#corpedelascunzulatavecchia/Cinghiali e vecchi merletti

In questi giorni è salito agli onori della cronaca politica, per l’ennesima volta, il problema dei
cinghiali, o come li chiamano quelli che hanno studiato molto e bene gli “ungulati”. Io non posso dire a cosa mi fa pensare il temine “ungulati” me lo proibisce l’educazione ricevuta dai frati trappisti/gesuiti, frati che non ho mai frequentato. Non per scelta o per cattiveria, ma perché non si è mai presentata l’occasione.
Ordunque torniamo ai cinghiali: sembra che in Molise “risiedano” circa 40.000 cinghiali. In pratica come se Campobasso fosse abitata solo da ungulati, che mi sembra una cosa impressionante. Impressionante perché la voracità degli ungulati non conosce limiti. Come ogni animale allo stato brado il cinghiale quando trova del cibo non sa quando ne potrà mangiare altro e quindi ci si fionda per rimpinzarsi sino a scofanarsi. Non è un caso se si dice “mangia come un porco”, che sempre ungulato è. Il cinghiale, quindi, quando trova qualsiasi cosa ci si fionda a testa bassa.

Ovviamente preferirebbe campi coltivati a granturco o cereali vari, ma non disdegna, oramai, nemmeno i bidoni della spazzatura ricolmi di ogni (dal suo punto di vista) ben di Dio. Sappiamo poi che è un animale prevalentemente notturno e che attacca l’uomo solo in caso di pericolo, suo, specialmente le scrofe con i cuccioli attaccano per difendere la prole. Cosa che farebbe ogni madre accorta.
E passiamo ad altro: attualmente la popolazione ungulata del Molise presenta problemi numerici ed anche di “salute” visto che alcuni cinghiali abbattuti sono risultati positivi alla peste suina, trasmissibile ai suini domestici, ma non all’uomo. Quindi noi bipedi umani possiamo stare tranquilli, anche se mangiamo carne infetta da peste suina, ma i maialotti di tutto un eventuale allevamento potrebbero morire. Basterebbe un contatto tra un cinghiale infetto per far contrarre la peste suina a tutto l’allevamento.
Questo, forse, della peste suina, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso già pieno della sopportazione degli agricoltori. L’agricoltore è quella persona, munita di eccezionale pazienza e grandissima voglia di lavorare, che aspetta un anno intero per raccogliere i frutti del suo lavoro.
Un mio ricordo da bambino: l’aglio si pianta a novembre e si raccoglie a giugno. Mio nonno gli piaceva immaginare che l’aglio nel fare capolino fuori dalla terra si chiedesse. “… visto quanto tempo è passato, il mio padrone sarà ancora vivo?”. Ecco questa è la sintesi del lavoro dell’agricoltore. Immaginiamo, poi, se il raccolto viene compromesso per l’arrivo di un’orda di cinghiali che distrugge tutto il lavoro in pochi minuti.
Sulla scorte di questo la politica in Molise ha cercato di “fare” qualcosa ( le virgolette ci vogliono). Si è data facoltà agli imprenditori agricoli di fare caccia di selezione sui propri fondi. Il disciplinare non si sa se sia o meno pronto ed in che termini. Mi chiedo questo perché la caccia di selezione è disciplinata: un cacciatore, in ogni caso una persona armata di carabina, fucile a canna rigata, ed un osservatore munito di binocolo. Tutti e due
si appostano ed aspettano che passino i cinghiali, non possono andare a stanarli, cosa che avviene normalmente con la “braccata” la caccia che si fa di solito con i cani che vanno a stanare il cinghiale insieme ai cacciatori, visto che il cinghiale è un animale prevalentemente notturno e di giorno riposa. Quindi gli imprenditori agricoli potranno cacciare di selezione sui propri fondi. Non si capisce ancora, forse è un mio limite, se gli agricoltori/cacciatori potranno sparare in un momento qualsiasi, per esempio portando la carabina sul trattore mentre lavorano, o si dovranno appostare come i “colleghi di selezione” normale? Vedremo. Nemmeno si capisce come saranno le “cartelle” cioè le “regole di ingaggio” che avranno. Potranno sparare un solo colpo come i cacciatori di selezione o potranno spararne di più? E si perché mentre un cacciatore “normale” in braccata, può caricare la carabina con tutto il caricatore pieno (di solito da tre a cinque munizioni) il cacciatore di selezione deve “operare” con un solo colpo alla volta, quindi se ha bisogno del secondo colpo deve
ricaricare, con indubbia perdita di tempo e con il rischio che si allontani un cinghiale ferito che diventerebbe molto più pericoloso. E se come molti sostengono abbattere la matriarca del gruppo, matriarca che emette un feromone che impedisce l’andare in calore alle altre scrofe, lasciando così solo alla matriarca il compito riproduttivo, se si abbatte la matriarca significa mandare in calore
tutte le altre scrofe del gruppo? I cacciatori di selezione riconosceranno la matriarca? Oddio
dovrebbero riconoscerla già avendo la licenza di caccia.
Altro problema il rumore dello sparo. In Italia non sono ammessi silenziatori per le armi per una questione di ordine pubblico. Gli spari si devono sentire per mettersi al sicuro, ma in caso di caccia di selezione gli spari servirebbero anche ai cinghiali per mettersi loro al sicuro.
Andiamo avanti: le regioni Lombardia e Toscana ammettono (hanno legiferato) la caccia di
selezione aperta tutto l’anno, in Molise solo pochi mesi. Sarebbe il caso di aprire la caccia di
selezione per un periodo maggiore e di fare pressione sul Governo in modo che la caccia “normale”, la “braccata” sia aperta tutto l’anno, perché quando è guerra è guerra, e noi ci troviamo di fronte ad una guerra, questa è una vera e propria invasione che stiamo subendo da parte dei cinghiali Andiamo avanti: i cinghiali, come dicevo, provocano danni alle colture, danni che il più delle volte vengono rimborsati dalla Regione Molise, quindi da tutti noi. Che si risarciscano gli imprenditori agricoli per i danni subiti è cosa buona e giusta, molto meno buona se non si fa niente per arginare la crescita esponenziale della “truppe cinghialesche”.

La caccia è disciplinata, tra le altre normative, dalla legge 157/92, legge che prevede, giustamente, la conservazione della fauna selvatica, ma nel caso degli ungulati (quindi oltre ai cinghiali anche i caprioli ed i cervi) siamo andati decisamente oltre: sono gli umani che devono proteggersi dall’invasione degli ungulati. Giova sottolineare che un capriolo in un orto arreca molto più danno di un cinghiale.
Oh, quindi c’è una legge dello Stato che sancisce tutto ciò, anche se si “vocifica”, poi, che ci sia un ministro che voglia variare la legge e far passare il periodo di apertura della caccia al cinghiale a cinque mesi al posto degli attuali tre.
E qui le domande sorgono spontanee: invece di gestire la trafila dei risarcimenti danni che la Regione è costretta ad elargire, non potrebbe essere il caso di farsi promotore, come regione, all’interno della Conferenza Stato/Regioni, della proposta di referendum per aprire, per esempio, la caccia al cinghiale dodici mesi l’anno. Giova ricordare che i referendum abrogativi possono essere richiesti da 500.000 elettori oppure da cinque consigli regionali. Credo che se all’interno della conferenza Stato/regioni se ne parlasse, potrebbe non essere difficile mettere d’accordo 5 regioni. Si ma poi, qualcuno dirà, gli ambientalisti/animalisti cosa diranno? Perché anche gli animalisti/ambientalisti votano. E qui nasce il problema grosso perché come disse Don Camillo : “nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no!”.
Intanto possiamo incominciare a trattare con vegani e vegetariani perché gli ungulati distruggono gli orti e poi andare avanti. Rendiamoci conto che non possiamo sempre e solo essere il paese del diniego assoluto di tutto quello che viene proposto. Non è possibile salvare tutto e tutti, siamo in guerra e dobbiamo combattere gli ungulati. E dobbiamo farlo nell’interesse di tutti, elargire contributi e rimborsi (giustissimi) a chi ha avuto il raccolto distrutto dai cinghiali pesa sulla spalle di tutti i molisani. Cerchiamo di mettere “una pezza” alla questione. Armare gli agricoltori non è sufficiente, l’assessore all’agricoltura perché non si è anche prodigato per aprire la caccia di selezione durante tutto l’anno? L’Assessore Nicola Cavaliere, cacciatore e quindi credo conoscitore a fondo della materia anche come appassionato, oltre che come politico, perché non fa pressione su tutto il consiglio regionale e non si mette in contatto con altri assessori all’agricoltura per promuovere il
referendum per abolizione della legge 157/92 non per non proteggere più le specie animali, ma per adeguare una legge del passato ad una situazione del presente che presentata non criticità, ma drammaticità della diffusione dei cinghiali.
Armare gli agricoltori servirà solo, speriamo, a fronteggiare la presenza dei cinghiali durante il giorno, ma se durante la notte un’orda di cinghiali dovesse invadere la piantagione di granturco del sig. Alberto, niente li fermerà dal distruggere l’intero raccolto.
Speriamo che si capisca quello che realmente rappresenta come problema: la diffusione abnorme come numero, diffusione che potrà essere tamponata solo con l’abbattimento continuo oltre che selettivo. Si tenga conto che una “squadra” di cacciatori di cinghiali in un’annata venatoria riesce ad abbattere anche 250 cinghiali in non oltre che tre mesi. Ma gli abbattimenti, ovviamente rappresentano una minima parte della popolazione “ungulata” molisana. Mi viene un dubbio: ma non è che i cinghiali votano?
Sperano di non incocciare nottetempo in un cinghi alone con il paraurti della mia auto, altro grande problema che gli enti che gestiscono le strade italiane hanno “risolto” mettendo i cartelli di pericolo per animali vaganti e quindi negando a tutti noi la possibilità di chiedere risarcimenti, vi saluto con affetto e stima augurando un grande in bocca al lupo a chi riuscirà a mettere mano alla soluzione del problema.

Con affetto e stima: statevi arrivederci.
Franco di Biase

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