È di pochi giorni fa la notizia positiva della Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 1° febbraio scorso e in vigore dal 16 febbraio della legge n. 4/2018, recante disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici, notizia purtroppo subito dopo seguita dalla tragica vicenda di Latina, ennesimo caso di violenza questa volta che vede vittime due bambine, figlie di un padre assassino che ha sparato anche contro la moglie. Una vicenda allucinante – afferma in una sua nota la Consigliera di Parità della Provincia di Campobasso e Autorità per i diritti e le pari opportunità della Regione Molise Giuditta Lembo – la cui drammaticità evidenzia ancora una volta la grave sottovalutazione delle segnalazioni di pericolo che anche in questo caso la donna aveva fatto. Abbiamo chiuso l’anno 2017 con 113 donne uccise, due delle donne assassinate erano in procinto di diventare madri e i rispettivi feti, di 5 e 6 mesi, sono morti assieme a loro.
Le vittime di violenza sono state uccise nella quasi totalità dei casi da mariti, compagni o ex. Nel 2016 in Italia erano state uccise 115 donne, il 2015 aveva invece visto 120 vittime, 117 donne erano state uccise nel 2014 e 138 nel 2013. Una strage che vede le donne indifese di fronte alla furia cieca dei loro partner o ex partner, incapaci di accettare la fine della relazione o la volontà della ex compagna di volersi ricostruire una vita al di fuori della coppia- commenta Giuditta Lembo. Una nota anch’essa allarmante è relativa al trend delle denunce di stalking che nel 2017 è stato in netto calo. Si stima che su 3.466.000 vittime il 78% non abbia sporto querela, soprattutto per la sfiducia che viene riposta nelle Autorità che spesso tardano a fornire un primo aiuto, questo è quanto si legge nella relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio. Oltre alle vittime in prima linea, ci sono le cosiddette ‘vittime secondarie’, i bambini o ragazzi che, in seguito al delitto, si sono ritrovati orfani di madre o, in caso di omicidio-suicidio, di entrambi i genitori. In Italia sono circa 2000 gli orfani del femminicidio: ben 67 si sono aggiunti nel 2017, hanno un’età media compresa fra i 5 e i 14 anni e si trovano a fronteggiare le conseguenze spesso irreparabili di tali delitti: dal trauma legato allo shock, sia per aver in alcuni casi testimoniato direttamente all’omicidio, sia per il lutto violento, all’indigenza, alla mancanza di un’educazione adeguata e di una guida in un’età molto delicata per la propria crescita- specifica Giuditta Lembo-.
A tal proposito la legge n. 4/2018 prevede il gratuito patrocinio a prescindere dal reddito per i figli delle vittime di femminicidio, ma anche sequestro dei beni e provvisionale a garanzia del risarcimento dei danni e indegnità a succedere per il reo. La legge dispone innanzitutto che sono orfani per crimini domestici “i figli minori o i figli maggiorenni economicamente non autosufficienti rimasti orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso in danno dello stesso genitore dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dall’altra parte dell’unione civile, anche se l’unione civile è cessata, o dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza”. Dunque, tutti gli orfani per crimini domestici potranno essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, anche in deroga ai limiti di reddito previsti. Altro importante intervento a tutela dei figli delle vittime di crimini domestici – continua la Lembo- è quello disposto dall’art. 3 della legge che introduce l’obbligo per il pubblico ministero che procede per omicidio contro il coniuge, il partner civile o il convivente, di richiedere “il sequestro conservativo dei beni a garanzia del risarcimento dei danni civili subiti dai figli delle vittime”.
Altra interessante novità – continua Giuditta Lembo- è il fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, usura, estorsione e reati intenzionali violenti che viene esteso anche agli orfani per crimini domestici, con risorse aggiuntive pari a 2 milioni di euro annui, destinati all’erogazione di borse di studio ovvero al finanziamento di iniziative di orientamento, formazione e sostegno per l’inserimento lavorativo. Siamo di fronte ad un intervento normativo che finalmente tutela i figli delle vittime, che fino ad ora oltre al dolore della perdita violenta vissuta e spesso alle violenza assistita subita, si ritrovavano anche privi di qualsivoglia assistenza economica. Ma ciò non basta- prosegue la Lembo- occorre fare in modo che le richieste di aiuto vengano prese in giusta considerazione e vengano utilizzate tutte le misure che tutelino la presunta vittima e i suoi figli.
Certezza della pena e nessuno sconto per il responsabile, anzi concordo con quanti abbiano chiesto di introdurre una specifica aggravante nell’articolo 576 del Codice penale (cioè le aggravanti previste per l’omicidio), per punire con il carcere a vita chiunque uccida “in reazione a un’offesa all’onore proprio o della famiglia di appartenenza o a causa della supposta violazione, da parte della vittima, di norme o costumi culturali, religiosi o sociali ovvero di tradizioni proprie della comunità d’origine”, ossia quando la violenza nasce da un atteggiamento discriminatorio. Altra tipologia da non trascurare sono le molestie sui luoghi di lavoro, si stima che siano 8 milioni 816mila (43,6%) le donne fra i 14 e i 65 anni che nel corso della vita abbiano subito qualche forma di molestia sessuale e si stima che siano 3 milioni 118mila le donne (15,4%) che le hanno subite negli ultimi tre anni. Non solo: emerge dal rapporto dell’Istat di febbraio scorso –precisa Giuditta lembo- che, nel corso della vita, 1 milione 173mila donne siano state vittima di ricatti sessuali sul luogo di lavoro per essere assunte, per mantenere il posto di lavoro o per ottenere progressioni nella carriera. Solo negli ultimi tre anni sono 167mila le donne che in ufficio o in azienda hanno subito queste forme di ricatto; al momento dell’assunzione ne sono state colpite più frequentemente le donne impiegate (37,6%) e le lavoratrici nel settore del commercio e dei servizi (30,4%).
La quota maggiore delle vittime, inoltre, lavorava o cercava lavoro nel settore delle attività professionali, scientifiche e tecniche (20%) e in quello del lavoro domestico (18,2%). Nell’11,3% dei casi le donne vittime hanno subito più ricatti dalla stessa persona e il 32,4% dei ricatti viene ripetuto quotidianamente o più volte alla settimana. La grande maggioranza delle vittime (69,6%) ritiene molto o abbastanza grave il ricatto subito. Nonostante questo, nell’80,9% dei casi, le vittime non ne hanno parlato con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna, inoltre, ha denunciato quanto accaduto alle forze dell’ordine. Interessante è che per la prima volta sono state rilevate anche le molestie a sfondo sessuale ai danni degli uomini: si stima che 3 milioni 754mila uomini le abbiano subite nel corso della loro vita (18,8%), 1 milione 274 mila negli ultimi tre anni (6,4%). L’invito della Lembo a denunciare anche alle Consigliere di Parità queste situazioni è un modo per sentirsi meno sole poiché le stesse Consigliere possono costituirsi in giudizio al fianco delle vittime cosa che nel corso dei miei oltre 14 anni di lavoro mi è capitato di fare con successo. Vivere in silenzio non aiuta e la solitudine genera malessere, pertanto valutare la possibilità di fare ricorso a figure come quella della Consigliera di Parità può aiutare a contrastare fenomeni discriminatori che ancora oggi penalizzano non solo le donne, ma anche altri soggetti vittime di discriminazioni legate al genere, all’etnia, all’orientamento sessuale etc…
C’è ancora molto da lavorare affinchè alcune resistenze culturali vengano superate e auspico che soprattutto la classe politica futura sia più sensibile a tali questioni, ahimè timidamente trattate durante la recente campagna elettorale!