#corpedelascunzulatavecchia/ Dù is meglie che uan

E’ una mia foto di qualche anno fa. Siccome mamma mi dice che sono bello…..

Non riesco a trovare il titolo, inizio a scrivere e poi si vede. Il titolo l’ho trovato, l’ho trovato alla fine di questo scritto.

Intanto, e già è una cosa, so di cosa vorrei parlare/scrivere oggi: della (non)partecipazione degli eletti alle assemblee cui sarebbero, nel senso che SONO, stati eletti. Uso il condizionale per stigmatizzare ancora di più la cosa, ma mi spiego meglio: quando una persona viene eletta (Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, Consiglio Regionale, ma anche Consiglio Comunale) nell’immaginario, perché noi popolino viviamo dell’immaginario delle (quasi) favole, nell’immaginario, dicevo, ci sarebbe la partecipazione alle assemblee di riferimento. Fosse anche quella di condominio mi sembra doveroso partecipare.

La partecipazione è dovuta al rispetto che gli eletti dovrebbero portare nei confronti delle persone che li hanno votati. Sono stati votati per portare la voce del popolo, parola comunista che dà molto fastidio agli eletti, nelle assemblee dove si decide, invece, alle volte, la sola voce che arriva è quella nostra nelle assemblee di condominio ma per chi abita in campagna come me, nemmeno quella.

Andiamo avanti con un esempio: la cosa che secondo me è una delle cose più ridicole quando si parla di democrazia e trasparenza, è rappresentata, sempre secondo me, dalle interrogazioni parlamentari a risposta diretta, in onda il mercoledì dopo pranzo su Rai tre. In pratica, come saprete tutti, i parlamentari pongono delle domande su vari tempi ai Ministri o al presidente del Consiglio e l’interrogato di turno risponde. In paesi normali potrebbe/dovrebbe essere il massimo della trasparenza e della democrazia, non credo in Italia. Intanto mentre si svolge l’incontro continuamente fanno scorrere dei sottopancia e ci dicono, ripetutamente, che mentre si svolgono i question time, sono in riunioni le commissioni. Secondo me per dire: se non ci sono persone sedute in aula è per questo motivo e non perché i parlamentari vanno a passeggio per Roma, ammesso che lo facciano. Altro fatto che mi lascia di stucco, come un barbatrucco, sono le domande e le risposte interpretate spesso male da chi le pone e da chi risponde. I parlamentari fanno molto affidamento sugli assistenti parlamentari, persone navigate che accompagnano ed aiutano i parlamentari nel loro lavoro. I ministri rispondono, leggono, quello che hanno scritto i funzionari ed i dirigenti del Ministero o di Palazzo Chigi. Questo perché, mentre noi guardiamo la diretta televisiva dovremmo ignorare che i parlamentari inviano alle segreterie dei ministeri le domanda. Nelle segreterie stuoli di esperti e di burocrati sviluppano il tema ed il ministro va in aula a leggere le risposte che gli hanno scritto i suoi funzionari. Noi siamo rimasti “ADDIETRATI”, siamo rimasti a quando i professori ci interrogavano a scuola, e qualche volta più che un’interrogazione sembrava una rappresaglia, ma erano altri tempi.

Potremmo essere convinti che un assistente parlamentare debba gestire, magari, solo l’agenda degli impegni del parlamentare, assolutamente no. Tutto quello che una persona normale deve fare per mandare avanti il proprio lavoro, le cose magari più antipatiche: cercare leggi e regolamenti, contattare qualcuno per avere un minimo di riscontro, fare un progetto per qualcosa, tutto ed ancora di più, passa per la mani dell’assistenza parlamentare. Il parlamentare, come anche il consigliere regionale, ci “mette la faccia” ma solo per andare in aula, ma sono convinto che qualche politico vorrebbe evitare anche questo. Vita grama e dura per “soli” 15.000 euro al mese, più “… vitto alloggio lavatura e stiratura” (Cit. Totò in un “Turco napoletano”).

Stavo dicendo, le stesse cose succedono anche nei consigli regionali dove si trovano tra le scrivanie dell’ente, come scrivono quelli che sanno scrivere, persone “vicine” ai politici che si occupano delle “retrovie” della vita del politico, persone messe apposta in quel posto, persone che un giorno, lontano al massimo cinque anni, dovranno “rendere conto” a chi li ha messi in condizione di “siggere” quattrini per cinque anni e scatteranno le “crociate del ringraziamento” la cerca dei voti per mantenere il posto di lavoro che tanta fatica è costato. Questa dei collaboratori co.co.co è una prassi talmente in atto ed in uso che forse sta prendendo la mano a tutti i politici dell’Ente Regione Molise. Si narra, in questi giorni, che l’assessore Pallante, assessore al Personale, sia stato “costretto” a fare da vigile urbano per spostare i dipendenti regionali, si dice, e far posto ai co.co.co. riferiti e referenti di ogni politico regionale.

La cosa che mi irrita non è dare lavoro, ma dare lavoro in cambio. Mi irrita che un contratto full time possa, ma debba, essere diviso in due contratti part time per avere a che fare, in caso di campagna elettorale con due persone portatrici di voto anziché una persona sola. Perché, come diceva una vecchia pubblicità: “du is meglie che uan”!

Quindi, stabilito che nelle assemblee che siano parlamentari, regionali o comunali, meglio non partecipare perché non si sa mai come andrà a finire, mi viene da sorridere al pensiero che questi signori faranno carte false per partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica. Quella si che è un’assemblea cui bisogna partecipare …. Bello però quando ci si può scegliere, del proprio lavoro, quello che si vuol fare e n on fare quello che non si vuole, perché come disse il Marchese del Grillo: “… io so io, voi non siete …”!

Dal podio degli ululati alla luna, questo faccio io tanto quello che scrivo lo legge solo chi sta arrabbiato come me, è tutto.

Saluti e baci e statevi arrivederci

Franco di Biase

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