevamo: non più la femme fatale, il demonio in vesti femminee, bensì una ragazza a metà tra una bambina e una donna matura, certamente ambigua e ricca di sfaccettature eppure nel complesso ingenua; vanesia ma ancora stranamente incapace, senza l’istigazione di sua madre, di desiderare qualcosa di tanto crudele come la decapitazione di San Giovanni Battista.

Note dell’autore
Scrissi questa operetta all’età di diciassette anni e nell’arco di dieci giorni, tra il 15 e il 25 novembre 2015, proprio mentre stavo allestendo la mia prima tragedia, “Il Figliol Prodigo”, andata in scena il 19 novembre 2015 nel Liceo Classico Mario Pagano, quando frequentavo l’ultimo anno in quella scuola che porterò per sempre nel cuore.
Non ero dunque ancora maggiorenne quando, affascinato dalla figura ammaliante e controversa della figlia di Erodiade, mi misi in testa di rivisitare il famoso racconto evangelico. Ma ben presto mi accorsi del rischio al quale stavo andando incontro: il mito di Salomè era stato trattato, prima di me, da autori di spessore abnorme, tra i quali spicca il nome di Oscar Wilde; e poi, solo per elencare i più noti degli ultimi cinquant’anni, si ricordino Giovanni Testori, Sonia Bergamasco e il geniale Carmelo Bene, la cui trasposizione cinematografica, liberamente ispirata proprio alla versione wildiana, venne accolta con sputi e fischi al Leone d’argento di Venezia, mentre oggi è presente nei maggiori testi di letteratura liceali e universitari come La letteratura del Baldi.
Ad appena diciassette anni, dunque, stavo per cimentarmi in un’impresa folle, e me ne rendevo conto. A darmi il coraggio e la forza di mettermi in lista con questi nomi immensi, rispetto ai quali io non ero e non sono tutt’ora nesssuno, è stata l’idea, tanto spontanea quanto efficace, di prendere le distanze dai suddetti autori, evitando un confronto che mi avrebbe impietosamente schiacciato, e mostrare una Salomè
totalmente diversa da quella ritratta, in maniera più o meno unanime e coerente, da tutti gli illustrissimi personaggi sopra citati.
Dopo due anni di accurate ricerche e studi insaziabili accompagnati da un lavoro di lima non dissimile da quello di un infaticabile artigiano, sono infine arrivato a plasmare, modellare e rifinire la figura di Salomè sull’impronta della sua forma embrionale, attingendo cioè dalle prime fonti, i vangeli di Matteo e di Marco. La mia Salomè, per amore del paradosso, non è reinventata dal principio, ma è al contrario ricondotta  a quel principio stesso da cui era stata nei secoli strappata dall’arte letteraria e da quella pittorica (vedasi l’assimilazione di Salomè con Giuditta operata da Klimt). La colpa di Salomè cessa di essere la crudeltà per tornare ad essere l’ignavia descritta nei Vangeli, l’incapacità di prendere posizione e ribellarsi all’odio della madre verso il profeta, facendosi anzi portavoce per timore materno di quello stesso rancore e assumendosi la responsabilità della vendetta chiedendo in prima persona ad Erode la testa del santo.
Ciononostante, non mi sarei mai accontentato di seguire pedantescamente le Sacre Scritture senza riprendere quantomeno la travolgente storia d’amore tra la figlia di Erodiade e Iokanaan (nome ebraico di San Giovanni), che è invece stata introdotta solo a partire dal Wilde, per approdare poi alle opere di Strauss e del già menzionato Carmelo Bene. Nella versione dello scrittore e drammaturgo irlandese l’amore di Salomé non è corrisposto dal profeta, e sarà proprio quel rifiuto a spingere la seducente danzatrice a desiderare la morte del prigioniero per poterne finalmente baciare la testa mozzata.
Tuttavia, coerente alla meno immorale figura di Salomé che ho più volte ribadito di aver ritratto ab origine, l’amore della ragazza non è, nella mia tragedia, il perverso desiderio di possessione proposto da Wilde, bensì un amore assai più vicino a quello contemplativo e spirituale, benché non del tutto platonico.
Una mia prima vera innovazione nella rielaborazione della vicenda sta nell’aver tramutato l’amore respinto di Wilde in un amore sorprendentemente corrisposto dal Battista: corrispondenza, dico, finalizzata a far gustare al fruitore dell’opera le infinite difficoltà che sarebbero scaturite dal ricambiare una passione tanto assurda, prima tra tutte la reazione di Erodiade.
È la storia di un amore corrisposto ma impossibile, quindi, che vede protagonisti due individui apparentemente opposti nella tradizione popolare – il santo visionario di Dio, da un lato, e l’emblema della lussuria, dall’altro – ma che, ad una più attenta analisi, si scoprono incredibilmente simili, accomunati dalla capacità di far parlare di sé scandalizzando le masse: Giovanni con le sue sentenze di carattere squisitamente morale, Salomè con la sua irresistibile avvenenza, sono entrambi degli eccezionali ammaliatori di folle, a tal punto che le peculiarità della bellezza leggendaria (di lei) e della divina
eloquenza (di lui) si mescoleranno fino ad invertirsi, guidate da una reciproca attrazione tra i due protagonisti della coturnata. Salomè indugerà infatti sulle “labbra vermiglie” di Giovanni, simbolo di sensualità e passione carnale, mentre costui loderà la fanciulla “dalle parole fiorite”.
Forse, per la prima volta nella letteratura, il santo che battezzò Cristo e la donna più seducente dell’Oriente vedono sbocciare e compiersi il loro improbabile amore fuori da ogni legge divina e morale. Come ciò possa accadere, è tutto da scoprire: un fulmine in clausola arrecherà infatti la più sconvolgente novità da me apportata al mito – novità, dico, che vedrà mutare per sempre le sorti della procace, passionale e afrodisiaca principessa giudaica. Questa è la mia Salomè.

Breve biografia dell’autore
Davide Fratangelo è nato a Campobasso nel 1998 e sin da giovanissimo ha composto molte poesie ed opere teatrali; formatosi al liceo classico Mario Pagano, è attualmente studente della facoltà di Lettere Classiche presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna e ha studiato recitazione presso la Compagnia Stabile del Molise, con i maestri Raffaello Lombardi, Paola Cerimele, Giorgio Careccia e Diego Florio. Come attore ha interpretato il ruolo di Cremete nella rivisitazione moderna de “Le donne al parlamento2 di Aristofane, ha inoltre recitato nello spettacolo teatrale “Salvatore Romano – una storia da riscoprire nella Campobasso del settecento” e ha preso parte ai cortometraggi “Bureau Kràtos” per la regia di Simone Zeoli, “La Valle dell’Eco” e “Salvatore Romano” per la regia di William Mussini.
Precocissimo nell’arte della scrittura, a sedici anni già contava una raccolta di oltre trecento poesie, due commedie e una tragedia. Quest’ultima, dal titolo “Il Figliol Prodigo”, lo vede esordire nelle vesti di regista nel novembre 2015 presso l’auditorium del liceo classico “Mario Pagano” e viene accolta con un grande apprezzamento dagli oltre cinquecento spettatori.

Per info ulteriori: ufficiostampa.incas@gmail.com

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