Le misure alternative alla detenzione : quali sono gli strumenti per evitare la carcerazione dopo la condanna

Nel nostro Ordinamento, all’esito di una condanna alla pena dell’arresto o della reclusione, è possibile per il destinatario della sanzione evitare di varcare le soglie del carcere, ciò attraverso la richiesta di accesso al beneficio delle cd. misure alternative alla detenzione. Il ns sistema penale, infatti, prevede che la condanna inflitta all’imputato non implichi doverosamente l’esecuzione della pena.

Il compito di emettere l’ordine di esecuzione della pena detentiva (con consequenziale carcerazione) spetta al Magistrato del Pubblico Ministero tuttavia, ai sensi dell’art. 656, IV comma, c. p. p., se la pena detentiva non è superiore a tre anni, lo stesso P. M. ne sospende l’esecuzione, notiziando il condannato e il suo difensore. Di recente la Corte Costituzionale, sulla scorta dell’introduzione dell’affidamento allargato, con Sentenza n. 41 del 2018 – depositata il 2 marzo, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 656, V comma, c. p. p., nella parte in cui prevede che il P. M. sospenda l’esecuzione della pena detentiva non superiore a tre anni, espandendo detta soglia addirittura a quattro anni.
Dal momento dell’avviso della sospensione dell’esecuzione è possibile per il condannato, entro trenta giorni, presentare istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative previste dalla legge.
Le misure alternative alla detenzione sono state introdotte dalla legge 26 luglio 1975, n.° 354 e sono:
La semilibertà;
la detenzione domiciliare;
l’affidamento in prova al servizio sociale.
E’ opportuno esaminarle singolarmente.
L’affidamento in prova al servizio sociale (art. 47, l. 354/75) passa attraverso il filtro e il monitoraggio dell’U. E. P. E. (ufficio di esecuzione penale esterna) e consiste in un periodo di lavoro o volontariato da svolgersi completamente fuori dall’Istituto penitenziario, per una durata uguale a quella della pena da scontare (possono avere accesso a detto beneficio anche i tossicodipendenti e gli alcool dipendenti ex art.94 l. 309/1990 e i soggetti affetti da Aids o grave deficienza immunitaria).
La detenzione domiciliare (art. 47-ter l. 354/75), introdotta con legge n. 663/86, consiste nell’esecuzione della pena nella propria dimora o in altro luogo di privata dimora, nonché in luogo di cura, assistenza e accoglienza (detto beneficio può essere esteso anche alle madri di bimbi minori di anni dieci e ai soggetti affetti da AIDS o da grave deficienza immunitaria, anche oltre i limiti di pena normalmente previsti).
Infine vi la semilibertà (regolamentata dall’art. 50, comma 1, della legge 354/75), che è un beneficio parziale, poiché consiste nella concessione al condannato di trascorrere parte del giorno fuori dal carcere per occuparsi di attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale, in base ad un programma di trattamento, la cui responsabilità è affidata al direttore dell’Istituto Penitenziario.
Altre misure menzionabili, sono la sospensione prevista per le persone tossicodipendenti, concessa dal Tribunale di Sorveglianza per cinque anni, qualora accerti che la persona si sia sottoposta con esito positivo ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo eseguito presso una struttura sanitaria pubblica od una struttura privata autorizzata, nonché la misura alternativa prevista per gli stranieri dall’art. 16, D. lvo 286/1998 (ossia l’espulsione).
Il percorso procedurale è il seguente.
L’istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore al Tribunale di Sorveglianza, unitamente alla documentazione, con specifica indicazione della misura richiesta. Il Tribunale di sorveglianza, a seguito della celebrazione di un’apposita udienza, deciderà se evadere la richiesta.
In conclusione sono plurimi i sistemi che l’Ordinamento concede al condannato per evitare la detenzione, a seguito di una pena non inferiore ai tre anni di reclusione [rectius quattro], ma la cosa fondamentale, si ribadisce, è presentare l’istanza entro 30 giorni dall’avviso, altrimenti la pena avrà corso immediato e la carcerazione sarà inevitabile.
Avv. Silvio Tolesino
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