Lo slogan più abusato dai politici: «Un milione di posti di lavoro»

Lo Promise Berlusconi, lo annunciarono anche Renzi, Conte e Salvini, per arrivare a Giorgia Meloni che ha scelto il congresso della Cisl per celebrare il suo giro di boa a Palazzo Chigi, ripetendo ancora una volta quel numero – «un milione di posti di lavoro» – e approfittando dell’anniversario tondo per lanciarsi pure nel calcolo delle medie giornaliere.

Spesso sono stati gonfiati i risultati realmente ottenuti o il politico di turno si è appiccicato medagliette di meriti che è impossibile provare.

Berlusconi lo aveva promesso nel 1994 al momento della sua discesa in campo, poi nel 2001, quando firmò a “Porta a Porta” il «contratto con gli italiani», tornò a poche settimane dall’insediamento del governo Meloni, quando a novembre 2022 Berlusconi annunciò una proposta per ridurre la burocrazia e creare, ancora una volta, più di «un milione di posti di lavoro..

Matteo Renzi ha sostenuto e sostiene invece che il Jobs Act, la riforma del lavoro del 2015 fatta quando era presidente del Consiglio, ha creato oltre «un milione di posti di lavoro». Il leader di Italia Viva ha ritirato fuori il numero di recente, per criticare l’ultimo referendum sul lavoro voluto dalla Cgil che non ha raggiunto il quorum.

Il leader del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte ha detto invece più volte che il Superbonus del 110 per cento ha creato «un milione di posti di lavoro».

Matteo Salvini nel 2019 prometteva che con la riforma delle pensioni “quota 100”, introdotta con il governo gialloverde Conte 1, in tre anni un milione di persone sarebbero andate in pensione “liberando” il posto per altrettanti giovani con una sostituzione perfetta uno a uno. 

In realtà, nessuna delle affermazioni o promesse regge alla prova dei dati di fatto; per il Superbonus, i numeri più affidabili parlano di 250mila posti di lavoro, per il Jobs Act, bisognerebbe tenere in considerazione anche gli incentivi alle assunzioni messi a disposizione dalla legge di bilancio di quell’anno, per la quota 100 di Salvini, il risultato è che meno di un pensionato di quota 100 su due è stato sostituito da un nuovo lavoratore.

Senza dimenticare poi che; vale per tutti il principio secondo cui non è un decreto, una riforma o un bonus a creare lavoro, o si può dire che è un ragionamento semplicistico affermare che ci sia correlazione di causa-effetto tra l’aumento complessivo del numero degli occupati in un determinato periodo e una riforma del lavoro.

Guardando i dati Istat sulle forze lavoro, vediamo che gli occupati a ottobre 2022, quando si è insediato il governo, erano circa 23,7 milioni, mentre a maggio 2025, ultimo dato disponibile, sono 24,3 milioni.

Il calcolo, su per giù, è esatto. dei nuovi posti di lavoro, nell’ultimo anno oltre mezzo milione (572 mila) sono per gli occupati over 50, mentre i 35-49enni hanno perso 120mila lavoratori e i 25-34enni ne hanno guadagnati solo tremila.

Il trend comunque è in crescita, anche se ha rallentato negli ultimi mesi, i posti di lavoro crescevano anche prima che si insediasse Meloni, prima crescevano soprattutto tra i giovani.

A febbraio 2021, quando Mario Draghi arrivò a Palazzo Chigi, gli occupati erano 22,1 milioni, un anno e otto mesi dopo, quando passò la campanella a Meloni, erano oltre un milione in più, Draghi non ha mai rilanciato lo slogan berlusconiano, Draghi non fece una riforma del lavoro, fu un effetto del rimbalzo economico dopo lo stop del Covid, con la crescita dei posti di lavoro tra giovani e giovanissimi.

Alfredo Magnifico

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