L’intervento/Per frenare il declino economico e demografico bisogna formare e istruire gli immigrati

La crisi demografica che si sta vivendo in Europa ed in particolare l’Italia è stata inasprita dalla pandemia, con l’effetto di aumentare di un venti per cento le morti e far crollare le nascite.

Gli esperti temono che non si ritornerà ai livelli di fertilità precedenti la crisi, già particolarmente bassi, non sufficienti a evitare un calo della popolazione.

L’immigrazione di prima o di seconda generazione può frenare il calo delle nascite avvenuto nel nostro Paese negli ultimi anni, occorre, però, essere capaci di attirare stranieri istruiti o in alternativa essere in grado di formare e trasmettere loro delle competenze di livello.

I flussi migratori oggi non bastano e molto probabilmente non potranno bastare in futuro, innanzitutto perché si è sostanzialmente bloccata, gli arrivi sono diminuiti, i tanto pubblicizzati sbarchi in Sicilia sono briciole in confronto al flusso che normalmente giungeva per altre vie, alimentato,  da coloro che arrivano in Italia per lavoro e,ho fatto parte di una commissione presso il ministero del lavoro che regolamentava i flussi d’ingresso sulla base delle esigenze espresse dalle associazioni datoriali, successivamente per ricongiungimenti familiari.

Negli ultimi anni, i nuovi stranieri, si erano stabilizzati al di sotto della soglia di 300 mila l’anno, contribuendo a fermare lo stock complessivo appena sopra i 5 milioni.

L’Italia ha avuto per alcuni anni il record di acquisizioni di cittadinanza da parte di stranieri, con un massimo nel 2016, quando furono più di 200 mila. Poi è iniziato il netto calo.

L’Italia nonostante quello che molti pensano,soprattutto politici adusi a parlare alla pancia degli elettori, non attira immigrazione, non come altri Paesi occidentali, se non fosse per la particolare posizione geografica, di porta d’ Europa per chi proviene dall’Africa, i numeri sarebbero probabilmente ancora più bassi ,quello che è certo, non attira un’immigrazione di qualità.

Stranieri che vogliono stabilirsi nel nostro Paese per mettere a frutto le proprie competenze,fare fortuna, o guadagnarsi da vivere, il 48,7% al momento dell’arrivo ha solo la licenza media o spesso neanche quella, solo il 13,7% di loro possiede una laurea,mentre in Canada, Israele, Australia, Irlanda, dove ad avere una laurea è la maggioranza degli stranieri in arrivo.

I più giovani, dai 25 ai 34 anni, sono ancora meno istruiti di quelli più anziani, solo il 12% di loro ha un titolo universitario,contro il 24,7% di quelli della stessa età che arrivano in Spagna e il 39,7% di quelli che giungono in Francia.

Nel 2020, a causa della pandemia da covid, gli immigrati hanno sofferto un crollo del tasso d’occupazione molto maggiore di quello che ha interessato gli italiani e non poteva essere diversamente visti i settori in cui gli stranieri sono occupati in Italia: ovvero commercio, lavoro domestico, nella cura degli anziani, ambiti che si sono bloccati con la pandemia ma ad avere influito è anche il fatto che più spesso gli immigrati devono accettare contratti che li proteggono meno: a termine, in somministrazione, stagionali.

La condizione degli stranieri nel mondo del lavoro dipende in gran parte dalla loro mancanza di competenze, non da  discriminazioni,che si va ad impattare  con un sistema economico basato su produzioni e attività a basso valore aggiunto,ovvero, su lavori manuali ripetitivi e poco remunerati,in passato il tasso d’occupazione degli immigrati poco istruiti, era superiore a quello degli italiani con lo stesso titolo di studio: vi era richiesta di loro nelle imprese italiane che volevano risparmiare, però, la loro situazione lavorativa è più fragile, soprattutto durante le crisi, in media solo il 61,4% di essi aveva in realtà un lavoro, numeri che sono comunque peggiorati dopo la crisi, in Italia più che altrove.

Stranieri sempre più disoccupati, con salari bassissimi e occupazioni precarie con un tasso di fertilità che si sta avvicinando a quello degli italiani, soprattutto se si tratta delle seconde generazioni.

Il legame tra possibilità economiche e numero di figli sta diventando sempre più solido, con i cittadini con maggiori stipendi e più garanzie dal punto di vista del welfare che tendono ad avere più prole e viceversa.

Dobbiamo essere capaci di attirare stranieri istruiti ai quali poter offrire un lavoro che possa essere ben remunerato e  consenta di mantenere una famiglia.

Né il declino demografico né quello economico potranno essere impediti da migranti che sanno a malapena leggere e scrivere e con scarse competenze nel mondo del lavoro di oggi.

L’alternativa; occorre essere in grado di formare e trasmettere competenze agli immigrati, magari ripristinando le scuole tecniche e dei mestieri.

Alfredo Magnifico

Segretario Generale Confintesa Smart

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