“Mai più sole -Non una di Meno Termoli”: sciopero globale dell’8 marzo

Da circa un mese il movimento internazionale Non Una Di Meno ha avviato il conto alla rovescia verso lo sciopero globale dell’8 marzo. Molte le piazze organizzate intorno ad alcuni nodi che interesseranno le manifestazioni e che concernono il lavoro capillare che viene fatto dal movimento Nudm presente sull’intero territorio nazionale; le stesse piazze in cui sono stati ricordati i temi che andranno a significare la imminente giornata femminista di lotta.


In tal senso, dal Ddl Pillon ai tentativi antiabortisti, si declina il complesso tema della violenza maschile contro le donne che quest’anno ribadisce ancora una volta quanto la violenza di genere non sia un problema di emergenza momentanea, bensì un fenomeno strutturale di prevaricazione e dominio che, pur tuttavia, non arresterà la straordinaria forza delle donne che l’8 marzo solcheranno le piazze di tutto il mondo.

Lo sciopero è il collante che tiene insieme le voci delle donne che in ogni ambito della vita sociale, personale e lavorativa si trovano a dover fronteggiare le “violenze” e le prevaricazioni nelle diverse forme “che colpiscono sistematicamente le vite delle donne in famiglia, nei posti di lavoro, per strada, negli ospedali, nelle scuole, dentro e fuori i confini». La giornata dell’8 marzo ci chiede di essere protagoniste della nostra autodeterminazione a livello mondiale. Incrociare le braccia, simbolicamente, per un giorno, significa riconoscere il forte peso sociale di ogni donna, in ogni territorio; riconoscersi in questa soggettività collettiva è la forza di un movimento che cresce ogni giorno.


In merito a questo evento proponiamo e condividiamo le riflessioni di Lea Melandri sul tema.
LA RETE NON UNA DI MENO rilancia anche in Italia lo «sciopero globale femminista» come risposta «a tutte le forme di violenza che colpiscono sistematicamente le vite delle donne in famiglia, nei posti di lavoro, per strada, negli ospedali, nelle scuole, dentro e fuori i confini». Non è necessario scorrere il lungo elenco delle ragioni che spingono le donne a incrociare le braccia – femminicidi, stupri, molestie, discriminazione salariale, doppio carico di lavoro, attacchi alla libertà di aborto, ritorno ai valori tradizionali di patria, famiglia, razza, ecc. – per capire che l’idea che si è avuta finora di sciopero, come rivendicazione sindacale, ritorna qui in forme profondamente mutate. Basterebbe lo slogan «Una giornata senza di noi» per mostrarne la portata rivoluzionaria rispetto a un sistema patriarcale e capitalista che nella divisione sessuale del lavoro, nel confinamento della donna nel ruolo di moglie e madre, che deve fare figli, esclusa dalla sfera pubblica, ha costruito privilegi, ingiustizie, sfruttamento.
SE LE DONNE smettessero di occuparsi di famiglia, lavoro domestico, cura di bambini, anziani, malati e uomini in perfetta salute, il mondo – come scriveva un secolo fa Virginia Woolf – sarebbe ancora «palude e giungla». Aver portato l’attenzione sugli interni delle case, sui rapporti di potere che passano attraverso le esperienze più intime, come la maternità e la sessualità, e aver riconosciuto, che lo sfruttamento non è solo economico, è merito del femminismo degli anni Settanta. Ma è solo oggi, venuto meno il confine tra privato e pubblico, che la violenza sulle donne appare in tutte le sue forme, invisibili e manifeste, e in tutte le molteplici parentele con i domini che hanno attraversato la storia: classismo, razzismo, nazionalismo, colonizzazioni, regimi autoritari. Per questo nell’appello si trovano, affiancati, accanto alla parola «sciopero», l’invito ai sindacati a sostenere le delegate e le lavoratrici che vogliono praticarlo, la richiesta di ridistribuire il carico del lavoro di cura, il rifiuto del ddl Pillon, e del decreto sicurezza, visto come attacco all’ autodeterminazione delle donne e dei migranti. Sessismo e razzismo rivelano oggi di avere una comune matrice nel potere del sesso che, riducendo a «nuda vita» il corpo del diverso – le donne, l’ebreo, il migrante, lo straniero -, ne ha deciso il destino, cancellato o limitato la libertà, sfruttato la forza lavorativa.
SE A MARX va il merito di aver portato allo scoperto il rimosso economico – il profitto- e a Freud il rimosso della famiglia borghese – la sessualità-, al femminismo va riconosciuto quel salto della coscienza storica che è stato scoprire la politicità della vita personale, cioè di tutte le esperienze, considerate paradossalmente «privato» e «natura». Non è un caso che la violenza al centro delle pratiche dell’autocoscienza e dell’inconscio sia stata, prima ancora che la violenza manifesta, la «violenza invisibile», l’interiorizzazione della rappresentazione maschile del mondo da parte delle donne stesse. Oggi lo slogan «modificazione di sé e modificazione del mondo» è l’utopia che possiamo pensare realizzabile, purchè non si perda ancora una volta di vista il «sé» come luogo a cui è sempre necessario tornare e dare parola.
MAI COME IN QUESTO MOMENTO STORICO, in cui si tenta di rimettere al “loro posto” le donne riconsegnandole al loro tradizionale ruolo di mogli e madri, è necessario ribadire che ci sono cose da cui non si torna indietro: l’autodeterminazione delle donne, la loro scelta di libertà e di autonomia. Parole che hanno consentito di rovesciare l’ordine “naturale” dato da una visone patriarcale del mondo, che , sotto il nome di Dio, di padre o di patria, ha sempre ridotto il potenziale rivoluzionario insito nel femminismo. Un potenziale espresso dai tanti e differenti femminismi che attraversano le piazze e apre al riconoscimento di una pluralità di differenze che possono convivere. Bisogna fare i conti con questa complessità e aprire uno spazio necessario di confronto con i nuovi femminismi abitati prevalentemente dalle generazioni più giovani che si pongono come la “marea” che torna nelle strade e nelle piazze. Consapevoli che il femminismo è esperienza profonda che modifica la soggettività e il pensiero e che la coscienza femminista ha prodotto e continua a produrre un punto di vista differente sul mondo. ( a cura di Nella Di Giacobbe )

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