L’intervento/ L’auto investitura, la fine del ‘sogno’ dei Cinque Stelle e la crisi del PD

La politica attira sempre più spesso gli stessi e sempre meno gli altri; sembra una sintesi eccessiva e che non spiega, ma serve come premessa per capire quello che sta succedendo in Molise. Nei giorni scorsi abbiamo assistito all’auto-investitura’ per la prossima legislatura a Palazzo Vitale da parte dei due contendenti principali allo scranno maggiore di quella attuale: Donato Toma e Andrea Greco. Il primo ha già fatto intendere di non avere affatto intenzione di tirare i remi in barca al termine del mandato elettorale attuale, dando la disponibilità a replicare il ruolo di presidente della Regione Molise. La prassi è stata quella corretta, cioè mettendosi a disposizione della coalizione, ma facendo sapere che, in caso positivo, lui ci sarà. Naturalmente non è dato sapere quale decisione prenderà nel caso in cui il centro destra dovesse decidere diversamente, anche se i toni del suo discorso sono sembrati concilianti. L’esponente del Movimento Cinque Stelle, dal canto suo, ha voluto anche lui mettere le mani avanti dicendo in premessa la stessa cosa, cioè che intende ricandidarsi rimanendo a disposizione del movimento-partito, ma aggiungendo un’appendice dai toni meno distensivi: in ogni caso la guida della coalizione non deve essere del PD. E’ una posizione che francamente sorprende nella logica pentastellata dove i singoli di norma non dovrebbero mettere condizioni, ma piuttosto obbedire alle disposizioni collettive; quindi è un segnale politico chiaro. Ma non basta, perché il politico agnonese è andato oltre, facendo intendere che se la sua ‘conditio sine qua non’ non dovesse passare, lui potrebbe fare scelte alternative, compresa (aggiungiamo noi) quella di correre da solo o in compagnia ma in antitesi all’eventuale candidato del binomio PD-Cinque Stelle.

Donato Toma

Sarebbe una decisione dirompente in una sigla politica che è ‘diventata famosa’ per la collegialità, fino all’epurazione dei dissidenti e per l’utilizzo di termini (‘portavoce’ anziché consigliere, ‘cittadino’ al posto di elettore) che se da un lato sanno di vetusta rivoluzione, dall’altro sanciscono il sacrificio e la negazione di qualunque ipotesi di personalismo. La terza posizione politica è quella del PD dove si registra la spaccatura a seguito di divergenza (non è certo la prima) tra i due esponenti alla Regione: Vittorino Facciolla spinge per un accordo elettorale non limitato all’asse PD-Cinque Stelle, con una maggiore visibilità per i centristi, mentre Micaela Fanelli vuole la riedizione di quello che è stato definito asse giallo-rosso.

Andrea Greco

Ora le considerazioni: è legittimo che chi si sia speso in prima persona cerchi la riconferma: Big Gino, quando gli fu contestata la proposta, disse che chi riveste una carica ha quasi l’obbligo morale a ricandidarsi perché in caso contrario vorrebbe dire che si è lavorato male e semmai la sfiducia deve essere sancita in via ufficiale dai partiti. Il caso di Greco è differente per quanto detto finora e rientra in un percorso che vede il movimento fortemente ridimensionato rispetto ad inizio legislatura: i più ottimistici tra i sondaggi dicono che se si votasse adesso la rappresentanza parlamentare dei ‘gialli’ sarebbe non oltre la metà di quella attuale, con ulteriori ipotesi al ribasso. Ma è il crollo nell’immagine ad essere più grave e ancor più questo clima di ‘rompete le righe’ che aleggia nel movimento dove ognuno sembra fare quel che vuole e posizionarsi dove meglio crede. In sostanza la leadership nazionale non c’è più e si procede in ordine sparso, senza pensare alle conseguenze. E’ come se nel gioco ‘1-2-3: stella!’ si muovessero tutti anche dopo che il ‘penitente’ si è girato, infischiandosene di essere eliminati. Se sia un crollo momentaneo o l’inizio del tracollo generale lo sapremo solo vivendo.

Stefano Manocchio

Commenti Facebook