Sanità in Molise: “e qui comando io…”

Una volta quando si voleva accreditare una notizia si diceva: “lo ha detto la televisione”. L’etere diventava un ente di certificazione perché il giornalista cercava la notizia e la verificava, poi pubblicava il resoconto, cosa che peraltro più o meno ancora avviene, anche se non con la precisione di un tempo. Ma questa sarà materia di trattazione separata. La premessa serve solo come spunto per introdurre un argomento delicato, soprattutto in questo periodo: la gestione sanitaria sul territorio regionale.

Come si sa, il Molise, per una serie infinita di problemi ha da tempo la sanità commissariata e da questo stato di ‘disagio’ amministrativo ancora non esce; lo schema prevede un commissario ed un sub commissario di nomina nazionale, da un lato e il presidente della Giunta regionale con il direttore generale e quello sanitario dell’Asrem dall’altro. Le due figure nazionali coordinano e decidono, quelle locali si occupano della gestione operativa del comparto. Sembrerebbe tutto facile, ma è proprio questa la parte difficile, che rende complicato il discorso, che vede come protagonisti ‘diretti’ Angelo Giustini e Ida Grossi, Donato Toma, Oreste Florenzano e Maria Virginia Scafarto, tanto per far capire la complessità di competenze del comparto.

Angelo Giustini

In Molise la sanità non è solo il settore portante, per numeri, della società locale ma anche il motore economico, quello intorno a cui tutto ruota; la pandemia, con i suoi tristi fatti di cronaca, lo ha fatto diventare anche un enorme problema sociale. Il primo punto per far funzionare la complessa macchina amministrativa, da cui adesso dipendono le sorti della regione, dovrebbe essere di norma la sinergia tra strutture nazionali e locali, cioè esattamente quello che non avviene dalle nostre parti, anzi che non è mai avvenuto dall’inizio. All’indomani della nomina di Giustini, Toma fece intendere chiaramente la propria contrarietà, chiedendo di essere lui il commissario alla sanità (come peraltro era avvenuto per i suoi predecessori nella quasi totalità del tempo) ed ha portato avanti questa sua idea, anche quando era scontatamente bocciata dal Governo nazionale, facendo capire che poi si sarebbe arrivati allo scontro istituzionale. Non a caso il rapporto tra Giustini e Toma è partito male dal primo giorno: il commissario lamentò di non avere avuto per giorni una stanza degna di essere chiamata tale, un computer e, nel periodo del freddo neanche la stufetta del riscaldamento. In sostanza si è iniziato già con le ripicche e purtroppo tutto è continuato su questa falsariga, anzi peggio. Giustini e Toma non dialogano, ognuno va per la propria strada ignorando l’altro e, quando si entra nella fase ‘calda’ fanno in modo tale da mettersi in opposizione, con due stili differenti: il primo generalmente si fa sentire poco, mentre l’altro polemizza. Quello che sinceramente disturba è il continuo rimpallarsi di responsabilità, le accuse spicciole e, nei casi estremi, la rivendicazione di poteri che sostituiscono sistematicamente la ricerca delle soluzioni al problema.

Emblematico il caso della mancata decisione di spostare i ricoveri Covid a Larino. Toma dall’inizio ha detto non volere optare per questa soluzione, nonostante l’appello diffuso dalle istituzioni periferiche, sindaci in testa (ma anche parti sociali, operatori del settore, organi di comunicazione) ed ha portato avanti la sua scelta contro tutto e tutti; Giustini, dopo che la polemica era entrata nel vivo anche da troppo tempo, ha pubblicato una lettera che nelle intenzioni sarebbe dovuta essere chiarificatrice, ma che ha solo messo in luce uno scontro tra poteri, che a questo punto diventa insanabile. Il risultato finale è che sui tavoli governativi sono arrivate due richieste differenti per il centro Covid (una riguardante Larino, l’altra Campobasso) fatto che pare sia anche giuridicamente discutibile, visto che il commissario è uno: ora tutti sanno che in Molise le istituzioni sanitarie impiegano parte del tempo a litigare, altro a lavorare in totale dissonanza. Come sintetizzare le due posizioni? Con le parole di una nota canzone: “E qui comando io!” da una parte “e questa è casa mia!” dall’altra.

E tutte le altre persone nominate? Ida Grossi viene vista come quasi equidistante dai poli opposti, mentre Florenzano e la Scafarto, essendo (anche per nomina) il braccio operativo di Toma, parlano poco e quando lo fanno vanno nella direzione scelta dal decisore politico regionale, che non è esattamente quella della concordia con l’istituzione nazionale.

A rimetterci in tutto questo sono naturalmente sempre i molisani.

E’ tutto: fine delle trasmissioni!

Stefano Manocchio

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