Molisani nel Mondo/ La storia di Elisa e Nicola Germano che emigrarono in Canada da Ururi

*rubrica a cura di Geremia Mancini e Mariateresa Di Lallo


Il Molise è fatto da molisani, anche da quei molisani che sono emigrati, perchè costretti o per scelta, soprattutto a cavallo delle due Guerre mondiali, ma sempre con un pensiero rivolto alla loro terra, e che si sono distinti in vari settori nel mondo. Con questa rubrica vogliamo ricordarli ma anche ridare dignità ai nostri borghi, ai nostri talenti e nel contempo riaccendere l’attenzione su questo piccolo lembo di terra, non solo per storia, cultura e paesaggi ma anche dal punto di vista degli ingegni. Pultroppo il Molise come i molisani illustri, non sono presenti sui libri di storia, ma è giusto far conoscere ai molisani in primis, alle giovani generazioni, che i loro avi, si sono distinti nel mondo, con sacrifici, allontanandosi dai propri familiari, a volte non riuscendo a tornare nella loro terra d’origine. Di settimana in settimana racconteremo la storia di ognuno di loro, ricordando anche il paese di nascita molisano. Per questo abbiamo deciso di unire la storia dei “molisani” emigrati con la storia del paese di nascita.


Questa è la storia dei molisani Elisa e Nicola Germano, figlia e padre, che emigrarono in Canada. Erano entrami nati ad Ururi in provincia di Campobasso. Elisa, “la maestra”, nel 2013 fu nominata “personalità dell’anno”. Il padre conobbe, in seguito alla dichiarazione di guerra del Canada all’Italia, la dura prigionia nel “Camp Petawawa”.


Elisa Germano nacque, il 21 marzo del 1920, ad Agnone da Nicola Germano e Teresa Cocco. La piccola era appena nata quando il padre, nato ad Ururi il 5 marzo del 1877 da famiglia contadina, decise di tentare fortuna emigrando verso gli Stati Uniti. Nicola Germano giunse ad “Ellis Island”, nell’inverno del 1920, a bordo della “Re d’Italia” (va ricordato che Nicola servì l’Esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale).

Nicola Germano

Successivamente Nicola raggiunse il Canada dove lavorò presso la “Canadian Tube and Steel” (ditta di tubi ed acciaio) e spedì denaro in Italia per mantenere la famiglia che era rimasta ad Ururi. Nel 1940 il Canada dichiarò guerra all’Italia. Da qui il provvedimento di arrestare tutte le persone di nazionalità o di origine italiana sospette e detenerle nel campo di concentramento di Petawawa. Fu questa la sorte di Nicola Germano, che non nascose mai le sue simpatie per il fascismo, che rimase imprigionato a “Camp Petawawa” e “Fredericton”e liberato solo il 9 febbraio del 1943. Durante i mesi della sua prigionia la famiglia Gennaro non seppe mai nulla. Elisa ricorda che la corrispondenza e il sostegno finanziario cessarono e non ci fu denaro neppure per le medicine. Così la povera madre si ammalò e morì. Solo nel 1948 i figli poterono recarsi in Canada e riabbracciare il padre.

Elisa, che in Italia aveva conseguito il diploma magistrale. si dedicò immediatamente al giornalismo e a collaborare attivamente ad associazioni culturali. Tutto questo sempre come volontaria. A lei si deve la prima biblioteca alla Casa d’Italia nel 1951. Aiutò gli emigranti italiani a stabilirsi e trovare lavoro. Elisa dedicò tutta la sua esistenza all’insegnamento alla “LaSalle Catholic High”. Fu direttrice della scuola italiana di PICAI fino all’età di 85 anni. “La Maestra”, come era conosciuta, era sempre disponibile. In seguito con l’aiuto di Joyce, sua figlia, ha voluto ricostruire e poi raccontare la storia degli italiani internati (tra questi suo padre Nicola) in quel lontano 1940. Nel 2013 fu nominata “Personalità dell’anno” di Casa d’Italia con questa motivazione: “Grande il suo contributo alla promozione della cultura italo-canadese. Fin dall’inizio si è sempre occupata di immigrati, della loro integrazione, della loro istruzione, insegnando non solo l’italiano ma anche altre materie. Una vita esemplare al servizio della nostra comunità che merita, non solo un grande e sentito grazie ma tutta la nostra riconoscenza”. Elisa Germano, che aveva sposato Adelmo Pillarella, morì il 1 novembre del 2014 a Ville-Émard di Montreal.


URURI (CB): Ururi è un paese di origine albanese, situato nel Basso Molise poco distante dalla fascia costiera adriatica. Il paese sorge e si sviluppa attorno ad un Monastero Benedettino costruito attorno all’anno 1000: il casale Aurole o Aurora, poi abbandonato in seguito al disatroso terremoto del 1456. Documenti dell’epoca accennano alla presenza nel Casale Aurora, oltre che del monastero, anche di laici, verosimilmente stabilitisi a ridosso del monastero, i quali coltivavano i terreni circostanti. Esisteva dunque un sia pur modesto agglomerato, dedito al lavoro dei campi, e forse in unione con gli stessi monaci. Non vi sono resti di opere murarie che possano indicare in qualche modo il luogo della esistenza antica del monastero e del Casale ma è da supporre che essi sorgessero nella parte più alta dell’attuale abitato di Ururi, là ove oggi è il centro storico del paese, tanto più che il monastero era dedicato a Santa Maria così come la vecchia Chiesa parrocchiale. L’insediamento degli albanesi avviene, a piu’ ondate, a partire dalla seconda meta’ del XV°secolo a seguito dell’invasione ottomana dell’Albania. Ad essi, già stanziati in terra di Capitanata (FG) al seguito del condottiero Giorgio Kastriota Skanderberg, viene concesso dal vescovo di Larino, feudatario del luogo, di ripopolare il casale distrutto. Il legame più forte con le origini è rappresentato dalla lingua che ancora oggi si parla abitualmente: l’arberesh, conservato soprattutto nella forma orale.


-Chiesa Santa Maria delle Grazie:
La chiesa Madre di Ururi e’ stata consacrata nel settembre del 1730. La chiesa madre risalirebbe al 1026, secondo un documento redatto dal vescovo Filippo. Dopo il terremoto del 1456, il feudo di Ururi fu abbandonato e successivamente colonizzato da popolazioni croate d’Oriente. La chiesa nuova fu ricostruita nel 1718, voluta dal vescovo di Larino Carlo Maria Pianetti, e consacrata nel 1730. La struttura ha facciata barocca monumentale scandita in tre settori da cornici, il cui livello si assottiglia, durante l’innalzamento, fino a un triangolo centrale della sommità. Verticalmente scendono paraste con capitelli ionici. I portali sono tre, e il campanile è una torre con cupola tipica delle chiese ortodosse. L’interno originale era a navata unica, poi sdoppiata nel 1812 e trasformata definitivamente in tre ripartizioni nel 1846.Lo stucco bianco è l’elemento che permane, poiché sono scarsi di dipinti, se non quelli delle cappelle laterali. Le volte sono a botte.

-La Carrese:
Le corse dei carri nel Basso Molise (Portocannone, San Martino in Pensilis, Ururi), appartengono al medesimo ed antichissimo ciclo rituale della rinascita primaverile e dell’approssimarsi del raccolto, al quale la comunità affida le sue speranze di sopravvivenza. Sono celebrate in varie forme tra marzo-aprile-maggio-giugno: “la trasfromazione della natura procurava stupore e sgomento, specialmente l’inverno che causava la morte della natura stessa. Da qui la necessità di una celebrazione per resuscitarla (feste di maggio-giugno) o l’opportunità di altri riti (marzo-aprile) per sollecitare le forze cosmiche a ritrovare il loro vigore” (Cavallaro).
Il 3 maggio a Ururi si svolge la carrese, una caratteristica corsa basso molisana con carri trainati da buoi che percorrono un tragitto di circa 3 km. Attualmente competono 3 carri: i Giovanotti (giallo-rossi), Fedayn (giallo-verdi) e i Giovani (bianco-celesti). Il 4 maggio il carro vincitore trasporta in processione la reliquia del Legno della Croce, una scaglia di Legno conservata all’interno dell’Ostensorio che i fedeli ritengono sia appartenuta alla Croce di Cristo.

La Carrese di Ururi

*Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”
*Mariateresa Di Lallo – giornalista pubblicista, appassionata di storia, usi e costumi medioevali e ricercatrice di tradizioni popolari molisane

Foto 1: Elisa; Foto 2: Nicola Germano a “Camp Petawawa”.

Commenti Facebook