Il pizzaiolo che si è ucciso: una vicenda che impone, alle istituzioni una profonda riflessione

confimpresa11Abbiamo avuto modo di sottolineare, soprattutto negli ultimi tempi, come risulti “drammatico” il contesto in cui si trovano a dover lavorare gli operatori del commercio e dell’artigianato: una situazione stressante per la quale gli stessi non possono, semplicemente, comperare, trasformare e vendere, ma sono costretti ad avere a che fare quotidianamente con Guardia di Finanza, Ispettori del lavoro, Equitalia; in breve…. con la “tanta, troppa burocrazia, tipica italiana”.

Il gesto estremo messo in atto dal pizzaiolo di Casalnuovo , Eduardo De Falco,oltre che a rattristare tutto il mondo del terziario, costituisce – a nostro avviso – un vero e proprio segnale di allarme (lanciato anche in altre precedenti occasioni) su come lo stesso terziario sia allo “stremo”; per quanto è accaduto, ancora una volta, purtroppo, dobbiamo constatare che i nostri appelli sono restati inascoltati.

Questa volta, il gesto drammatico, pare sia nato dal fatto che gli ispettori del lavoro di quel territorio,avevano trovato la moglie del De Falco intenta ad aiutarlo nella pizzeria-panificio, aperta da qualche anno, e gli avevano contestato che la donna non avesse un contratto di lavoro.

Di qui la multa di duemila euro, che il panettiere avrebbe dovuto pagare in pochi giorni, con il rischio che, in mancanza del pagamento, ci sarebbe stata la chiusura dell’attività commerciale. Non è nostra abitudine sostituirci a chi di dovere accertare le “verità”, né vogliamo, a tutti i costi, prendere posizioni di “difesa dei commercianti” e, però, alla luce della Circolare del Ministero del Lavoro ” m. Ips. 37. Registro Ufficiale Ministero – partenza 0010478 . 10.6.2013″ che così recita: “I “familiari” possono collaborare in negozio fino a 90 giorni/anno senza obbligo di assicurazione all’INPS. Finalmente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale Attività Ispettive -, ha fornito chiarimenti in ordine alla corretta interpretazione della disciplina sulle prestazioni di natura occasionali rese dal familiare in ambito imprenditoriale nei settori artigianato, commercio ed agricoltura. In particolare, la questione riguarda la possibilità per l’imprenditore, rientrante in uno dei citati settori, di utilizzare l’attività di familiari, siano essi titolari di altro rapporto di lavoro, o pensionati, o soggetti che non svolgano tale attività in modo prevalente o continuativo, a titolo di collaborazione meramente occasionale, senza necessità di assolvere gli obblighi nei confronti dell’Istituto previdenziale competente. Nella circolare viene fatto presente che spesso la collaborazione prestata all’interno di un contesto familiare viene resa in base ad un legame solidaristico ed affettivo che si articola nel vincolo coniugale, di parentela e di affinità che non prevede la corresponsione di alcun compenso. Inoltre, la circostanza che il lavoro sia reso da un familiare contribuisce a determinare, in molti casi, la natura occasionale della prestazione lavorativa, così da escludere l’obbligo di iscrizione del familiare presso l’Ente di previdenza. Secondo quanto indicato dal competente ministero, nell’ambito delle collaborazioni occasionali rese in base alle suddette motivazioni, possono essere ricondotte le prestazioni rese:

• dai pensionati, i quali non possono garantire al familiare che sia titolare o socio dell’impresa un impegno con carattere di continuità;

• dal familiare impiegato full time presso altro datore di lavoro, considerato residuale e limitato il tempo a disposizione per svolgere altre attività o compiti con carattere di prevalenza e continuità presso l’azienda del familiare. Nei casi sopra citati, la collaborazione del familiare è, quindi, da considerarsi “presuntivamente” di natura occasionale. Un ulteriore parametro, utile al riscontro dell’occasionalità nelle collaborazioni familiari, caratterizzate dalla non sistematicità e stabilità dei compiti espletati (non abitualità della prestazione), può essere desunto dalla disposizione di cui all’art. 21, comma 6 ter, Legge n. 326/03 e succ. modif. (specifico per il settore dell’artigianato), che fissa in 90 giorni nel corso dell’anno il limite temporale massimo di collaborazione occasionale e gratuita prestata nel caso in cui il familiare sia impossibilitato al lavoro. Tale parametro, ha precisato il Ministero, può essere ragionevolmente applicato agli artigiani, al commercio e al settore agricolo, considerati i comuni aspetti previdenziali. Pertanto, viene indicato che, nei diversi contesti settoriali, appare opportuno legare la nozione di occasionalità al limite quantitativo dei 90 giorni, intesi come frazionabili in ore, ossia 720 ore nel corso dell’anno solare”, ribadiamo la necessità di una profonda riflessione da parte delle istituzioni, nonché il sostanziale cambiamento di indirizzo, anche da parte del nuovo Governo, per quel che concerne la “troppa” e spesso “nociva” burocratizzazione italiana.

Luigi Zappone
(Presidente di Confimpresa Molise)

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