I generi di prima necessità, ancore per l’economia

di Massimo Dalla Torre

Pane, pasta, verdure, latte, carne tutti generi di prima necessità facilmente reperibili nei frigoriferi di ognuno di noi. Generi alimentari che costituiscono la base dell’alimentazione di cui difficilmente possiamo fare a meno almeno che non si sposino religioni in cui questi alimenti sono aberrati. Alimenti che quotidianamente vengono acquistati da milioni di persone ogni qualvolta si recano a fare la spesa per approvvigionare la dispensa di casa. Alimenti che grazie ai continui martellamenti della pubblicità sono divenuti il tormentone quotidiano.

Insomma elementi che sono entrati a far parte prepotentemente della nostra vita di ogni giorno. Eppure le cose che apparentemente potrebbero, uso il condizionale, potrebbero essere gesti di routine nascondono problemi che investono l’intero sistema economico-produttivo. Un sistema che da molto tempo deve fare i conti con una parola che entrata nell’uso comune “Inflazione”.

Molti sicuramente non ne conoscono il significato e del resto non crediamo che, pur conoscendolo le cose possano cambiare, perché proprio per l’altalenante inflazione molti prodotti subiscono l’impennata dei prezzi. I quali ci costringono spesso e volentieri a rinunciare molte volte ad acquistare questo o quel genere alimentare perché inavvicinabile. Tutto qui? Potreste obiettare. Pazienza non è necessario che si rifornisca il frigorifero con quantitativi industriali di questi generi.

Invece non è così, perché se da un lato è vero che non tutti i giorni ci si deve recare al mercato o al supermercato per fare acquisti dall’altro il saliscendi dei prezzi ci riguarda a tutto tondo perché siamo un Paese la cui economia è basata essenzialmente sull’agricoltura. Un settore che per secoli è stato l’unico mezzo di sostegno delle nostre popolazioni. Del resto non scopriamo nulla di nuovo, perché se si leggono i blog di presentazione della quasi totalità delle regioni che compongono il nostro Paese, l’agricoltura occupa la piazza d’onore.

Un posto che ci permette di essere competitivi a livello mondiale. Un posto che ci consente di essere all’avanguardia quando si parla di sperimentazione sul campo. Un posto che da anni fa quadrare i bilanci. Un posto che ci permette di sedere ai tavoli più rappresentativi. Se però da un lato tutto questo torna a nostro vantaggio, dall’altro non pochi sono i problemi legati a questo mondo. Un mondo in continua espansione.

Un mondo in cui gli equilibri sono talmente instabili e labili in cui anche il più piccolo scossone potrebbe causarne il tracollo. E lo scossone non si è fatto attendere. Ecco che a fare concorrenza al prodotto italico, sono arrivati i cosiddetti surrogati che hanno preso piede causando veri e propri sommovimenti. Sommovimenti che prima o poi necessitano di una calmierizzazione del settore che, vistosi stretto alle corde, invoca a gran voce provvedimenti che possano tutelarne l’immagine.

Per questo la scesa in campo di Regioni, Provincie, Comuni, Comunità Montane, Enti, Associazioni di categoria che hanno fatto un fronte comune pur di salvaguardare un qualcosa che ci appartiene da sempre. Un qualcosa, che sempre di più entra a far parte, anzi è l’animus di molti documenti programmatici che rappresentano l’ossatura del tessuto economico di moltissime realtà che spaziano da quelle nazionali a quelle prettamente locali.

Ossatura che costituisce la base per il rilancio di branche come la zootecnica, l’irrigazione, la silvicoltura, la sperimentazione animale ed arborea. Branche che sono da salvaguardare ad ogni costo anche se si deve ricorrere a sacrifici, ci auguriamo non estremi. Branche che da sempre grazie al lavoro ai fianchi di chi ci si dedica con passione permette di mantenere intatte alcune priorità acquisite, specialmente se si pensa che oggi il posticcio ha soppiantato, in nome del dio danaro, quello che un tempo era considerato il pane quotidiano. A questo punto potremo fermarci, anche perché non essendo a conoscenza dei meccanismi che regolano gli equilibri interni in questo settore, rischiamo di ingenerare confusione su confusione.

Consentiteci però una chiosa. Guardate con attenzione i numeri, perché anche se possono apparire astrusi, sono i migliori indicatori che permettono un confronto su quello che è giusto e quello che errato. Indicatori che indicano la correzione del tiro che in questi casi è quanto mai essenziale se si vuole veramente mettere il cosiddetto paletto di metà opera. Indicatori che al di la che sono le singole posizioni, espresse dalle varie anime, mettano tutti d’accordo su di un problema che ci vede coinvolti esperti e non, consumatori e produttori, grandi e piccoli distributori.

Un problema che all’atto di pagare non ci lasci di stucco e senza parole e che non ci costringa prima di recarci al mercato a fare i conti, quelli veri, quelli della massaia un tempo scritti sulla carta azzurra o paglierina dei maccheroni e che ora ci vedono tutti concordi nell’affermare ma se si continua così dove andiamo a finire?.

La risposta a questo quesito è difficile perché è difficile comprenderne la ratio che pone sul piatto della bilancia due questioni che apparentemente possono sembrare scollegate. Una la sopravvivenza, l’altra è giusto alimentare un qualcosa che ci è sfuggito dalle mani? Anche perché se si continua così fra un po’ i generi che un tempo erano considerati poveri si rischia di trovarli nelle vetrine più eleganti e questo non è accettabile. Altro non aggiungiamo a voi le  conclusioni 

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