I profitti crescono, i salari sono fermi

I profitti sono aumentati a dismisura, ma la redistribuzione è andata solo agli azionisti e non all’innovazione delle imprese, o a rinnovi di contratti: occorre investire seriamente per invertire la tendenza, a partire dal rinnovo dei contratti. servono investimenti in innovazione di prodotto, investimenti necessari per incrementare la produttività.

I problemi che i referendum ponevano sono reali ma posti male e spiegati peggio, la partecipazione alla gestione dell’impresa sarebbe ottima cosa ma senza la totalità dei lavoratori è una “bufala”.

I milioni di lavoratrici e lavoratori precari sono una realtà, le persone, purtroppo, ogni giorno continuano a morire sul lavoro, le tutele sui licenziamenti illegittimi continuano a essere fragili.

Istat nelle sue analisi afferma che l’Italia “non offre grandi prospettive alle giovani generazioni, che sono quelle che vivono di più le condizioni di precarietà e salari da fame.

La politica e le stesse organizzazioni sindacali da troppo tempo su questi temi sono silenti-assenti, mi verrebbe voglia di paragonarli a ai ladri di Bagdad che di giorno litigavano e di notte andavano a fare rapine insieme, non mi risulta che nella gestione di enti bilaterali o di presidenze di sanità integrative non trovino accordi, mentre sulle rivendicazioni dei lavoratori litigano tra di loro.

Sono state dette tante bugie sul fatto che siano i contratti sottoscritti da sindacati autonomi e associazioni non di rilievo a rovinare il mercato del lavoro, ci sono tanti contratti firmati da CGIL-CISL-UIL che hanno destrutturato i salari e i diritti, i lavoratori non sono scemi e se si orientano su sindacati alternativi e perché anche loro ripetono; ”Nun te reg chiù”.

Ci sono aree lavorative che non hanno contratti e che non hanno diritti e non è previsto salario, servirebbe una soglia minima oraria, un salario minimo e un minimo di diritti.

Il tentativo di incentivare i rider con pochi centesimi in più a lavorare nelle ore più calde, evidenzia che c’è un modello di impresa che deve essere radicalmente modificato.

Servono accordi che coinvolgano tutto il mondo del lavoro, magari coordinati a livello governativo, senza furbastri e furbate, nello stesso tempo va anche modificata una legislazione che non tutela chi lavora.

Negli ultimi vent’anni sulla sanità pubblica si è sempre fatto cassa, si è usata la mannaia con tagli che hanno indebolito il sistema sanitario nazionale i presidi sanitari locali sono stati fortemente ridimensionati, e questo è drammatico perché non si garantiscono le adeguate cure alle persone, costrette molto spesso a fare centinaia di chilometri per curarsi, con la conseguenza che spesso rinunciano, però nello stesso tempo chi avrebbe dovuto vigilare ha messo in piedi un sistema che garantisce lauti prebende a presidenti di casse privatistiche.

Ci sono tanti settori strategici in crisi; siderurgia, automotive, telecomunicazioni, occorre che il governo dia risposte concrete, non annunci che non portano a nulla, risposte che richiedono un intervento attivo e forte dello Stato, anche nell’indirizzo delle risorse pubbliche e non può in alcun modo essere quella di riconvertire alcune imprese alla produzione di armi.

Il futuro delle grandi aziende italiane e dei settori strategici passa necessariamente da un piano industriale serio e di prospettiva, che, in alcuni casi, non esclude l’intervento diretto dello Stato, come dovrebbe essere per le acciaierie di Taranto.

Alfredo Magnifico

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