Oltre tre milioni saranno senza lavoro in Italia nel 2040

Il calo delle nascite e lo spopolamento minacciano la competitività dell’Italia: entro il 2040 ci saranno tre milioni e 135 mila lavoratori in meno.

Secondo il rapporto “Rendere la sfida demografica sostenibile” della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, entro il 2040 l’Italia perderà circa 3 milioni e 135 mila lavoratori, con un primo segnale già nel 2030, quando il numero delle persone tra i 15 e i 64 anni si ridurrà di 1 milione e 167 mila unità.

Il record occupazionale raggiunto nel 2024 (circa 823 mila occupati in più rispetto al 2019) grazie a una serie di interventi sistemici che ha accresciuto l’efficacia dei meccanismi di incontro domanda e offerta e delle stesse politiche del lavoro, passate da una logica passiva a una proattiva, rischia nei prossimi anni di essere attutito dal calo demografico.

Secondo le elaborazioni e le proiezioni demografiche dell’Istat, a determinare la riduzione dei livelli occupazionali sarà il calo della popolazione in età attiva, tra i 15 e 64 anni, previsto in un milione 167mila al 2030 e in oltre cinque milioni al 2040.

La ricerca offre uno spaccato, anche, sulle previsioni demografiche e occupazionali a livello regionale e provinciale, ne viene fuori che ad eccezione di Lombardia ed Emilia-Romagna, il calo della popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni riguarderà, entro il 2030, tutte le regioni italiane.

Del Sud la Basilicata è la regione con il maggiore decremento (8,1%), a seguire Sardegna (7,8%), Calabria (6,6%), Puglia (6,4%), Campania e Sicilia (6%), valori che cresceranno ancor più nel 2040. Nuoro, Potenza, Enna (-9,7%), Caltanissetta (-9,6%), Oristano (-9,5%) sono alcune delle province che saranno più colpite dal calo dell’occupazione.

La scarsità di capitale umano disponibile a lavorare, rischia di scontrarsi con le necessità di una domanda di lavoro che presenterà spazi di crescita elevati anche nei prossimi anni e che sarà alimentata dalle esigenze di sostituire lavoratori sempre più anziani.

L’Italia è uno dei Paesi con la più elevata incidenza di over 50 sul mercato del lavoro (40,6% contro 35,1% della media europea), e per il rapporto Excelsior di Unioncamere-Ministero del Lavoro, nel quadriennio 2024-2028 la domanda di lavoro collegata alla sostituzione dei lavoratori che andranno in pensione rappresenterà tra il 78%-88% del fabbisogno complessivo di nuovi profili circa tre milioni.

L’ esigenza di manodopera farà registrare una riduzione, significativa, di Neet, la cui incidenza sul totale è già calata dal 23,6% del 2019 al 17,3% del 2024, restano elevati i margini di recupero della popolazione oggi inattiva, in particolare donne e giovani: su 12,4 milioni di inattivi tra i 15 e i 64 anni, censiti dall’Istat, quasi sei milioni hanno meno di 35 anni e circa 7,9 milioni sono donne.

È urgente riformare i meccanismi di accesso al lavoro e sostenere l’inserimento con politiche attive mirate”, oltre a una pianificazione a lungo termine per far fronte alla sostituzione massiccia dei lavoratori in uscita.

Bisognerà intervenire su; welfare, formazione, politiche di genere e di inserimento per incentivare la partecipazione al lavoro di queste fasce della popolazione, e attuare percorsi di transizione scuola-lavoro che favoriscano un più immediato primo ingresso nel mondo del lavoro e accelerino i tempi di inserimento ed esperienze lavorative nei percorsi formativi.

Per agevolare l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, bisognerà potenziare il sistema di servizi e sostegni economici alle famiglie con carichi di cura sempre più diversificati, inoltre per ridurre gli effetti determinati dall’inverno demografico, è necessario continuare a investire su politiche aziendali, territoriali e sociali che favoriscano ancor di più la partecipazione al lavoro di donne e giovani.

Alfredo Magnifico

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