Privatizzazione delle Poste. Ma chi l’ha detto?

punto-interrogativo1Da quando il Governo ha deciso di cedere quote di minoranza di Poste Italiane, e di altre aziende, tutti i mezzi di comunicazione, per semplificazione di linguaggio, hanno cominciato a parlare di “privatizzazione”. E tutti i pappagalli replicanti ora parlano di privatizzazione!! Una azienda si privatizza quando si cedono le quote di maggioranza e di controllo dell’azienda stessa, cosa che non accadrà con Poste il cui controllo resta nelle mani dello Stato con il 60 per cento della proprietà. Sull’argomento si stanno sviluppando anche riflessioni ideologiche come accadeva ai tempi dei “padroni” e delle “masse operaie” di ottocentesca memoria, ma quasi nessuno racconta al popolo postale perchè questa soluzione è migliore di tante altre che avrebbero messo a rischio, davvero, la sopravvivenza di Poste Italiane.

Il “padrone” delle Poste è uno Stato fortemente indebitato e quindi alla ricerca disperata di risorse per far fronte alle emergenze del paese. Per queste ragioni si è parlato, ciclicamente, della vendita del Bancoposta o della vendita del patrimonio immobiliare di Poste o,
cosa ancor più pericolosa discussa dal governo a dicembre, della vendita di Poste Vita.
Tutti sappiamo, anche noi contadini, che qualunque di quelle tre scelte avrebbero decretato la morte di Poste Italiane che riesce a sopravvivere solo grazie alla sua unicità e alla sua sussidiarietà incrociata tra i diversi settori dell’azienda. Tutto il resto è da bar dello sport!
Anche noi critichiamo severamente alcune passate privatizzazioni che hanno regalato ad “amici degli amici” aziende importanti come Telecom e quindi seguiamo con attenzione le scelte dell’Esecutivo.
Il decreto del Governo va nella giusta direzione per alcuni buoni e semplici
motivi:
1)    Viene messa sul mercato una quota di minoranza di Poste Italiane indivisa;
2)    Le quote vengono offerte ai risparmiatori oltre che agli investitori istituzionali;
3)    Una quota (noi insistiamo per il 5%) viene offerta ai dipendenti postali;L’operazione è solo agli inizi e durerà alcuni mesi durante i quali, siamo certi, il sindacato avrà un ruolo importante nella discussione.
La nostra posizione è che le quote vadano distribuite ad una platea la più ampia possibile per evitare pericolose concentrazioni di quote a pochi soggetti.
Le quote importanti offerte ai dipendenti postali debbono essere gratuite e indivise in modo tale che anche i lavoratori-azionisti (e non i sindacati) possano esprimere la loro rappresentanza negli organi societari al pari degli altri azionisti e partecipare agli utili
d’impresa. Così funziona in altri paesi ed è questa la strada che indica l’Unione Europea per aprire le aziende alla democrazia economica.
Noi faremo la nostra parte per difendere, come sempre, Poste Italiane e la sua unicità a garanzia della difesa dei posti di lavoro dei 140 mila dipendenti della più grande azienda del paese.
Il Segretario Regionale Molise
Antonio D’Alessandro

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