Lavoro e Rappresentanza. L’intervento di Alfredo Magnifico (Confintesa)

Nello stesso giorno delle manifestazioni di piazza, sono uscite le anticipazioni della relazione presentata dal garante sullo sciopero prof. Giuseppe Santoro Passarelli alle camere nella quale individua gravi colpe nelle troppe sigle sindacali, con poca rappresentanza che danneggia l’utenza, ma è proprio così o ci sarebbe bisogno di una smossa in quei sindacati che storicamente hanno la pretesa di rappresentare l’intero mondo del lavoro ma oggi sono come pachidermi moribondi?

Ho la stessa formazione culturale del Prof Passarelli,non voglio contestare la sua tesi,ma la storia insegna che chi oggi ha la pretesa di voler rappresentare il mondo del lavoro a sua volta è stato autonomo, basta pensare alle  scissioni della CGIL che diedero vita alla CISL prima e alla UIL successivamente, lo stesso Pastore definì la nascita dei sindacati autonomi:” figli dei nostri errori”.

Negli anni Ottanta si lanciò l’esperimento di una unità sindacale, io fui chiamato ad occupare un posto nella segreteria unitaria in una circoscrizione di Roma grande quanto una media provincia italiana,fu una bella esperienza che avrebbe dovuto dare l’avvio ad un processo unitario che non si è mai realizzato,agli storici il giudizio,oggi, forse, il processo di unificazione della rappresentanza del mondo del lavoro andrebbe ripensato.

È difficile parlare di lavoro e di lavoratori e non pensare al sindacato e al ruolo che ha svolto e svolge nel nostro Paese.

Negli ultimi vent’anni il mondo del lavoro si è radicalmente trasformato, il sindacato no, anche il sindacato dovrebbe cambiare, perché se non cambia è condannato ad accentuare il declino che sta registrando da un pò di tempo.

Per farlo, deve affrontare due grandi problemi; rilanciare una forma democratica al suo interno, oggi inesistente; tutto accade per cooptazione e per scelta dei gruppi dirigenti,” si cercano servi si ammazzano i serbi”,questo  non aiuta il processo di rinnovamento.

Belli gli scontri in Cisl tra tesi 1 e tesi 2,che teste Marini e Carniti trovarono una sintesi e guidarono la CISL verso successi strepitosi poi ……..

Ha preso il sopravvento la Burocrazia, ora l’imperativo sarebbe “sburocratizzare” attraverso una riduzione consistente dell’apparato, senza la quale si restringe ancora di più la reale partecipazione dei lavoratori alla vita sindacale e non continuare a soggiacere ai ricatti dei pensionati veri detentori del potere economico delle tre organizzazioni.

Oggi, in Italia,con la caduta del muro di Berlino con la fine dell’ideologia, non esistono più ragioni che legittimano l’esistenza di tre sindacati confederali, occorrerebbe stimolare la creazione di una confederazione unitaria dei lavoratori italiani, sul modello del sindacalismo internazionale,con il rispetto di tutte le esperienze,senza leoni né agnelli, passaggio necessario per semplificare e ringiovanire il sindacato.

Il sindacato deve offrire un’immagine positiva e ideale di sé e delle sue battaglie, in maniera tale che i giovani possono trovare interessante iscriversi e impegnarsi nel mondo sindacale.

In mancanza di un reale cambiamento culturale, di mentalità e di visione, il sindacato rimane una struttura burocratica che offre servizi, ma non è in grado di proporsi come una forza attiva e propulsiva nella società.

Il declino del sindacato è dovuto oltre che al calo degli iscritti, anche al crollo del ruolo politico e di coagulo delle incazzature dei lavoratori, ed ha sempre giocato nel Paese, a partire dalla fase di ricostruzione degli anni ’50, fino agli anni ’60 e 70, quando ha giocato un ruolo di democratizzazione e conquiste che ha portato allo Statuto dei lavoratori, nell’epoca della società digitale.

Il sindacato deve provare a riacquisire la capacità di costruzione del suo ruolo e delle modalità operative, comprendendo e intercettando i nuovi bisogni della società.

Quello che oggi manca nei vertici sindacali è quella spinta che nel Sessantotto generò l’ “utopia” di un mondo migliore e di una società più equa,unendo i due mondi lavoro e cultura, che insieme provarono a creare una società che realizzasse sogni e utopie e avesse una visione, una tensione verso qualcosa che ancora non esiste ed ha smarrito il tema del; si vuole si può fare, ovvero, quella capacità di immaginare qualcosa di diverso: io non so cosa sarà, ma nonostante i miei quarantatrè anni di sindacato mantengo la tensione verso un mondo migliore e lotto affinché si realizzi.

Il ruolo del sindacalista non è quello di amministratore di società o di piccolo-grande burocrate: ma ha il dovere-piacere di mantenere viva l’utopia e la tensione al cambiamento, solo così, alimentando una visione autonoma, il sindacato può continuare a influenzare la politica.

In un anno di sindacalismo autonomo,nonostante le difficoltà pandemiche, nelle vertenze che ho gestito mi sono reso conto che questo è possibile, anche se la politica o i politici hanno perso il contatto con l’elettore ed anche essi oggi sono lontani anni luce dalla gente che rappresentano.

Il mercato del lavoro in Italia sta vivendo grandissimi stravolgimenti; frammentato, parcellizzato, precarizzato tra i lavoratori sono cresciute le soggettività a scapito della collettività, sono cresciuti i neet, questa realtà sembra renda molto più complicato il lavoro del sindacato ma allo stesso tempo più cogente e con l’esigenza di stare sempre di più sul pezzo.

Occorre acquisire una nuova capacità attrattiva in grado richiamare le miriadi di lavoratori individuali per unirli in un progetto condiviso, oggi è possibile, perché nel mondo del lavoro è connaturata una certa “solidarietà spontanea” tra lavoratori che condividono le stesse mansioni, serve ricreare uno spirito di amicizia e di empatia che lega l’uno all’altro per la conquista dei diritti comuni.

Bisogna riaffermare che il lavoro non è solo questione di salario, quindi non deve avere un riconoscimento solo in termini economici, c’è anche una questione di potere nel lavoro, anzi, di redistribuzione del potere è necessario ridurre il potere degli azionisti, per aumentare quello dei lavoratori, perché sono coloro che apportano alla dimensione economica il valore aggiunto, il “di più” che serve alle imprese.

Per il nostro Paese è importantissimo avere un sindacato e una società civile mobilitante, che siano portatori di un costante stimolo al cambiamento, che spronano la politica a progredire.

 “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” proclama la Costituzione all’articolo quel che intendevano i Padri costituenti è chiarissimo, il lavoro non è solo produzioni di beni e servizi, ma è un’attività umana alla quale ogni cittadino è chiamato per far crescere la Repubblica. Con la radicale trasformazione digitale che stiamo vivendo, certamente le modalità di lavorare sono cambiate, ma quello che non è mutato è la chiamata di ciascuno di noi a contribuire attivamente, attraverso il lavoro, alla creazione di una ricchezza che, però, dovrebbe essere distribuita a tutti e non accumulata nei forzieri di pochi,e qui Papa Francesco Docet.

Alfredo Magnifico

Segretario generale

Confintesa Smart 

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