“Salute Mentale e Diritti Umani”, gli amministratori sono lontani dai cittadini. Vivere Insieme Onlus scrive a Frattura e Petraroia

Gentile Presidente Frattura, Gentile Assessore Petraroia,
facendo seguito alla presa di posizione dell’UNASAM sul grave stato in cui versano i servizi di salute mentale in Italia, le Associazioni aderenti all’UNASAM impegnate in tutte le regioni d’Italia fanno il punto, regione per regione, sulle criticità locali indicando precise proposte da sottoporre alle autorità locali.
In Molise da numerosi anni rivendichiamo spazi relazionali, sociali e di programmazione partecipata.  Già Ignazio Marino (attuale sindaco di Roma) qualche anno fa affermava che in Italia le associazioni dei familiari denunciavano la carenza di consulte ed organi di controllo e di partecipazione specifici per la salute mentale.  Ma tali carenze, tutt’ora in essere, sono anche in contrasto con quanto detta l’OMS che pone al centro delle buone prassi proprio la cittadinanza attiva.  Nella nostra regione e nello specifico nella zona di Campobasso sono privilegiate le associazioni che collaborano a sostegno delle scelte operate dal Direttore del Dsm e da suoi collaboratori fidati.  La programmazione è un optional e ne deriva che le scelte sono occasionali ed estemporanee, ad esempio i criteri di assegnazione delle borse lavoro sono a tutt’oggi sconosciuti. Sono altresì distanti dalle agenzie pubbliche (centro per l’impiego) che non sono chiamate a condividere le prassi da definire in tavoli concertativi ritenuti luoghi perditempo non solo dal Dsm ma anche dagli amministratori.
Che dire del “LABORATORIO PER LA SALUTE MENTALE APERTO ALLA CITTADINANZA”? Tutte le Istituzioni locali avevano investito non solo economicamente su questa prassi di eccellenza condivisa anche dal Ministero della Sanità.
Oggi nessuno ne sente la mancanza tranne coloro che vivono in prima persona problemi di isolamento sociale e di esclusione. Al suo posto una cooperativa sociale gestisce privatamente iniziative in luoghi pubblici messi a disposizione della Asl. E’ legittimo tutto ciò? Quello che avviene in quel luogo è nello stretto riserbo e i beneficiari non sempre sono persone in cura presso il Dsm.  Presso il Dsm erano incardinate quattro assistenti sociali delle quali due hanno chiesto il trasferimento (così si dice) in altri servizi. Si rinuncia così facilmente ad operatrici con esperienza trentennale? Né il Direttore né la politica ne avvertono la mancanza e forse capiamo perché. Le poche politiche di inclusione sociale sono state operate proprio da queste operatrici che hanno creato non pochi sconvolgimenti “benefici” in assetti da tempo inerti e sonnolenti. Il Csm che avevamo fortemente voluto ed ottenuto, oggi è un luogo utile per i servizi turistici colorato e ricco di effetti speciali. Le regole che imperano sono simili a quelle di una caserma una per tutti. Ma i luoghi di partecipazione di cui sentiamo la mancanza dove sono? Nessuno spazio per chi chiede integrazione, qualche privilegio per associazioni compiacenti. Noi, destinatari di cure, rileviamo una sempre più marcata medicalizzazione e relativo “controllo” dei sintomi in luoghi ambulatoriali malgrado siano collocati nel contesto territoriale per eccellenza quale è il CSM. L’individualizzazione dei bisogni favorisce purtroppo solo isolamento sociale.
Le pratiche finalizzate all’organizzazione di gruppi terapeutici spesso ricorrenti nel CSM di Campobasso potrebbero essere efficaci solo se integrate con interventi sociali ad oggi inesistenti. Le informazioni relative a sporadiche iniziative ci vengono erogate esclusivamente tramite i mass media: nessuno quindi è autorizzato a dire la propria o a cercare soluzioni.
I centri riabilitativi (comunemente chiamati case famiglia) sono realtà di cui si ignorano i programmi. Si rilevano, a distanza e per sentito dire, organizzazioni di riunioni in stanze chiuse del CSM coordinate dal Direttore e solo qualche volta vengono diramati comunicati tramite mass media. E’ proprio così lontana l’Istituzione totale deputata a curare la malattia mentale? Tutte le realtà che fanno capo al Dsm sono isolate fra loro oppure opportunamente collegate solo per scopi ben precisi di cui si ignorano le motivazioni. A volte assistiamo all’organizzazione di feste, partite di calcio, passeggiate in periferia. Ma la programmazione e le verifiche sugli impatti di salute dove sono?
Gli amministratori sono lontani dai cittadini che se tentano di interloquire vengono opportunamente allontanati o messi alla porta. E’ una realtà drammatica e stantia che non a caso episodicamente è mossa da annunci relativi a suicidi di cui nessuno si sente purtroppo responsabile! Su questi temi chiediamo l’impegno per l’apertura di un tavolo urgente di confronto al fine di condividere: la programmazione, i percorsi di cura e di salute e l’istituzione degli organismi previsti dal Progetti Obiettivi Nazionali Tutela Salute Mentale e dalla legge n° 30 del 6 novembre 2012 della Regione Molise.

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