Cresce l’occupazione, ma il mercato del lavoro resta pieno di falle

I numeri Istat sull’andamento del mercato del lavoro usciti nel mese di Novembre, evidenziano una crescita con 285mila occupati in più rispetto a novembre 2018 e portano il dato occupazionale a 23,5 milioni di occupati, il 59,4%, numero mai raggiunto nelle serie storiche analizzate dall’Istat, a partire dal 1977, con le metodologie uniformate a livello europeo, questi numeri fanno intravvedere un’ andamento ottimistico con il record di occupazione e  occupati, con una crescita di rapporti di lavoro a ritmi superiori rispetto all’economia, con il boom di lavoro femminile e a tempo indeterminato.

A novembre la crescita di occupati e stata di un +41mila che fa recuperare gli andamenti negativi dei due mesi precedenti e riporta in positivo (+18mila) l’andamento trimestrale, livelli che superano di oltre 300mila gli occupati del 2008, l’anno precedente la crisi economica, questa crescita di occupazione si rivela, con caratteristiche diverse dal passato.

La prima caratteristica è rappresentata dalla crescita dei rapporti di lavoro dipendenti (+325mila unità) che compensa la costante diminuzione di autonomi e partite IVA, sull’ultimo decennio, la crescita è di circa un milione di nuovi occupati.

Il calo del lavoro autonomo è dovuto alla trasformazione dei rapporti di co.co.co in lavoro dipendente per effetto delle limitazioni introdotte dalle normative per l’utilizzo dei collaboratori, alcuni fattori legati alle trasformazioni del commercio e delle professioni fanno intendere che tale tendenza è tutt’altro che esaurita.

La crescita positiva dei rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato avvenuta nel corso dell’ultimo anno (+283mila), va interpretata con giudizio, essendo congiunturalmente influenzata dall’effetto degli incentivi messi a disposizione delle imprese per trasformare i rapporti a termine in rapporto a tempo indeterminato, da analisi fatte sulla consistenza di tali incentivi, nel medio e lungo periodo, dimostrano che esaurito l’effetto iniziale, la percentuale dei rapporti a termine, sul totale dei rapporti di lavoro dipendente, tende a riportarsi ai livelli precedenti alla loro introduzione.

La crescita degli occupati riguarda per oltre il 70% i comparti dei servizi in particolare: alberghiero, ristorazione, turismo e lavoro domestico, caratterizzati da domanda di servizi e da organizzazioni del lavoro estremamente variabili e da elevata mobilità del lavoro. In questi settori, oltre che in agricoltura e costruzioni occorre assicurare ai lavoratori un contratto e un salario contrattualmente regolare rappresenta un’assoluta priorità che precede anche la tradizionale valutazione della congruità del lavoro a termine o a tempo indeterminato.

Gli effetti sono; costante espansione dei rapporti di lavoro a tempo ridotto e relativa stagnazione di salari e redditi effettivamente percepiti, documentati nelle rilevazioni trimestrali e annuali dell’Istat.

Ultima considerazione va riservata alle trasformazioni in atto nell’occupazione di genere e di età; il recupero dell’occupazione femminile è costante, anche se il tasso relativo rimane molto distante dalla media europea, nell’ultimo anno due terzi dei nuovi occupati sono donne e la tendenza è destinata a proseguire con l’espansione dei settori dei servizi e con l’ingresso delle nuove generazioni.

Prosegue la caduta di occupati nella classe di età tra i 35 e i 49 anni (-128mila nell’ultimo anno), penalizzata dal lento ricambio generazionale (+118mila under 34 anni) e dall’incremento di 296mila over 50, che sta avvenendo da tempo a tassi superiori a quello dell’incremento dell’occupazione.

Gli effetti dell’impatto demografico sulla popolazione attiva, e dell’invecchiamento della stessa, possono essere corretti solo con interventi di medio lungo periodo. Tuttavia l’anno che è appena iniziato prospetta un potenziale incremento dei livelli di ricambio generazionale con la riapertura delle assunzioni nella Pubblica amministrazione.

Sul fronte dell’industria manifatturiera e delle esportazioni, si stanno addensando nubi minacciose collegate alla riduzione della produzione industriale, alle difficoltà insorgenti nell’economia tedesca e per l’effetto della guerra sui dazi.

Tutti fattori che generano incertezze che si possono riflettere anche sui consumi delle famiglie e sul complesso delle attività economiche. E con effetti che, purtroppo, possono accentuare le criticità del nostro mercato del lavoro.

Alfredo Magnifico

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