Da un’analisi di LiveCareer, – piattaforma specializzata nel supporto alla creazione dei curriculum –viene fuori che il 32% dei curriculum presenta pause, più o meno volute, di almeno un anno.
Nella metà dei casi, gli stop sono solo di un mese o anche inferiori. Nel Paese del posto fisso, la carriera non è più dovuta al posto fisso ma è caratterizzato da un salto temporale tra un’esperienza lavorativa e un’altra.
Il mercato del lavoro cambia i curriculum vitae sono una grande fonte di informazioni, guardando tra le righe, si scopre che i periodi di inattività – volontari o no ormai riguardano circa un terzo dei lavoratori italiani.
L’Italia era il Paese in cui si sognava il posto fisso a vita, oggi ci si prende una pausa (più o meno lunga) e si cambia lavoro, magari con un periodo di buco in mezzo, molto più spesso che in passato, questo «vuoto» non viene visto in maniera negativa.
Dall’analisi viene fuori che nel 2025 solo la metà dei lavoratori italiani presenta un curriculum senza interruzioni, nel 2022 il 51%e il 61% nel 2020,
il 32% dei cv presenta un’interruzione di almeno un anno: anche questo è un dato in crescita rispetto al 22% del 2020, i gap sono brevi, di un mese o anche inferiori, mentre il 39% indica un’interruzione di sei mesi o più.
Un terzo dei cv ha buchi di almeno dodici mesi, che significa che in Italia la disoccupazione di lunga durata continua a essere un problema e che per alcuni trovare un nuovo lavoro resta ancora un’impresa ardua, soprattutto se necessitano di riqualificazione professionale.
Gli ultimi dati Istat sul mercato del lavoro nel secondo trimestre 2025 confermano che i disoccupati da più di dodici mesi sono il 52% del totale dei disoccupati, per un totale di 884 mila persone, le donne hanno in media il 55,2% di maggiori probabilità di interrompere la propria carriera per periodi lunghi, soprattutto a causa di responsabilità familiari che finiscono per pesare su di loro.
C’è chi perde il lavoro perché licenziato e fatica a trovarne uno, chi si dimette per ragioni familiari e poi non riesce con facilità a reimmettersi sul mercato, ma può esserci anche chi decide di prendersi una pausa più o meno lunga dal lavoro per un periodo di studio o per viaggiare.
I giovani della Gen Z, usano tanto il (micro retirement), una pausa o un anno sabbatico lontano dal lavoro senza dover aspettare la pensione.
L’aumento delle pause brevi, per il passaggio da un lavoro a un altro, suggerisce pure la presenza di «un mercato del lavoro sempre più dinamico, dove frequenti cambi di impiego e lavoro flessibile stanno ridisegnando i percorsi professionali», con «il superamento della norma che imponeva un’occupazione ininterrotta», anche per guadagnare di più, il cosiddetto job hopping – il cambio frequente di lavoro – è sempre più comune.
Ma non è tutto rosa e fiori, c’è anche chi racconta la propria vita da licenziata alla ricerca di un altro lavoro, mentre le righe vuote nel cv aumentano di giorno in giorno, tra app.rimaste senza risposta e corsi di formazione conclusi per acquisire nuove competenze.
Un licenziamento, la perdita del lavoro e un buco nella carriera sono più comuni di quello che pensiamo, nonostante (soprattutto in Italia) tendiamo a nasconderlo nella vita sociale e anche nei cv.
Nel primo trimestre 2025, l’Inps conta più di 127 mila licenziamenti di natura economica e oltre 50mila disciplinari.
Alcune volte le interruzioni sono subite, altre volte scelte. Anche se le dimissioni in Italia, con un mercato del lavoro poco dinamico, non sono così frequenti come in altri Paesi.
I datori di lavoro non riescono a superare i vecchi pregiudizi. Queste pause spesso riflettono crescita personale, acquisizione di nuove competenze o cambi di vita necessari, non una mancanza di ambizione o capacità.
LiveCareer dà qualche consiglio a lavoratori e imprese; per i candidati, diventa fondamentale saper raccontare i periodi di inattività in modo strategico: «Questi gap non sono più un difetto da nascondere, ma possono diventare la prova di resilienza, crescita personale o acquisizione di nuove competenze professionali».
Per le imprese, il consiglio numero uno è quello di rivedere le pratiche di selezione. A partire da quei filtri che ancora oggi penalizzano i buchi nei cv. Anche perché ormai solo la metà dei candidati ha un percorso professionale ininterrotto.
Alfredo Magnifico