L’intervento/Scatta l’allarme; lavoratori “introvabili” da qui al 2026

La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro continua nel trasmettere la lagna e lancia l’allarme, i posti di lavoro ci sono, ma non si trova il personale.

Dai dati riportati si nota il disallineamento tra domanda e offerta; infatti a fronte di un fabbisogno di circa 50mila lavoratori stagionali, il 46% non è reperibile sul mercato, circa 22 mila lavoratori.

La carenza di profili traccia un orientamento che tendenzialmente orienterà il mercato del lavoro nei prossimi mesi e che potrebbe determinare la carenza di un milione e 350mila lavoratori entro il 2026, a fronte di una richiesta di 4,3 milioni di posti da occupare, secondo loro; il lavoro che c’è, i lavoratori che non ci sono.

Ma è proprio vero che mancano figure professionali in questi settori? sarebbe bello avere un luogo in cui discutere con i PADRONI del perché queste figure sono diventate introvabili e perché gli italiani si allontanano dall’impiego.

La carenza di lavoratori della ristorazione come camerieri, cuochi, pizzaioli e addetti agli stabilimenti balneari rappresenta una fetta importante di un fenomeno più diffuso, lo stesso problema si diffonde anche tra gli altri profili non legati alla stagione turistica estiva, come operai edili (16mila posti vacanti), autotrasportatori (15mila posizioni libere), addetti alle pulizie (oltre 14mila posti di lavoro liberi) e tecnici specializzati (mancano all’appello quasi 13mila lavoratori), risulta alquanto difficile reperire risorse.

Le motivazioni sono complesse da classificare, a causa dei differenti elementi che lo determinano:

·        La terziarizzazione ha reso i dipendenti di ristoranti, alberghi, bar; camerieri, cuochi, pizzaioli e addetti agli stabilimenti balneari,personale usa e getta, senza sicurezza,senza formazione,senza una degna retribuzione,senza un affezione al lavoro in poche parole questo settore è stato sderenato e svuotato di persone e professionalità.

·        L’elemento demografico: tra il 2018 e il 2021, la popolazione in età da lavoro (15-64 anni) si è molto ridotta, con un calo di 636 mila residenti, di cui 262 mila under 35 (-2,1%).

·        La diminuzione della componente attiva di chi ha un lavoro e lo cerca (-831 mila, una flessione del 3,3%) ed è cresciuto, invece, il numero di quanti non cercano un impiego o sono demoralizzati nel farlo (+194 mila, un aumento dell’1,5%).

L’ allontanamento dal lavoro ha diversi motivi: il rifiuto di lavori poco remunerati,cooperative spurie utilizzate da Padrini che oggi piangono la carenza di persone disponibili,lavoro sottoremunerato o addirittura in nero, forse l’aumento di chi percepisce sussidi pubblici e in ultimo la semplice metamorfosi delle priorità di vita, che ha portato gli italiani a prediligere il benessere individuale.

Occorrerebbe il ritorno ad una legge quadro come quella che già esisteva e qualche caprone di turno ha cancellato che inserisca una piattaforma per rendere più trasparente il rapporto ristoratori-personale.

Secondo un rapporto della Fipe, negli ultimi due anni sono 45 mila le imprese della ristorazione che sono scomparse e circa 300mila i lavoratori che hanno perduto il proprio impiego.

Lavorare in questo comparto una volta,partendo dal basso c’era la speranza di fare carriera,nella mia lunga esperienza sindacale ho conosciuto lavapiatti che sono diventati direttori d’albergo o capiricevimento oggi viene considerato da molti un momento di passaggio poichè non garantisce crescita professionale, anche per via del fatto che non esiste più la meritocrazia o il proprietario che valutava,ma tutto è finito nelle mani di fondi di investimento,non ultimo la scelta di assumere e far lavorare spesso in nero.

Le attività, pur di sopravvivere, si accontentano di lavoratori poco formati e disponibili nell’immediato e i lavoratori, pur di guadagnare, accettano condizioni lavorative piuttosto precarie.

Servirebbe un salto triplo mortale all’indietro, nel turismo, nell’ospitalità e nella ristorazione, ritornare a formare per cambiare la situazione e aiutare chi lavora in questi ambiti a qualificare le proprie professioni, garantire  contratti equi e soluzioni ottimali per entrambe le parti al fine di garantire il benessere di tutti gli attori coinvolti, marciare su tre principi chiave come etica, sostenibilità e innovazione e rendere meno complesso l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Sintonizzare le scelte che verranno prese in futuro riguardo i contratti del settore, migliorando il rapporto tra i due attori coinvolti.

L’obiettivo è il ritorno a far riconsiderare il lavoro nella ristorazione non come una parentesi lavorativa, ma come una carriera vera e propria.

Alfredo Magnifico

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