Dal set di Braccialetti Rossi al Festival dei giovani “Gioia Piena”, intervista a Michele Banzato

“Gioia Piena” il Primo Festival dei giovani tenutosi a Petrella Tifernina dal 25 al 29 agosto, sulle orme della evangelizzazione della Comunità di Nuovi orizzonti ha colorato le strade, incuriosito la comunità, emozionato gli animi ed ha portato in Molise professionisti che attraverso i workshop e la loro esperienza hanno messo a confronto ragazzi di varie parti di Italia e scoperto la bellezza del nostro territorio. Uno dei workshop che ha attirato la mia curiosità è stato quello di Cinema tenuto dal regista Michele Banzato, aiuto regista della serie Tv Braccialetti Rossi 3. Sicuramente la fama lo ha preceduto ma la professionalità e l’umiltà ne hanno fatto apprezzare ogni giorno che passava la sua persona. Una lezione interessante, per chi curiosamente voleva capire cosa ci fosse dietro la “scatola magica” degli audiovisivi, del cinema, o a chi ne voleva approfondire gli aspetti tecnici. Sicuramente il tempo a disposizione è stato limitato, ma molto proficuo. Dopo la lezione mi fermo a “chiacchierare”, munita di registratore, carta e penna, decisa a raccontare attraverso una intervista il punto di vista di Michele Banzato sul Festival, sulla produzione udiovisiva, sul  cinema televisivo e tanto, tanto altro.
Michele, come gli altri relatori dei workshop è la prima volta che vieni in Molise, a Petrella. Quale è stato il primo impatto con questa comunità?
Innanzitutto sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla bellezza del borgo storico e della vostra chiesa, ringrazio don Donato per avermi coinvolto e la comunità di Petrella per l’accoglienza. Riguardo al Festival mi è sembrato fin dall’inizio che ci fosse curiosità da parte della gente, attenzione e partecipazione. Il Festival che si è svolto nella Piazza centrale del paese, è stata chiaramente una provocazione positiva, credo abbia ottenuto un consenso positivo, non ho visto ostilità anche nelle persone che seguivano le attività con curiosità dal bar. Penso si sia puntato molto sulla condivisione, sull’espressione dei talenti, sui momenti di preghiera e riflessione con le testimonianze che nei quattro giorni si sono succedute, tutto portato avanti con lo spirito e l’animazione della Comunità Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante, di cui don Donato fa parte”.
Un titolo provocatorio quello di “Gioia Piena”?
Direi un motto impegnativo, che quasi spaventa. Mi sono reso conto che i ragazzi coinvolti  hanno voglia di vivere con gioia e con entusiasmo la fede e di condividere sia i lavori progettuali che i sentimenti, allo stesso modo di esprimere i loro talenti nelle varie forme dell’arte, nei vari workshop che sono stati organizzati”.
Su quali temi hai basato il workshop?
Il tempo a disposizione è stato limitato, ma dopo una lezione teorica, con riferimenti storici della nascita dei prodotti audiovisivi, siamo passati ad analizzare la differenza tra lingua e linguaggio, la differenza tra la comunicazione cinematografica e quella prettamente istituzionale, ad analizzare la luce, lo spazio, le inquadrature, i tipi di montaggio e le diverse tecniche. Poi si è passati alla pratica, i ragazzi divisi in gruppo hanno filmato i momenti salienti delle tre giornate principali, i volti,  i particolari, tanto materiale che visionerò e di cui  farò un montaggio“.
Il tuo workshop è stato frequentato da ragazzi giovani, considerando anche il ruolo di aiuto regista per “Braccialetti Rossi 3”, qual’è il tuo rapporto con la gioventù dei nostri tempi?
Il mio rapporto con i giovani è molto buono, Braccialetti Rossi è stata una esperienza bella ed allo stesso tempo impegnativa, dove anche la storia che viene raccontata mette a nudo il mondo adolescenziale, pur affrontando un tema forte, molte volte i ragazzi ci stupiscono, ho costruito il cast nei primi due anni e svolto il ruolo di aiuto regia nel terzo. Devo dire che frequentando le scuole, grazie a progetti di formazione sul linguaggio degli audiovisivi che porta a realizzare una mini inchiesta, un documentario o un promo di fiction, ho vissuto esperienze sempre positive, scopro a volte inconsapevolezza del linguaggio ma sono giovani , curiosi e si entusiasmano ad un progetto innovativo“.
I giovani non sono apatici dunque?
Ma guarda c’è il discorso dell’attenzione che va curato con proposte fuori dagli schemi, a volte mi capita di percepire una iniziale pigrizia, probabilmente sono iperstimolati, io ho un metodo che scaturisce sia dall’esperienza degli scaut sia del set, ossia quello di proporre un lavoro di gruppo, di responsabilità, per cui il risultato è dato dal lavoro di tutti, scatta non la competitività ma la condivisione di un progetto, quindi di un fine comune”.
Sei a Petrella perchè, come gli altri insegnanti,  condividi questo progetto di don Donato e Nuovi Orizzonti.
Questo è un progetto importante. La Comunità di Nuovi Orizzonti nasce per aiutare i ragazzi con disagi giovanili, poi pian piano ha ampliato le sue attività, coinvolgendo anche i giovani apparentemente sani, perchè oggi chi è veramente sano? Disagi familiari, indifferenza, una scuola che si sente troppo autoreferenziale, oggi credo bisognerebbe tornare a pensare davvero ai giovani in maniera diversa. Credo che le varie testimonianze di vita vissuta con disagi gravi, e poi della gioia che traspare dai volti,  abbiano lasciato un segno nelle persone, che a volte ho visto anche commosse“.
Esordi come allievo e aiuto di molti mastri del cinema. Cosa ricordi degli insegnamenti del maestro Ermanno Olmi?
” Ho frequentato “Ipotesi Cinema”, il laboratorio coordinato da Ermanno Olmi. Ascoltavo molto, ascoltavo i consigli che ci dava, un grande affabulatore che cercava di farci guardare la realtà con un occhio mai superficiale e sempre attento. Di maestri in realtà ne ho avuti tanti e da ognuno ho imparato molto. Un altro mestro importante per la mia carriera è stato Vittorio De Seta, grande documentarista, che mi ha incultato l’importanza e il rigore del lavoro. Una frase che ripeteva spesso era che bastava spostare di un millimetro la macchina da presa per cambiare il punto di vista sulla realtà, che non esiste l’oggettività. Ma è chiaro che tutto dipende dall’onestà con cui si guardano le cose, si ha una grande responsabilità verso lo spettatore, perchè si ha la capacità di manipolazione con vari tecnicismi, che a volta può diventare pericolosa”.
A proposito in una produzione cinematografica qualecredi debba essere la percentuale di finzione e quella della realtà rispetto a ciò che racconti?
Credo che tutto sia lecito per quanto riguarda la tecnica, ogni regista ha una sua impronta personale ed è giusto che sia così, ma nella misura in cui si ha l’onestà nel mettere in scena le cose che non vanno a tradire la verità che si racconta. E’ chiaro che poi ci sono le scelte di fare prodotti più commerciali, ma si deve avere sempre rispetto dell’intelligenza dello spettatore. Trovo che ci sia una parte di cinema italiano che ha poco di questo rispetto, dove manca il rischio ed il coraggio, non dico che bisogna imitare Monicelli e Risi ma non scadere nelle battute scontate, il cinema, lo sceneggiatore, il regista  devono iniziare ad avere coraggio nella scrittura e poi nella sceneggiatura. Bisognerebbe per esempio offrire un prodotto che non dia falsi storici, anche se poi i contenuti vengono rappresentati in maniera forte, bisogna essere fedeli all’autenticità di una storia, di un progetto”.
Il coraggio e l’onestà che aveva Pasolini per esempio?
Esattamente, io consiglio spesso di vedere il film “Il Vangelo secondo Matteo”, i cui contenuti sono forti, un film durissimo, un grande lavoro che viene da una concezione del cinema spettacolare ma rispettosa della realtà storica, dura, sofferta, criticata ma reale“.

Mariateresa Di Lallo

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