In Italia 3,3 milioni di lavoratori nel sommerso, chiudono gli artigiani proliferano gli abusivi

La CGIA di Mestre afferma che in periodo di Coronavirus molte attività commerciali e artigianali in questi giorni sono chiuse e questo ha favorito i laboratori abusivi e in nero.

Secondo la CGIA molti hanno approfittato della chiusura totale imposta a estetiste, acconciatori e alla difficoltà di trovare artigiani che sono disponibili solo per le urgenze, non per gli interventi ordinari, si tratta ,dell’associazione degli edili, dei pintori, degli elettricisti, dei fabbri, degli idraulici, dei manutentori di caldaie che in questi giorni stanno subendo una concorrenza sleale aggressiva.

La Cgia ricorda che, secondo l’Istat, i lavoratori “invisibili” in Italia sono 3,3 mln.

A ‘usufruire’ buona parte dei 78,5 miliardi di fatturato in nero, per la Cgia, è il Mezzogiorno. A fronte di poco più di 1.250.000 occupati irregolari (38% del totale Italia), al Sud il valore aggiunto dato dall’economia sommersa è di 26,8 mld (34%).

La realtà meno investita dal fenomeno è il Nordest: qui è pari a 14,8 mld. Per la Cgia si tratta prevalentemente di lavoratori dipendenti che fanno il secondo/terzo lavoro, cassaintegrati o pensionati che arrotondano o disoccupati. In Campania, Calabria e Sicilia il lavoro nero è piu’ diffuso; oasi felici Aosta, Veneto e Bolzano.

Secondo le stime Istat relative al 2017 (ultimo anno per cui i dati sono disponibili), in Calabria il tasso di irregolarità è del 21,6% (136.400 irregolari), in Campania al 19,8% (370.900), in Sicilia al 19,4% (296.300), in Puglia al 16,6% (229.200) e nel Lazio al 15,9% (428.100). La media nazionale è del 13,1%. Le situazioni più virtuose sono nel Nordest. Se in Emilia Romagna il tasso di irregolarità è al 10,1% (216.200), in Valle d’Aosta è al 9,3% (5.700), in Veneto al 9,1% (206.500) e nella Provincia autonoma di Bolzano al 9% (26.400).

Alfredo Magnifico

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