(Adnkronos) – La Commissione Europea non lascia ma raddoppia. La von der Leyen due non intende rallentare il percorso di riduzione delle emissioni climalteranti che dovrebbe portare l'Ue ad avere emissioni nette zero entro il 2050. Visto che l'Unione è sulla strada giusta per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, la Commissione propone di fissare un obiettivo intermedio decisamente impegnativo: l'Ue dovrebbe ridurre le emissioni climalteranti di qui al 2040 del 90%, sempre rispetto ai livelli del 1990. Casca a fagiuolo l'ondata di calore che sta trasformando le città europee in grandi saune d'asfalto: oggi a Bruxelles era 'canicule' allo stato puro, con 33 gradi di massima, manifestazione molto concreta del riscaldamento globale, effetto del cambiamento climatico. L'esecutivo Ue ha inserito alcune limitate flessibilità, come l'utilizzo di crediti carbonici internazionali "verificabili", nella misura del 3%. Ma, come ha spiegato il premier belga Bart De Wever al termine del Consiglio Europeo, si tratta di decarbonizzare l'economia per ulteriori 35 punti percentuali in poco più di un decennio, presupponendo che l'obiettivo del -55% rispetto al 1990 sia raggiunto nel 2030 e non prima. Per decarbonizzare del 55% rispetto al 1990, saranno stati necessari quarant'anni; ora l'Ue dovrebbe decarbonizzare per ulteriori 35 punti percentuali in 10 anni o giù di lì, oltretutto per la parte più difficile, cioè i settori ad alta intensità energetica e produzione di emissioni, come ad esempio l'acciaio. Un ruolo importante, ha confermato il commissario al Clima Wopke Hoekstra, che ha un passato in McKinsey, la 'crème' della consulenza aziendale, lo avranno le tecnologie che consentono di catturare e rimuovere l'anidride carbonica dall'atmosfera. E altrettanto importante, se non di più, sarà il ruolo dell'energia nucleare, anche se probabilmente in percentuali leggermente inferiori rispetto ad oggi, ha spiegato un alto funzionario Ue. Ma, visto che la domanda di energia elettrica aumenterà molto nei prossimi anni, con la progressiva elettrificazione dell'economia, la produzione da fonti nucleari dovrà aumentare, e non poco. Quello che conta, ha osservato la fonte, è "la riduzione delle emissioni climalteranti", e l'energia atomica non ne produce. La Commissione assicura anche che fornirà un quadro per raggiungere il nuovo obiettivo basato sulla "neutralità tecnologica". Per il Ppe, il responsabile in commissione Ambiente Peter Liese, della Cdu, ha salutato con favore la flessibilità prevista dalla Commissione nella proposta, che considera l'unico modo per poter sperare di avere una maggioranza in Parlamento e in Consiglio, i due colegislatori dell'Ue. Il presidente della commissione Ambiente, Antonio Decaro del Pd, ha definito l'obiettivo del -90% una "pietra miliare" verso la neutralità climatica al 2050 e ha detto che il Parlamento è pronto a fare la sua parte per approvare il nuovo target intermedio prima della Cop30 del prossimo novembre a Belèm, nello Stato brasiliano del Parà. I Paesi membri, ha spiegato De Wever, sono divisi essenzialmente in due. Nessuno, o quasi, mette in discussione l'obiettivo finale delle emissioni zero, ma una parte è prudente e, davanti ad un percorso incrementale di riduzione dei gas serra, esita, dato che non sempre le tecnologie sono disponibili o economicamente praticabili. Un'altra parte, invece, confida che l'evoluzione tecnologica segua la domanda e che, accelerando la riduzione delle emissioni, arriveranno anche le economie di scala e la conseguente riduzione dei costi. Sul versante degli Stati membri, l'Ungheria di Viktor Orban si è già fatta sentire tramite il suo ministro degli Affari Europei, Janos Boka, che ha bollato come pura "follia" il nuovo obiettivo. Budapest non è l'unica ad essere perplessa. L'Eurofer, l'associazione delle industrie siderurgiche europee, ha sottolineato che occorrerebbe una vera "rivoluzione" per decarbonizzare così tanto in così poco tempo, e l'industria sarebbe pure pronta, ma purtroppo "non ci sono le condizioni". Il presidente francese Emmanuel Macron ha osservato che nell'Ue sembriamo essere dei "pazzi furiosi", dato che abbiamo costretto l'industria siderurgica europea a decarbonizzare, per poi importare da fuori Ue acciaio a basso costo prodotto con metodi inquinanti. Questo paradosso ancora non è risolto e sta mettendo a dura prova, da tempo, la siderurgia europea. Durissima la Etuc, la confederazione europea dei sindacati, di cui fanno parte per l'Italia Cgil, Cisl e Uil, e che rappresenta qualcosa come 45 milioni di iscritti. La segretaria generale, l'irlandese Esther Lynch, ha bollato come "estremamente irresponsabile" la scelta della Commissione di fissare obiettivi di decarbonizzazione senza predisporre un piano per attutirne gli impianti sulle industrie e sui posti di lavoro. "Nel mezzo di una crisi per l'industria europea – ha affermato – che costa circa 500 posti di lavoro al giorno, è estremamente irresponsabile fissare un obiettivo più elevato senza un piano per le sue conseguenze sulle nostre industrie, sulla sua forza lavoro e sulle loro comunità". Lynch è stata molto chiara: "La recente rivelazione che l'Europa sta raggiungendo i suoi obiettivi climatici attraverso la deindustrializzazione – ha scritto – avrebbe dovuto dimostrare alla Commissione che l'ambizione non può essere misurata solo in termini di riduzione delle emissioni". Tradotto in parole ancora più semplici: per i sindacati europei, l'Ue sta decarbonizzando chiudendo le industrie inquinanti. L'Europa, secondo Lynch, "ha bisogno di una transizione autenticamente giusta verso un'economia verde, che richiede ingenti investimenti nella creazione di nuovi posti di lavoro verdi di qualità, contemporaneamente alla graduale eliminazione dei lavori 'marroni' (in settori inquinanti, ndr) e un rinnovato diritto alla formazione durante l'orario di lavoro per prepararsi a nuove opportunità". Insomma, i sindacati europei non sono contenti, e neppure l'industria siderurgica, senza la quale ogni piano di riarmo e ogni velleità di autonomia strategica sono destinati a restare sulla carta. La Commissione sostiene di avere effettuato una valutazione d'impatto "approfondita", che nel pomeriggio è stata pubblicata: consta di cinque documenti, per un totale che supera di slancio le seicento pagine, come spesso capita con questo esecutivo. Per leggerle tutte, occorrerebbero almeno tre giorni. Effettuando una ricerca con il termine "jobs" nei cinque documenti, l'Adnkronos non ha trovato stime su quanti posti di lavoro verranno persi nell'Ue per via del nuovo target intermedio, né di quanti verranno creati, né in quanto tempo. L'agenzia ha chiesto lumi in merito alla Commissione ed è in attesa di una risposta. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Clima, Ue accelera taglio emissioni: sindacati in allarme
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