Sanzioni alle autodichiarazioni. Acem: le imprese sono stanche di essere utilizzate come bancomat

Dura la critica dell’ACEM, sulla norma (art. 38, comma 2 bis Codice Appalti) che sanziona gli errori nelle autodichiarazioni delle imprese lasciando ampia discrezionalità alle amministrazioni nell’individuazione di cosa sia sanabile e sanzionabile. Sulla problematica, nei mesi scorsi l’Associazione aveva chiesto l’interessamento dei Parlamentari molisani senza ancora ottenere risposta, denunziando anche all’Autorità anticorruzione l’assurdità di una norma simile. “Ancora una volta le imprese operanti nel mondo delle commesse pubbliche assumono il ruolo di Bancomat delle Amministrazioni aggiudicatrici trovandosi costrette al versamento di una cauzione aggiuntiva”, dichiara Corrado Di Niro, Presidente dell’Associazione in quanto “sembra che il meccanismo sia quello di ‘andare a caccia’ dell’errore da parte delle Stazioni appaltanti, peraltro lasciando spazi per comportamenti diversi e contraddittori come già ripetutamente accaduto nella nostra Regione a danno delle imprese nostre iscritte.”
Poiché la norma, introdotta la scorsa estate, prevede che la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale delle autodichiarazioni in sede di gara, obbligano il concorrente al pagamento alla stazione appaltante di una sanzione pecuniaria fissata nel bando, non era difficile immaginare che uno strumento del genere, così come è stato formulato, lasciato completamente nelle mani degli enti appaltanti, potesse, facilmente, trasformarsi in una fonte impropria di liquidità per gli enti locali ed un’ulteriore tassa per le imprese. “Ci sembra che a fronte di un reale e dichiarato intento di semplificazione, si apre la strada a storture del sistema e al danno economico per le imprese, che in sede di prima applicazione della norma, si sono viste irrogare sanzioni per qualsivoglia discordanza dichiarativa, ma le imprese sono stanche di fare da bancomat agli Enti pubblici ed allo Stato” conclude il Presidente Di Niro. L’ACEM è convinta che bisognerebbe costruire un sistema aperto alla massima partecipazione tramite la gratuità della regolarizzazione e non un approccio meramente fiscale nei confronti dei concorrenti di gara.

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