Time Out/ Il basket campobassano dagli anni 70′ agli anni ’90: Basso Lanzone

di Stefano Manocchio

Intervistare Basso Lanzone inevitabilmente mi ha riportato indietro nel tempo, non solo al periodo d’oro citato nel titolo, ma ancor prima, quando Termoli (dove lui giocava con un ruolo importante) era primattrice nei campionati regionali e giovanili e le altre, da Campobasso ad Isernia, tentavano di insidiarla; ci è riuscito poche volte, ma le ricordiamo bene tutte. Ora vediamo quegli eventi con grande nostalgia.

Basso Lanzone arrivò a Campobasso per affrontare il campionato di C nazionale, dopo che la squadra del capoluogo molisano aveva appena vinto quello di C2. Lui aveva giocato a Vasto e venne contattato dalla società di cui conosceva bene soprattutto Sergio Di Vico ed il compianto Carlo Antonelli.

“Arrivammo da Termoli io, Dino Del Sole e Massimo Corazza- dice l’intervistato in premessa- l’allenatore era Sergio Contini e vincemmo subito il campionato di C1, passando in serie B. Sono rimasto a Campobasso quattro anni, fino al primo campionato con allenatore Maurizio Martinoia; poi sono andato a giocare a Palermo, Campli e sono rientrato a Termoli. La carriera non è stata lunghissima perché ho avuto problemi alla schiena. Ho lasciato il basket giocato e dopo diversi anni sono rientrato come direttore sportivo alla Virtus, quindi alla Airino per 2 o 3 anni e poi, insieme con Pitardi abbiamo fondato la Air Basket, di cui sono direttore generale. Giochiamo nel campionato di serie C gold; è una squadra formata da sei stranieri e per 8/11esismi da giocatori non molisani”.

Basso Lanzone

Perché è finta quell’epoca d’oro a Campobasso?

“Parlo per quello che so non avendo vissuto il periodo fino alla fine; è finita un’epoca con personaggi che hanno fatto la storia del basket a Campobasso. Quella era una bella piazza che aveva a disposizione belle squadre e tutti gli avversari le rispettavano e avevano anche paura di affrontarle in campo perché erano forti. Era un periodo più ricco rispetto ad adesso e a Campobasso c’era anche il calcio che andava molto forte; c’erano sponsor importanti e si viveva bene. Noi atleti eravamo tutti amici, calciatori e cestisti, andavamo a pranzo da Mario e ci vedevamo in strada. E’ stato un periodo d’oro per lo sport, compreso quello campobassano: la società era ricca, poteva mettere in campo forti giocatori ed era seguitissima dal pubblico. La società gestiva molto bene i soldi e la situazione era florida; poi è cambiato tutto, sono tempi diversi da allora”.

Gli intervistati hanno tutti detto di aver vissuto una bella esperienza a Campobasso

“Campobasso negli anni 1984/85 come città stava crescendo, era tranquilla e ricordo ancora alcuni posti che frequentavamo: il negozio del profumiere/barbiere Michelino, persona simpaticissima, che era per il corso principale; c’erano pochi locali e facevamo vita da professionisti e sono stato bene e le persone ancora si ricordano di noi. Tra le persone di quel periodo penso sempre con stima ed anche emozione a Tonino Bussone, che è stato il nostro preparatore atletico; una bella persona alla mano, sempre cordiale e ho appreso con tristezza della sua scomparsa. Ma anche Bruno Petti, che tutt’ora vedo, Sergio Contini, ma anche l’altro allenatore, Maurizio Marinoia, che mi voleva bene. Era importante il ruolo di Sergio Di Vico, ma ricordo anche Stefano Amorosa, Antonio Varrone e, come detto prima, Carlo Antonelli. Ho saputo della scomparsa di Gianni Oriente e lo ricordo come una persona squisita e gentile, un signore; anche Mario De Santis non c’è più e anche lui era una gran bella persona, come Filippo Vitale. Tra i giocatori ho mantenuto rapporti con Alfio Romito e Michele Cefaratti. A Campobasso è venuta gente importante, come l’allenatore Vandoni e i giocatori erano tutti bravi. Tutto funzionava bene, perché a gestire c’era una dirigenza efficiente”.

Alla base del successo quindi una dirigenza organizzata e tanta passione

“Quando io ero ragazzino a Campobasso di fatto il basket non esisteva; con umiltà si è partiti con la gente di fuori, ad iniziare dal compianto allenatore Ugo Storto, che anche a Termoli aveva portato innovazione. Il Palavazzieri aveva aperto da poco ed aveva solo una tribuna, poi man mano sono stati aggiunti molti altri posti, aggiungendo strutture a ridosso del campo: era un catino e quando il pubblico batteva i piedi si generava un frastuono indescrivibile. Era un fortino inaccessibile e abbiamo vinto tanto sul quel campo”.

Vogliamo ricordare qualche episodio?

“La sera rientravamo a casa e poiché la città non offriva locali da frequentare, per andare in giro ‘scappavamo’ a Napoli. Alla vigilia di una partita andammo a mangiare la pizza a Vico Equense; Sergio Di Vico venne a casa e suonò il campanello, si guardò intorno e disse “ma la squadra dov’è?”.

Si potrà replicare quell’esperienza a Campobasso?

“Non so se sarà possibile riportare il grande basket; la femminile potrebbe fare da traino, ha le risorse economiche ed un bell’impianto. Ci vogliono le strutture, ma la città può permetterselo. A Termoli abbiamo uno sponsor importante, italiangas, che ci dà una grossa mano, ma non c’è la giovanile che è la base. Appunto partire dai giovani oppure ripartire da zero, con uno sponsor forte; il problema è che i ragazzi adesso non sono disposti a fare sacrifici, vogliono tutto e subito, mentre noi eravamo contenti anche di portare i borsoni e caricare pesi e quello spirito di sacrificio non c’è più. E’ tutto più difficile, ma si può ancora fare”.

C’è stata anche la partita delle ex-glorie rossoblù…

“Certamente: quella del 2012 è stata una bella esperienze e il mio consiglio è di ripeterla”.

Un suggerimento da prendere in considerazione: intanto il cronista anche questa volta ha avuto occasione per riaprire l’album dei (bei) ricordi.

Ringrazio il Comitato Regionale del Molise dell’Associazione Nazionale Stelle e Palme al Merito Sportivo che, nella persona di Michele Falcione, mi sta dando un grande aiuto nel contattare i personaggi che poi andrò ad intervistare.

Commenti Facebook