Eco -agricoltura? Solo per pochi

C’è il serio rischio che gran parte dell’agricoltura italiana possa incappare in un disastroso KO finanziario. E questo perché la Commissione Europea pensa di accentrare la maggior parte degli investimenti finanziari pubblici e privati sulle cosiddette attività sostenibili in stretta correlazione col Green New Deal (Nuovo Patto Ambientale)

In breve, non è altro che un modo di classificare le imprese agricole con una sorta di “certificato verde” in base al loro “impatto climatico” o, meglio, in base ad una scala di inquinamento prodotto. Se così fosse, potrebbe essere una vera catastrofe per le piccole e medie imprese.

Il “piatto” preparato da Bruxelles non è altro quello di focalizzare sulle aziende “più green” le grandi somme che mette annualmente a disposizione, circa 300 miliardi di euro, viste nell’ottica di investimenti finanziari eco-sostenibili che, grazie anche al Regolamento comunitario n. 353 del maggio 2018 favorisce tali investimenti.

Ad oggi, si stanno già muovendo. Sono i financial player ( giocatori finanziari). Appartengono a società finanziarie quali EPAP (imprese di assicurazioni ed enti pensionistici aziendali o professionali); OICVM (società di gestione de organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari); GEFIA (fondi di investimento alternativi); EuVECA ( fondi europei per il venture capital); EuSEF ( fondi europei per l’imprenditoria sociale); per finire a banche assicurazioni e Sim (società di intermediazione mobiliare).

Per quanto venuto a conoscenza potrebbero rappresentare il futuro delle masse dei fondi comuni europei che si catapulteranno nel settore agricolo. Un immane fiume di denaro.

Il mondo agricolo, quello vero, invece, starà a guardare; come sempre ne sarà fuori, visto che manca di quella liquidità (magri o inesistenti redditi), utile a modernizzare le proprie aziende.

Approfondendo il tema emergerebbe un vero e proprio “crivello a griglia stretta” che condizionerebbe sia le modalità di finanziamento che i futuri investimenti.

Ad esempio, è richiesta una relazione, per ogni azienda interessata, di un Piano di Sostenibilità (Farm Sustainability Plan) che dovrà essere sottoposta a verifiche di terze parti.

Nello specifico: 

– s’impone che almeno il 10% della superficie agricola aziendale venga destinata a verde improduttivo e paesaggio;

– si vietano fertilizzanti di categoria 3, gli organominerali, sebbene siano consentiti nel biologico;

– si vieta il ricorso al letame.

Senza pensare agli  investimenti da fare (acquisto di trattrici meno inquinanti, di  attrezzature che con un minor numero di lavorazioni preparano il terreno, etc.), con questi paletti la conclusione è semplice:  si vuole imporre un nuovo ed anomalo modello di agricoltura e, di più, “canalizzare” i finanziamenti del Recovery Fund (Fondo di Recupero) solo su una parte di progetti megalomani, a discapito dei piccoli e medi agricoltori che, forse, pur in graduatoria risulterebbero sempre fuori dall’elenco (e di esempi ce ne sono a iosa come nei PSR, Piani di Sviluppi Regionali).

Ultima notizia.

Nel capitolo dedicato alla “transizione green” del Recovery fund-Plan, il Governo italiano, è di pochi giorni fa la notizia, ha tagliato già quasi 5 miliardi di euro. Le risorse previste già scendono da 74 a 68,9 miliardi. E non ancora si inizia!

Detto contadino: Se il sole si vede dal mattino……

Conclusione.

Molti non hanno ancora afferrato il concetto di quanto si deve all’Agricoltura, settore indispensabile per la vita dell’essere umano. Dovrebbe essere al vertice della piramide per importanza quale filiera della vita invece è, invece, posta all’ultimo gradino della medesima. Peggio gli operatori, se ne servono per poi “pagarli” con redditi che umiliano la stessa dignità umana.

Giorgio Scarlato

Commenti Facebook