L’angolo del fisioterapista- PUBALGIA : DIAGNOSI E TRATTAMENTO

La pubalgia è una mioentesite (un’infiammazione muscolo-tendinea) che interessa i punti di inserzione sull’osso pubico di diversi muscoli: adduttori, pettineo, piramidale, retti addominali, obliqui addominali e trasversi addominali.

Se si generalizza il termine, intendendo come pubalgia una qualunque sindrome dolorosa interessante la regione addomino-pubo-crurale, è possibile, secondo Jarvinen, identificare ben 72 cause di pubalgia, non solo malattie tendinee, muscolari, ossee o articolari, ma anche patologie infettive, tumorali, borsiti, intrappolamenti nervosi ecc.

La pubalgia viene considerata dai vari autori una condizione non semplice da inquadrare, sia per la complessità della regione anatomica interessata sia per le frequenti sovrapposizioni, al quadro clinico, di altre condizioni patologiche. Comunque sia, alla base di tutte le teorie patogenetiche man mano proposte, vi è sempre il sovraccarico funzionale associato ai microtraumi ripetuti nel tempo (ricordiamo che con l’espressione sovraccarico funzionale si fa riferimento a una ripetizione esasperata e persistente nel tempo di alcuni gesti).

Inquadramento clinico

Per quanto concerne l’inquadramento clinico della pubalgia, una delle classificazioni maggiormente condivise dagli autori è quella secondo la quale la pubalgia farebbe riferimento alle tre sottostanti entità anatomo-cliniche che possono presentarsi sia singolarmente sia fra loro associate:

  • tendinopatia inserzionale degli adduttori

  • sindrome sinfisaria

  • sindrome della guaina del retto addominale.

La tendinopatia inserzionale degli adduttori della coscia (in particolar modo il muscolo adduttore lungo e il muscolo pettineo) è relativa all’azione di continui e ripetuti microtraumi a livello dell’inserzione scheletrica del bacino di muscoli adduttori. Il punto maggiormente critico di tali inserzioni muscolari è la sinfisi pubica, un’articolazione fibrocartilaginea che si trova al centro del bacino e che rappresenta, di fatto, la zona nella quale vanno a scaricarsi le forze ascendenti e discendenti dei muscoli coinvolti.

La sindrome sinfisaria (nota anche come osteo-artropatia della sinfisi pubica) è legata da ipersollecitazioni croniche dei muscoli adduttori sulla sinfisi pubica (ovvero l’articolazione fra le due ossa pubiche). Gli stiramenti continui a cui sono sottoposti i muscoli adduttori possono provocare, a lungo andare, un cedimento dell’articolazione in questione. Il risultato è un’instabilità di quest’ultima la cui conseguenza è un’alterazione dell’equilibrio del bacino. Spesso questa situazione di instabilità si viene a creare durante la cosiddetta “età dello sviluppo”, un periodo nel quale la sinfisi pubica è già di per sé stessa piuttosto debole.

La sindrome della guaina del retto addominale coinvolge diversi muscoli. Gli addominali, gli adduttori e/o alti muscoli del bacino. E’ caratterizzata da un dolore che raggiunge il suo apice quando si richiede un forte lavoro ai muscoli dell’addome

Fattori predisponenti

Secondo i vari autori esistono diversi fattori predisponenti l’insorgenza della pubalgia. Generalmente tali fattori vengono suddivisi in intrinseci ed estrinseci. Sono considerati fattori intrinseci le patologie che interessano l’anca oppure l’articolazione sacro-iliaca, una notevole asimmetria degli arti inferiori,

l’iperlordosi, gli squilibri funzionali tra muscoli addominali (deboli) e muscoli adduttori (forti e rigidi) e una muscolatura ischio-crurale scarsamente allungabile.

Tra i fattori estrinseci vengono invece citati i terreni di gioco sconnessi o comunque inadeguati all’attività sportiva, gli allenamenti qualitativamente e/o quantitativamente scorretti e l’inadeguatezza dei materiali utilizzati per la pratica sportiva (il tipico esempio è quello dei calciatori che utilizzano tacchetti eccessivamente lunghi sui terreni secchi o tacchetti troppo corti in caso di terreni allentati)

Segni e sintomi

I principali sintomi legati alla pubalgia sono il dolore e l’impotenza funzionale; quest’ultima è ovviamente legata all’intensità del dolore.

Il dolore colpisce la zona dell’inguine per estendersi alle zone circostanti e può portare all’interruzione dell’allenamento o della competizione. Nei casi più lievi della patologia, il dolore compare solitamente al risveglio e si manifesta quando si inizia l’attività fisica; tende poi a scomparire una volta che si è effettuato il riscaldamento. Diverso il caso delle forme più gravi; in questi casi il dolore si manifesta molte volte in modo improvviso ed è tale che spesso il soggetto è costretto a interrompere lo svolgimento dell’attività; in alcuni casi la dolenzia è così intensa che persino la semplice deambulazione è difficoltosa. In questi casi il dolore è continuo e si aggrava con il movimento.

Aspetti diagnostici

L’esame clinico si fonda solitamente su diversi test muscolari facilmente eseguibili basati sulla contrazione e sulla distensione passiva; fra questi ricordiamo il test per il muscolo ileopsoas, il test per il muscolo retto dell’addome, i test per i muscoli adduttori, il test per i muscoli obliqui dell’addome e il test per il muscolo otturatore esterno.

Classificazione

Grado 0: è un dolore leggero, spesso silente, che viene messo in evidenza alla palpazione, ma che non inficia minimamente la deambulazione

Grado 1: è una pubalgia, che il paziente avverte, solo quando prova a praticare lo sport, ma che passa dopo aver terminato. È il grado più sottovalutato, in quanto la maggior parte delle persone tendono a sottovalutare la sintomatologia, o ancor peggio tendono a “stringere i denti” sperando che passi da solo.

Grado 2: Il dolore persiste anche dopo la pratica sportiva, e il paziente lo avverte anche camminando normalmente. Parliamo qui di un grado importante di infiammazione che va curato immediatamente per evitare che peggiori e passi al grado successivo

Grado 3:(Tendinosi Cronica): in questo grado il paziente ha un dolore che gli impedisce anche solo di camminare. Il dolore è molto forte, e sopratutto, tende a non risolversi neanche con gli antinfiammatori. I tempi di recupero sono molto lunghi e non sempre le cure rispondono in maniera soddisfacente, limitando molto l’attività sportiva anche per mesi.

Diagnosi differenziale

Diverse alterazioni ptrebbero essere scambiate con una pubalgia sta al professionista sanitario escludere che non si trtatti di :

  • Osteite del pube,

  • Ernia inguinale,

  • Strappo muscolare dell’ adduttore o la rottura,

  • Fratture del pube,

  • Intrappolamento del nervo genitofemorale o Nervo ileoinguinale,

  • Artrosi dell’anca,

  • Neuropatia del nervo crurale,

  • Dolore riferito dalla schiena,

  • Malattie gastrointestinali e urinarie,

  • Prostatite,

  • Varicocele,

  • Linfonodi inguinali ingrossati.

TRATTAMENTO

Trattandosi di una patologia è necessario che la persona affetta da pubalgia si rivolga ad un professionista sanitario: Medico o Fisioterapista. Altre figure non sanitarie non possono intervenire sulle patologie.

Il RIPOSO è la prima accortezza da seguire. Per riposo si intende la TOTALE ASTENSIONE DA OGNI ATTIVITÀ SPORTIVA O AFFATICANTE fino alla scomparsa del dolore!!!

L’intervento del Fisioterapista dipenderà a questo punto dal grado di severità della patologia.

Nel grado 0, probabilmente basterà un riposo di circa una settimana, associato a impacchi di ghiaccio sulla zona dolente per circa 10-15 minuti, per 3 volte al giorno e fare esercizi di stretching almeno una volta al giorno.

Nel grado 1, essendo la situazione più complessa, andrà considerato il problema in maniera più completa. Infatti, va consultato immediatamente un medico Ortopedico, per la corretta diagnosi, e sopratutto, per affrontare al meglio l’iter curativo.

Mai sottovalutare i sintomi e far finta di niente . Se non verranno prese in considerazione le giuste precauzioni, si passerà facilmente al grado 2 o addirittura al grado 3, con tutti i problemi che ne conseguono.

Valgono ugualmente i consigli per il grado 0, ma devono essere associti trattamenti fisioterapici-Riabilitativi per guarire e risolvere la pubalgia con una cura efficace.

Sia il grado 2 che il grado 3, sono la normale evoluzione di una pubalgia iniziata in maniera semplice, ma degenerata fino a divenire un problema cronico.

Il medico e sopratutto il fisioterapista sono obbligati ad analizzare la problematica da varie angolazioni, e  scoprire la causa che ha generato il problema, in quanto SOLO ALLONTANADO E CORREGGENDO LA CAUSA SARÀ POSSIBILE UNA CURA COMPLETA MA SOPRATTUTTO DURATURA. 

I trattamenti più accreditati come cura della pubalgia sono:

Esercizi di allungamento muscolare (stretching) non appena il dolore si attenua

Massaggio fasciale

Onde d’Urto

Tecarterapia

Laserterapia

Mi preme dire che non esistono macchine miracolose per risolvere la pubalgia ma è fondamentale la competenza del Fisioterapista che stilerà un programma riabilitativo che preveda più l’ intervento più appropriato.

Dottore Fisioterapia

Domenico Coladangelo

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