E’ la storia che si ripete: ed in Molise si ripete sempre nel modo peggiore. All’approssimarsi di ogni tornata elettorale iniziano a manifestarsi comportamenti discutibili, nascosti sotto l’aura della trattativa politica, o meglio partitica, ma che in realtà nascondono l’esatto opposto, cioè lo studio di tutto quello che può portare alla convenienza personale in vista del posizionamento, o riposizionamento, politico. Mi spiego meglio. Nella migliore tradizione civile alla scadenza di mandato politico iniziano le trattative tra i partiti per la creazione delle coalizioni, tutte in veste ufficiale, che terminano con note o comunicati stampa, interviste e quant’altro utile a rendere edotta la popolazione di quello che sta accadendo; ma questo, come detto, avviene dove c’è cultura civile dei rapporti istituzionali. Il Molise da decenni ha deciso di seguire una strada diversa, quella degli incontri trasversali ed occasionali, ovunque tranne che nelle sedi di partito e con chiunque tranne che con gli organismi dirigenziali dei partiti stessi. Così il candidato Tizio incontra Caio e questo, senza dire nulla a Tizio, riferisce a Sempronio; il tutto in un turbinio di incontri, che sicuramente fanno la felicità degli esercenti pubblici dove si svolgono, siano essi bar, ristoranti, pub o altro ancora, perché tra una chiacchiera e l’altra si ordinano consumazioni. L’imperativo categorico è: “nessuno deve sapere che ci stiamo vedendo”, quasi che si discutesse di fatti privati e non di pubblico interesse. Il risultato è che qualcuno poi viene a sapere ugualmente degli incontri, la notizia esce fuori, sotto forma di indiscrezione ed i protagonisti vanno in bestia, mentre avrebbero più semplicemente potuto favorire il dialogo e le trattative in una sede ufficiale e di partito e rendicontare poi a tutti l’esito della riunione. Ma non c’è niente da fare, dalle nostre parti si continuerà a privilegiare la riunione carbonara, che poi si traduce nel segreto di Pulcinella. Seconda questione, la voglia matta dei ‘giochetti’ politici, spacciati per attività ufficiale. Prendo spunto dalla ‘querelle’ sulla data delle elezioni, se il 4 marzo o il 22 aprile, che si rimpalla tra una sponda politica e l’altra, tra accuse e repliche, ricorso a termini adusi, quali ‘tempi tecnici’, detti e smentiti dall’avversario di turno. La verità poi è che ognuno cerca di far passare la propria tesi come quella ‘popolare’ e l’altra come quella ‘personale’. Allora su questo punto, che è fresco di cronaca, dirò la mia: non sarà il rinvio di 40 giorni a salvare una situazione politica o una poltrona, pur con la possibilità di continuare a fare politica, a promuovere impegni, attivare consulenze o criticarle, sollevare le piazze o cercare di conquistarle con nuove promesse. Il cittadino ha già deciso in larga parte e quello che non l’ha ancora fatto non si farà condizionare da quello che avverrà nelle prossime settimane. Chi ha ben seminato raccoglierà, chi ha lavorato male andrà a casa: e questo avverrà, nella stessa maniera, il 4 marzo o il 22 aprile.
Stefano Manocchio