Europarlamentare Giorgio Gori al Festival del sarà di Termoli: interventi su Stati Uniti, Cina, Modello Milano

Intervistato da Antonello Barone, ideatore e direttore del Festival del Sarà – Dialoghi sul futuro, l’europarlamentare ha parlato di Stati Uniti, Cina, Modello MIlano.

“Penso che se Trump avesse voluto dividere l’Europa l’avrebbe fatto dall’inizio, ricordate quando si presentò col tabellone con tutti i dazi, c’era una riga per l’Unione europea, credo che ci abbia fatto un grande favore, perchè se non avesse fatto in quel modo facilmente di fronte a tariffe differenziate gli Stati europei avrebbero cominciato a discutere e litigare fra di loro – ha detto Giorgio Gori -. Invece così siamo riusciti a tenere unita la posizione. Io stesso non so dire se più efficace alzare la voce e mettere sul tavolo la pistola come si usa dire o invece cercare un dialogo, l’interlocutore è molto complicato, molto imprevedibile e però osservo che alla fine noi siamo tutti preparati a un esito che comunque non sarà equilibrato, sappiamo che questa partita si chiuderà con un vantaggio piccolo o grande per gli Stati Uniti”.

“La supremazia dell’interlocutore è nelle cose – ha aggiunto – dipendiamo dagli Stati Uniti per la tecnologia, per l’energia, da quando non compriamo più gas dalla Russia o ne compriamo di meno, abbiamo dovuto accendere forniture di gas liquido dagli Stati Uniti in grande quantità e dipendiamo da loro per la nostra difesa tant’è che discutiamo anche del fatto che gli Stati Uniti non vogliono più pagare quasi per intero la difesa degli Stati  europei”.

“Tecnologia, energia, difesa: sono dati di fatto e stabiliscono una condizione di minorità dell’Europa rispetto agli Stati Uniti. Credo che alla fine la trattativa non possa che essere a vantaggio di Trump, speriamo che lo sia in modo contenuto e speriamo che nel frattempo l’Europa faccia quello che fatto e cioè attivi tutta una serie di altre relazioni commerciali  con l’altro 87 per cento del mondo perché gli Stati Uniti valgono il 13 per cento delle esportazioni europee, sono importantissimi ma non sono l’unico territorio in cui noi possiamo esportare – ha proseguito -.  Nel frattempo si cominci a dialogare commercialmente in modo positivo con l’India, con l’Indonesia, con il Sud America, abbiamo alla firma in Europa, dovremmo concludere il negoziato sul Mercosur, ne avrete sentito parlare, è l’accordo di libero scambio con l’America latina ed è una prospettiva di grande importanza per tante imprese manifatturiere, anche del mio territorio”.

“La Cina, se parli con gli imprenditori, è una preoccupazione maggiore che non i dazi di Trump perché la Cina oggi ha una capacità produttiva manifatturiera pressoché infinita, pensate che la sola sovracapacità cinese nel campo dell’acciaio vale cinque volte i consumi di acciaio di tutta l’Europa e allora questa è la vera preoccupazione è quella di tanti settori è che possa essere un argine a questa aggressività commerciale della Cina che con produzioni spesso sussidiate dallo stato, spesso in deroga alle norme ambientali o di diritto del lavoro che qui sono la regola, invadono i mercati europei. Ci si deve parlare, certo, sia per quanto la Cina esporta in europa sia per quanto noi cerchiamo comunque di portare produzioni nostre in quel Paese”. 

“Trump attacca l’Europa unita però le due grandi manifatture europee sono la Germania e l’Italia e in particolare le province di Bergamo e di Brescia, come impatta sul tuo territorio questa dinamica protezionistica americana?” nella domanda di Antonello Barone. 

“Impatta in modo non drammatico se devo dire, se poi sarà al 50 per cento dovrò correggere questa incauta affermazione – ha proseguito Gori – perchè le esportazioni nei confronti degli Stati Uniti sono importanti ma non di primaria e vitale importanza, piuttosto ha pesato molto in questi anni il rallentamento dell’economia tedesca. Noi abbiamo tutta una serie di settori che lavorano in subfornitura nei confronti della manifattura tedesca, penso all’automotive per esempio, penso alla condizione di incertezza del mercato dell’automotive europeo che fatica a trovare la sua dimensione avendo accumulato un ritardo tecnologico nei confronti della Cina”.

Le parole di Giorgio Gori sul Modello Milano: “Secondo me è un modello invidiabile e secondo me dovremmo riconoscere la qualità di ciò che le amministrazioni milanesi hanno fatto, consegnando all’Italia l’unica città europea della quale possiamo andare minimamente fieri. Una città di commercio, di cultura, di formazione, start up, volontariato, che ha come tutte le città di successo le sue diseconomie, con i valori immobiliari che tendono a crescere perchè è molto attrattiva, poi la legge che facilita l’arrivo in Italia dei milionari perché pagano poche tasse non l’ha fatta il sindaco di Milano. La riflessione sul correttivo di questo sviluppo per quanto può rivelarsi pericolosa in termini di accessibilità alle famiglie di ceto medio o di reddito più contenuto è già in corso, già da anni si parla di housing a Milano e credo che sia molto ingeneroso il giudizio politico, ovviamente non sto parlando degli aspetti giudiziari su cui non voglio entrare che invece si sta cercando di anticipare e di usare come sanzione politica”.     

“Il modello Bergamo – ha concluso l’europarlamentare – è diverso perchè ovviamente Bergamo non è una metropoli ma comunque ha scommesso sull’innovazione, sulla formazione, penso all’accademia della Guardia di finanza, al Politecnico delle arti al centro di formazione nell’Interaction Design, abbiamo inoltre cercato di coltivare la coesione fra i cittadini”.

Il Festival del Sarà – Dialoghi sul futuro ideato e diretto da Antonello Barone, per la sua decima edizione chiama a raccolta grandi grandi firme del giornalismo, esponenti dell’accademia, dell’impresa e della società civile a tentare di risolvere l’incognita occidentale. Si prosegue questa sera in piazza Duomo a Termoli, dalle 21, con streaming sempre su https://festivaldelsara.com/ 

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