Regione/Consiglieri PD ‘separati in casa’

di Stefano Manocchio

Lo dico in premessa: non scriverò la rievocazione nostalgica dei tempi di Peppone e don Camillo o della vignetta in cui la falce e martello si ‘schianta’ contro lo scudo democristiano; ma è indubbio che qualcosa non va più nella politica italiana e ancor più in quella molisana, in questo caso con riferimento a quello che per quarant’anni è stato il maggiore partito d’opposizione nel Paese. Forse il PD è ancora l’ultimo partito dove c’è un dibattito collettivo (escludiamo il Movimento Cinque Stelle che lo deve fare ‘da statuto’ ed ha una forma associativa tutta propria e diversa dalla politica tradizionale), seppure lontano anni luce da quello totalizzante di un tempo, ma si avvia verso un declino oramai riconosciuto da tutti anche al suo interno, ma non per questo pubblicizzato all’esterno.

La soluzione proposta da Enrico Letta è l’ennesima fase costituente; idea che sarebbe anche giusta come preludio ad una rigenerazione totale che però, per una serie di motivi, non sembra essere in agenda. Dallo ‘strappo’ della Bolognina in poi i cambi di nomi sono stati tanti, quelli della nomenclatura molti meno; il PCI è diventato PDS, DS, PD e non si sa più come si chiamerà adesso, atteso che servirà assumere anche qualche comunicatore dotato di maggior fantasia nell’attribuzione della denominazione. Insomma il PD cambierà nome e forse (ma molto meno) pelle; nel mentre anche nelle sedi locali la situazione non è certo rosea.

Veniamo al Molise. Quella che da mesi viene proposta è una diatriba, che è venuta allo scoperto solo adesso sui temi della sanità; diatriba non con esponenti di altri partiti, ma tutta interna appunto al PD, così come è rappresentato nell’aula consiliare di Palazzo D’Aimmo. Il terreno di scontro tra Micaela Fanelli e Vittorino Facciolla. Un dissidio diventato forte allorquando la consigliera regionale del PD, ha presentato una proposta di legge che sancisce l’incompatibilità tra presidente e commissario alla sanità nell’ultimo semestre della legislatura. Sembra però che l’azione non sia stata concordata con i vertici ufficiali del partito in Molise.

Il segretario regionale, (Facciolla) infatti, intervistato sull’argomento, ha detto che è stata firmata solo dal capogruppo. Lo stesso Facciolla non sarebbe del tutto d’accordo. Quindi la capogruppo alla Regione Molise, che di norma dovrebbe coordinare il lavoro di tutto il gruppo, presenta una proposta che non viene sottoscritta dall’altro consigliere, che a sua volta è il segretario regionale del partito e che dovrebbe in tal veste, organizzare e dare un indirizzo a tutti gli esponenti del partito sul territorio regionale, ad iniziare proprio dal capogruppo in Consiglio regionale per creare un clima di concordia. Invece accade il contrario: i due dialogano formalmente ma vanno su strade oramai completamente separate all’interno dell’assise civica. Perché?

Non è un mistero per nessuno che Facciolla e Fanelli siano entrambi aspiranti alla poltrona di candidato a presidente della Giunta regionale per il centro-sinistra e questo fatto non può non avere un riflesso sulla politica regionale, anche se non è in questo caso un riflesso positivo. Separati nella casa comune piddina, quindi: si va oltre la dialettica politica interna. Fiumi di parole spese per giustificare i comportamenti ed una posizione assunta nell’aula consiliare su un fatto specifico ma di rilevante importanza: il Piano operativo sanitario e la gestione della sanità, in generale, in Molise. Dove proprio dovrebbe risaltare l’unità, si celebra la fase preparatoria che vedrà i due su strade separate. Il ‘vecchio’ PCI avrebbe stoppato tutto, messo il silenziatore alle dichiarazioni, trovata la soluzione ‘politicamente corretta’ e sarebbe uscito con una posizione unitaria, anche a costo di far digerire il rospo a chi aveva evidenziato difformità di giudizio sui fatti.

II nuovo partito, se ci sarà, dovrà partire proprio da questo, l’unità d’intenti, altrimenti sarà il ‘vecchio’ PD a dettare ancora le regole del gioco e nulla di nuovo si preparerà per il futuro.

Cito ad esempio per rimarcare la differenza tra il vecchio PCI molisano ed il PD attuale: il compianto professore Genua, nell’aula consiliare di Palazzo San Giorgio, dopo che un’estenuante discussione oramai completamente sviscerata nei contenuti e nelle decisioni, alimentava ancora interventi in aula, si alzò e disse ai partecipanti della parte opposta, quindi soprattutto i democristiani: “Colleghi è inutile continuare a discutere sull’argomento per cercare di convincere gli altri, ma andiamo ai voti: tanto voi dovete votare ‘sì’ e noi dobbiamo votare ‘no’ e chiudiamo la seduta”.

Era il pragmatismo della politica di un tempo, che parlava chiaro perché sapeva di dover rendere conto alla gente. Adesso il PD c’è ancora, la politica è dispersa.

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