Un’ autonomia da difendere: Sindacato-partiti- governo

Ho iniziato a fare sindacato, in CISL, nel lontano 1977, il segretario generale era Luigi Macario, il congresso fu un congresso di rottura, una lotta all’ultimo voto tra Carniti e Marini, la componente Marini, minoranza, non entra in segreteria,   segretario generale aggiunto era Pier Carniti, poi Macario si dimise ,Carniti divenne segretario generale e Marini segretario generale aggiunto,quello è stato il momento di grande discussione,proposte e litigate.

Quella era l’epoca in cui il sindacato era simbolo di lotta, giustizia, solidarietà, oggi, per molti, è solo una sigla lontana, burocratica, autoreferenziale.

Viene spontaneo chiedermi, come siamo arrivati a questo punto nel sindacato? Come mai questo cambiamento della società in cui viviamo?

Vedo i lavoratori senza rappresentanza; è vero che il lavoro è cambiato, è diventato frammentato, incerto, solitario, con figure; freelance, rider, partite Iva, contratti a tempo, la figura classica del lavoratore che scende in piazza o sciopera con i colleghi è sempre più rara.

Il sindacato, non è riuscito a intercettare chi opera nel digitale, nei servizi, nella gig economy, i giovani lo vedono come un’entità distante, più legata al passato che al presente.

Il sindacato non rappresenta più l’idea di forza collettiva, di giustizia sociale, la retorica dell’individualismo ha preso il posto di quella della solidarietà, anche a livello mediatico e politico, la sua voce conta sempre meno.

Tarantelli, Biagi i nomi più famosi di quel gruppo di intellettuali che aiutavano a elaborare posizioni innovative e a creare le condizioni di un “potere contro potere”, come titolava la relazione e lo slogan di un Congresso della Cisl alla fine degli anni ’60, quello era il tempo in cui i sindacati erano attori centrali nel dibattito pubblico, oggi le loro mobilitazioni fanno meno rumore, hanno meno impatto, la loro immagine di soggetti combattivi ha lasciato spazio a figure integrate nel sistema.

Una certa collateralità tra sindacato e partiti c’è sempre stata, non mi scandalizza la nomina di Luigi Sbarra, a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Sud da parte del governo Meloni, di sicuro è un segnale forte.

Nei sindacati sono spariti i vecchi paradigmi novecenteschi: La Cgil,con percentuali misurate con il bilancino tra PCI-PSI-Ultra sinistra, la Cisl con riferimenti DC anche se non mi risulta che si sia mai attuata la politica del bilancino, la Uil tra PSI e PSDI-PRI oggi queste etichette sono sfocate e incapaci di descrivere l’attuale situazione sindacale.

La nomina di Sbarra non mi ha scandalizzato, quel che non mi è sembrato appropriato sono le dichiarazioni entusiastiche della nuova segretaria generale, questo segna un cambiamento molto profondo.

Il mio vecchio segretario generale con enfasi alla fine di ogni comizio ripeteva con enfasi, liberi da “Lacci e Lacciuoli” “autonomi da padroni, politici e governanti” lezione che quotidianamente ripenso ed è diventato lo slogan della mia vita sindacale, con tristezza constato che è diventato un “meticciato”.

L’autonomia del sindacato è diventata troppo fluida, si è mescolata ed è stata contaminata da una parte dello schieramento politico, come è successo con il referendum tra Cgil-PD.

In questo nuovo contesto,il concetto di “partecipazione”- fatta legge- cambia: è davvero inclusione o diventa strategia di potere?

Se è vero come ci dicono gli attuali governanti che da una parte cresce il Pil, dall’altra cala la disoccupazione, anche i salari dovrebbero salire ma questo non succede, al contrario si moltiplica la ricchezza dei ricchi.

La narrazione di governo, opposizione, e sindacato, sono parziali e orientate al consenso elettorale più che alla realtà, a volte una verità interessata, ripetuta troppe volte, diventa la-grande menzogna.

La partecipazione, tanto decantata dalla CISL e dal Governo rischia di essere solo un vuoto slogan, andrebbe costruita nel tempo, con politiche coerenti, inclusive, concrete, altrimenti resta solo vuota retorica.

Lo scenario globale non aiuta: guerre, instabilità geopolitica, crisi ecologica, sfiducia nella democrazia, le istituzioni internazionali perdono forza, il linguaggio del potere prende il sopravvento su quello del dialogo, all’interno delle democrazie occidentali, cresce la tentazione dell’autoritarismo, basta vedere la gestione della “RES Publica” da parte di alcuni stati definiti Democratici.

Il sindacato dovrebbe essere uno spazio di difesa democratica, per esserlo deve cambiare, rinnovarsi, rigenerarsi, come?

• meno burocrazia, più agilità.

• Ascoltare e cercare di rappresentare i nuovi lavori: precari, digitali, invisibili.

• Aprirsi al digitale: contrattare l’uso delle tecnologie per includere, non per rafforzare l’élite.

• Ripensare la rappresentanza: renderla più partecipata, più flessibile, più vera con più democrazia interna e costante difesa del modello democratico contrastando l’avanzata dell’autoritarismo.

Agire uniti: da giovane sindacalista ho sperimentato e sono rimasto affascinato dall’ esperienza vissuta nella zona Unitaria dell’appio tuscolano di Roma, oggi tutto il sindacato dovrebbe perseguire l’unità organica, o una vera unità d’azione,  di Giulio Pastore ricordo due cose:”i sindacati autonomi sono il frutto dei nostri errori” e “Marciare divisi, colpire uniti”.

Oggi più che mai servono risposte comuni, poiché si rischia di aumentare le disuguaglianze, accrescere il potere e il denaro dei ricchi.

Per tornare ad essere credibile, il sindacato deve recuperare la sua funzione storica: essere lo spazio dove il lavoro si riconosce, si organizza, si difende, dove si uniscono voce, dignità e speranza.

Alfredo Magnifico

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