L’Opinione/Dobbiamo credere al rilancio del Molise?

di Massimo Dalla Torre

La domanda potrebbe sembrare scontata, visto che da più parti si parla della necessità di un rilancio a trecentosessantagradi di questa terra. Una realtà che pochi conoscono. La quale spesso e volentieri è snobbata da chi ci considera, anzi non ci considera, perché ci giudica sterili e non produttivi. Una realtà che è invece propositiva e che offre a chi sa cogliere l’occasione quello che altri giudicano arduo e di difficile applicazione. In questi periodi che si sta cercando di ridare un volto credibile al Molise la domanda che abbiamo utilizzato quale titolo, è tornata prepotentemente a ridondare in attesa di risposte e non di chiacchiere gettate al vento. Una domanda che, se ci si sofferma a pensare seriamente sul ruolo che cerchiamo di giocare a certi livelli, è più che mai pertinente. Una domanda che, al di là dei soliti localismi, che sanno di provincialismo becero, mostra come i dubbi potrebbero lasciare a breve spazio alle certezze e questo è bene per chi vuole intraprendere esperienze propositive: ecco il perché l’aberrazione ai localismi che remano contro lo sviluppo e di conseguenza per il rilancio tanto invocato da chi lavora attivamente sul campo. Localismi che sono il volto più deleterio del provincialismo, da cui siamo affetti nostro malgrado causa i legami a vecchie concezioni politiche il cui filo conduttore è il clientelarismo. Localismi in cui ci siamo abbandonati perché “il pietismo” fa gioco senza sapere che chi intraprende iniziative fuori dalla consuetudine prima o poi viene ripagato degli sforzi intrapresi. Eppure, nonostante questi segnali, c’è ancora qualcuno che cerca in tutti i modi di allontanare il concetto di crescita che si paga a caro prezzo e di conseguenza è meglio rimanere “astanti alla tavola dei poveri”. Una condizione che cozza violentemente con quello che è l’animus ispiratore dello sviluppo, specialmente ora, in cui tutto è estremamente dinamico e necessita l’input giusto per il rilancio in tutti i campi della ventesima regione d’Italia. Piangersi addosso non serve perché è quanto mai rischioso. Molti guardano con interesse a quello che lo sviluppo porta. Molti s’inerpicano su sentieri giudicati dai “parrucconi” che ancora imperano in Molise non sicuri. Molti hanno capito che se si vuol crescere bisogna abbandonare “il vecchio modo di costruire” e il Molise e i suoi operatori economici e non forse hanno iniziato a crederci.

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