Il nuovo rapporto Oxfam fotografa la situazione delle disuguaglianze economiche in Italia, la parte più ricca della popolazione continua ad arricchirsi, mentre quella più povera non vede miglioramenti, anzi, nonostante l’aumento dell’occupazione si trova nella stessa situazione, con aiuti più limitati e, per chi lavora stipendi fermi da anni, come in tutto il mondo, le diseguaglianze economiche aumentano.
Il 10% delle famiglie più ricche, hanno una ricchezza pari a più di otto volte quella della metà più povera, anzi, il 5% più ricco possiede quasi la metà (il 47,7%) della ricchezza nazionale, ben più di quanto abbia complessivamente il 90% più povero, nel 2010 questa fetta di popolazione aveva il 52,5% della ricchezza nazionale, a metà 2024 è arrivata al 59,7%, dopo un picco del 59,9% a fine 2023, la parte più povera delle famiglie italiane, ha nel complesso il 7,4% della ricchezza nazionale, nel 2010 era l ‘8,3%.
La situazione peggiora da anni, c’era stato un periodo di ripresa tra il 2017 e il 2020, quando le due percentuali si erano leggermente riavvicinate, poi l’allontanamento è ripreso.
Nel 2024, i miliardari italiani hanno guadagnato 61,1 miliardi di euro, in media 166 milioni di euro al giorno, circa 116mila euro al minuto, il loro patrimonio complessivo, a metà 2024, era di 272,5 miliardi di euro nelle mani di 71 persone, in alcuni casi si tratta di ricchezze costruite in prima persona, Oxfam riporta che, “il 63% della ricchezza miliardaria in Italia è frutto di eredità”.
Nel 2023 la povertà assoluta è rimasta stabile: circa 5,7 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà; non possono comprare i beni e i servizi essenziali per sopravvivere, nonostante l’occupazione italiana sia aumentata, come la presidente del consiglio ad ogni apparizione non manca mai di ricordare, restano i “problemi strutturali”.
I salari rimangono stagnanti, infatti il salario medio annuale reale non cresce da trent’anni, anche se, tra il 2019 e il 2023 gli stipendi sono aumentati sulla carta del 6-7%, nello stesso tempo, con l’inflazione galoppante i prezzi sono saliti del 17-18%, per non parlare delle tariffe luce-gas, assicurazioni etc mentre i salari hanno perso potere d’acquisto.
L’andamento positivo del mercato del lavoro nel 2023 non ha comportato la riduzione dell’incidenza della povertà assoluta”, anche a causa dell’inflazione, hanno pesato come un macigno sulle spalle della povera gente non solo il “rallentamento dell’economia nazionale”, ma anche le misure contro la povertà introdotte allegramente dal governo Meloni.
Il nuovo Assegno di inclusione, ha ridotto le famiglie beneficiarie del 37,6% rispetto al Reddito di cittadinanza.
Il Supporto formazione e lavoro, è servito a dare ai suoi beneficiari “una lenta transizione dall’occupabilità alla disperazione”.
Per combattere la povertà nel 2025 occorrerebbe:
· ripensare le misure di contrasto a povertà ed esclusione lavorativa creando un “reddito minimo” per “chiunque si trovi in difficoltà”.
· introdurre un salario minimo con politiche industriali che favoriscano la buona occupazione.
· abrogare l’Autonomia differenziata, che appiani i divari nella disponibilità e fruizione di servizi pubblici, marcatamente differenziati a seconda del territorio di residenza.
Alfredo Magnifico