Crisi di governo e nuovo esecutivo: non c’è fine all’incoerenza

Riceviamo e pubblichiamo una nota inviataci da una nostra lettrice:

La storia del Governo italiano dell’ultimo mese e mezzo è il segno della decadenza della nostra società. E del suo relativismo.
In queste ultime settimane abbiamo assistito a tutto e al contrario di tutto, a trasformismi imbarazzanti, a improvvise vocazioni per il bene del Paese, a metamorfosi di movimenti antisistema in forze pro-sistema.
I retroscena della crisi nessuno li conosce, tranne chi ne è stato il protagonista e, forse, i suoi congiunti, ma il dato di fatto è innegabile: se prima c’erano fazioni politiche che se ne cantavano di tutti i colori, ora queste stesse forze si sono messe insieme per “il bene dell’Italia”.
Vogliamo dimenticarci per un attimo della narrazione sull’attaccamento alla poltrona e della paura del voto? Facciamolo, e soffermiamoci su tutto ciò che è seguito all’annuncio della crisi: non sarà sfuggito il forte imbarazzo del segretario del PD, tirato per la giacchetta da Renzi (che ha il suo partito nel partito) e che a febbraio dichiarò di essersi stancato di ribadire “mai con i pentastellati”.

Non saranno neanche sfuggiti i mal di pancia e le azioni maldestre di questi ultimi, che, a giochi fatti, si sono inventati il voto popolare sulla piattaforma Rousseau, dopo una captatio benevolentiae da parte di un ispiratore del movimento e di colui che, nonostante le onde di un mare in burrasca, è rimasto al suo posto: il Presidente del Consiglio. Un posto che è rimasto il medesimo, ma ha visto una forte trasformazione da parte di chi lo ha rivestito: prima muovendosi con cautela, discrezione e quasi silenzio, all’ombra di personalità più carismatiche, ora mostrando polso, presenza, piglio deciso, protagonismo.


Mia nonna mi ha insegnato che, per quanto una situazione possa essere scomoda a causa della persona che ci sta di fronte, bisogna prendere il coraggio a quattro mani e dirle che cosa si pensa. La chiarezza ha sempre pagato, anche se costa. L’ho visto nelle mie piccole vicende personali, e non posso che ringraziare la mia progenitrice per il prezioso consiglio. Dunque mi chiedo: perché, se non era d’accordo con azioni o parole del leader del Carroccio, il nostro Primo Ministro non si è palesato con lui? Ha firmato decreti su decreti, ora dovrà firmare atti che potrebbero (ma il condizionale si può anche togliere) recitare il contrario. Il buon Lewis Carroll diceva: “Sii quello che sembri”. Sarebbe superfluo aggiungere altro.


Infine, vorrei soffermarmi sull’improvvisa apertura dell’Europa (pardon, dell’asse franco-tedesco) nei confronti del nostro Paese dopo l’istituzione del nuovo Governo: con uno scenario ormai privo di un ministro che intendeva responsabilizzarli sula ripartizione dei migranti, che dava il giusto peso alle parole legate al fenomeno dell’immigrazione, la cui declinazione del concetto di identità nazionale è stata furbescamente presentata come revival di orrori del passato che non hanno nulla a che vedere con le nuove destre, i franco-tedeschi si sono improvvisamente spesi in sorrisi e pacche sulle spalle.

Sull’Europa non intendo soffermarmi perché l’argomento richiederebbe un capitolo a parte, ma gli innamoramenti di certi partiti politici per Bruxelles dimenticano che il sistema Europa, nonostante esista da anni, continua ad essere fortemente disparitario, e che non si possono ritenere certi Paesi semplici colonie di un asse che ha nel vecchio continente la sua prima piattaforma economica, e che quindi ha tutto l’interesse a fissarne le regole. La dimenticanza si fa più forte quando non si pensa che le regole comuni sono tali solo quando c’è il tornaconto dell’asse Parigi-Berlino, ma che i rispettivi premier hanno ottenuto le sforature dei deficit per i propri Paesi senza che nessuno proferisse parola. E forse ancora in pochi sanno che Paolo Gentiloni, una volta messo piede a Bruxelles, avrà come cane da guardia uno dei più grandi rigoristi di quel consesso (perdonate, ma non ricordo lo spelling del cognome di questo signore).

Infine, non va sottovalutato che, per quanto le ideologie siano andate indebolendosi nel corso degli anni, delle reminiscenze -per fortuna- ci sono ancora, quindi dietro ad un partito o ad una coalizione c’è una visione della società e dell’uomo. Non pensiamo solo a quanti posti di lavoro potrà creare un esecutivo, ma anche a come vorrà impostare l’insegnamento scolastico, come formare i nostri figli, se farli immergere nel relativismo che vuole mettere in discussione i concetti di maschio e femmina, e parlare della distruttiva ideologia del gender, o renderli veramente liberi: liberi di conoscere se stessi e non trovare scappatoie ai problemi della vita. Pensiamo a quanto può essere offesa la dignità umana attraverso provvedimenti legislativi che istituzionalizzano l’omicidio (eufemisticamente ribattezzato fine vita), pensiamo a quanto caos può provocare la spersonalizzazione di un’identità nazionale che, in nome di un mondialismo da salotto, dovrebbe rinunciare ai valori culturali, spirituali, morali che ne hanno fatto la bellezza e la solidità nel corso dei secoli.

Lascerei perdere le finte pacche sulle spalle e rifletterei seriamente su tutto questo. Contro derive elitarie in stile globalista e relativista occorre una seria presa di coscienza da parte di tutti noi.

Carlotta Malagò

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