Vaccini, il professor Silvestri e il Movimento 5 Stelle preparano un documento sulla raccomandazione verso l’obbligatorietà

Il professore di fama internazionale Guido Silvestri, direttore della divisione di Microbiologia e Immunologia allo Yerkes National Primate Research Center della Emory University di Atlanta, l’eurodeputato fisico medico del M5S Piernicola Pedicini e la senatrice biologa del M5S Elena Fattori, stanno elaborando un documento che permetterà agli iscritti del movimento di potersi esprimere sul tema vaccini, in particolare sul tema della raccomandazione verso l’obbligatorietà.
Il M5S ha un approccio basato sull’evidenza scientifica e per questo si avvale della collaborazione dei massimi esperti mondiali della materia.
Il lavoro di studio e di confronto tra il professor Silvestri, che è un medico e scienziato che da oltre 20 anni si occupa di vaccini, e i due parlamentari del M5S, è iniziato alcune settimane fa e verrà pubblicato nei prossimi giorni.
A seguito della collaborazione, il professor Silvestri ha diffuso una nota in cui ha scritto che “nelle ultime settimane è stato coinvolto da due alti esponenti del Movimento 5 Stelle, la senatrice Elena Fattori, ricercatrice ed esperta di vaccini, e l’europarlamentare Piernicola Pedicini, ricercatore clinico ed esperto di Fisica Medica, in una discussione sulle politiche vaccinali in Italia.
“Ho iniziato questo lavoro con una certa cautela, – ha detto il professore – derivata dalle “leggende” correnti secondo le quali il M5S sarebbe contro i vaccini, se non addirittura contro la scienza in generale (vedi recente articolo di Goffredo Buccini sul Corriere della Sera del 28 marzo 2017, che così riassumeva la posizione del M5S: “I vaccini vengono ora chiamati in causa quali intrugli responsabili di autismo e patologie varie, buoni solo ad arricchire Big Pharma”).
In realtà – ha aggiunto Silvestri – ho trovato due colleghi informati ed intelligenti che approcciano il problema da un punto di vista strettamente medico e scientifico, senza complottismi o pseudo-scientismi di alcun genere, e con l’unico scopo di sviluppare ed implementare (qualora fossero al governo) politiche delle vaccinazioni che assicurino il più alto livello di copertura nella popolazione generale. Ritengo – ha aggiunto – che sia normale ed anche salutare, che in ogni questione contenente aspetti “politici” ci siano punti di disaccordo tra diversi partiti, movimenti e gruppi di pensiero. Quello che però non è giusto, è travisare in modo così grossolano le posizioni.
E’ possibile che ci siano state, in passato, affermazioni di alcuni esponenti del M5S sul tema dei vaccini che hanno creato confusione. Ma oggi, nel 2017, e per quello che sto vedendo, sostenere che il M5S è “contro i vaccini” è una sciocchezza”.
Nel merito delle informazioni scientifiche esposte nella nota, l’immunologo ha evidenziato la sua posizione sulle politiche vaccinali in Italia, facendo una disamina di quello che avviene in altri Paesi.
“I vaccini – ha spiegato – hanno ridotto enormemente, ed in un caso (vaiolo) eliminato, l’incidenza di gravi infezioni, rappresentando la misura più efficace per ridurre i danni causati da molte malattie infettive. Se in una comunità la percentuale di persone vaccinate supera una certa soglia (di solito ~95%) l’agente patogeno non trova più sufficienti ospiti per diffondersi. Questo spiega come i vaccini proteggano, grazie alla “community immunity”, anche chi per motivi clinici non può vaccinarsi (neonati, bambini con difetti immunitari genetici, o che hanno subito trapianti o chemioterapia per tumori, etc.). Come ogni altro intervento medico, anche i vaccini non sono esenti da rischi. Tuttavia le complicanze gravi sono molto rare (<1/1.000.000 per DTP, Epatite B, HPV, HiB; ~2/1,000,000 per Influenza; e ~4/1,000,000 per morbillo, rosolia, parotite, e varicella). Bisogna anche affermare con grande chiarezza che l’ipotizzata associazione tra vaccini ed autismo era il risultato di uno studio fraudolento ed è stata smentita in modo definitivo da numerosi altri studi. Tutti questi sono dati scientifici inconfutabili, ed ogni “opinione” contraria non è scienza, ma pseudo-scienza. Stabilito l’obiettivo di assicurare nella popolazione la copertura più alta possibile per quei vaccini la cui efficacia e sicurezza sono dimostrate scientificamente, la discussione è su come meglio raggiungere questo scopo. Da questo punto di vista ci sono due approcci – quello basato sull’obbligatorietà e quello basato sulla raccomandazione. E’ una scelta che ha complesse implicazioni mediche, scientifiche, sociali, e politiche, e che non si presta ad una comunicazione iper-semplificata. Basti dire che ci sono paesi che prediligono l’approccio “obbligatorio” (Francia) ed altri quello della “raccomandazione” (paesi Scandinavi). Negli Stati Uniti le vaccinazioni sono tecnicamente “obbligatorie”, ma esistono (in 47 stati su 50) esenzioni di tipo sia medico che religioso/filosofico che di fatto permettono ai genitori di non-vaccinare i loro figli. In una recente conversazione, l’amico Walter Orenstein, per anni direttore del Programma Nazionale di Vaccinazioni del governo USA e grande esperto di politiche vaccinali, affermava che il metodo migliore per avere alte coperture vaccinali non è la promozione di misure “punitive” verso chi non vaccina i figli, ma la rimozione attiva e capillare di qualunque “ostacolo” pratico alla vaccinazione.
Questa politica di rimozione degli ostacoli comprende il coinvolgimento attivo dei medici (soprattutto pediatri) nell´implementazione dei programmi vaccinali, una comunicazione aperta ed efficace tra medici e genitori, la pronta e gratuita disponibilità dei vaccini, e se possibile anche l’uso di incentivi come “community recognition”, “enhanced payment”, ed altri.
L’approccio basato sulla raccomandazione – ha concluso il professor Silvestri dell’Università di Atlanta – è culturalmente impegnativo, si avvantaggia di un tessuto sociale coeso, e richiede algoritmi su come comportarsi nel caso di calo della copertura vaccinale. Però ha il notevole vantaggio potenziale di sviluppare un senso più alto di partecipazione dell’individuo ad una gestione della salute pubblica non più percepita come paternalistica (se non addirittura punitiva)”.

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