La questione infinita sui Consorzi di bonifica. Scarlato: il problema è tutto politico

Riceviamo e pubblichiamo
Si ritorna ancora sulla gravissima problematica che attanaglia il mondo agricolo regionale sulla tenuta in vita dei consorzi di bonifica basso-molisani, enti di diritto pubblico, sperando che il Governo regionale possa affrontare questo spinoso nodo in modo definitivo.

Non si entrerà in merito alle competenze, obblighi, funzioni amministrative e responsabilità tra Regione ed enti consortili; saranno oggetto di confronto prossimamente in modo più dettagliato.

Oggi, i consorzi di bonifica, per il reddito agricolo, sono delle bombe ad orologeria; in un passato non tanto recente furono postifici, assunzioni ad “umma a umma”, stipendifici, carrozzoni burocratici elefantiaci “creati” ad uso e consumo per “logiche” politiche clientelari.

Il contadino, oggi, non può più permettersi il lusso di pagare gli errori commessi, mala gestione compresa, di enti che sono un sistema dispersivo, incoerente e costoso visto che, da sempre, i consorzi sono sotto controllo “complice” del politico del momento o di alcune organizzazioni agricole.
Quando si trattano argomenti quali bilanci in rosso, promozioni, aumenti di livello, straordinari, commissariamenti, etc., il coltivatore, come spesso avviene è rimasto solo alla finestra a guardare e subire passivamente aumenti di tariffe, … in attesa ( per quasi ventitré anni ) del piano di riparto di contribuenza che regolarizzasse i benefici (presunti).

Gli amministratori, commissari e non, non hanno mai preso in considerazione il punto focale: il beneficio, nonostante le problematiche segnalate da molti consorziati; non hanno mai sposato o si sono interessati per legittimare le giuste e sacrosante istanze di quest’ultimi.
Il loro unico pensiero: far quadrare i bilanci “sbilanciati” e vessare ” gli obbligati” con richieste di aumenti di tributi o atterrirli con lo spauracchio delle cartelle esattoriali e spese legali, grazie a Regi Decreti che hanno fatto il loro tempo.

Costi esorbitanti riferiti ai contributi irrigui (il 750) e all’ improprio tributo di miglioramento fondiario (il 630), meglio manutenzione della rete scolante, per redditi inesistenti o presunti benefici, soprattutto in zone comprensoriali rispetto ad altre di netto svantaggio.
Questo, per onestà intellettuale e dal lato dell’ equità, è uno schiaffo a chi, in campagna, lavora onestamente per poi vedersi alla fine senza un becco di un quattrino in tasca.

Le colture irrigue, siano esse finocchi, pomodori, peperoni, (ex ) barbabietole da zucchero, ne sono la prova evidente della non redditività. NON C’E’ PIU’ REDDITO.
I costi di produzioni sono nettamente superiori ai ricavi dalle loro vendite.
Basterebbe solo informarsi o, pur essendone a conoscenza fanno finta di nulla?
Cattiva volontà o menefreghismo?

Anche la Direttiva Comunitaria Quadro Acque 2000/60/CE del 23-10-2000 e l’Applicazione delle Linee Guida approvata con D.M. del 20-07-2016 per la regolamentazione da parte delle Regioni circa la politica tariffaria dei consorzi di bonifica cita: ” ….l’uso parsimonioso atto ad evitare sprechi dei volumi idrici ad uso irriguo MA ANCHE DEL BENEFICIO (ANALISI COSTI/EFFICACIA) PER IL CONSORZIATO, IN FUNZIONE DEL SUO CONTESTO TERRITORIALE, e non certo un aumento indiscriminato dei costi della risorsa idrica che rischierebbe di pregiudicare in maniera significativa la sopravvivenza, la produttività e la competitività delle imprese”.

Non è più valido il concetto del contributo, come asseriscono i consorzi: acqua irrigua = beneficio. E’ errato. Beneficio, invece, è inteso come nuovo concetto. L’ACQUA E’ VISTA COME BENE DIETRO CORRISPETTIVO: SE USATA E SE CONVIENE USARLA, E NON COME BENEFICIO.
L’acqua è un bene che viene corrisposto dietro un pagato tariffario, quindi un contributo. Come in ogni realtà, se una cosa la si vuole, la si paga ad un costo definito, E SE CONVIENE.
Prova ne sono i vari rapporti INEA ( Istituto Nazionale di Economia Agraria) sull’Agricoltura in Molise, ad es. quello dell’anno 2013 dove a pag 113 cita: ” Anche il costo monetario dell’irrigazione incide negativamente sul ricorso della pratica, specialmente se si considera l’incertezza del risultato economico che sta interessando alcune delle principali coltivazioni irrigate”. Ancora: ” Rispetto al passato censimento, di nuovo in tabella 5.37 (riferita al 2010) si assiste ad una netta diminuzione delle aziende che ricorrono all’irrigazione ( -46,3%)”.
Questo nel 2013, figuriamoci ora! Basta percorrere le varie arterie regionali più importanti per rendersi conto quanti ettari sono interessati a colture irrigue. Un’inezia.

Questi sono i punti cruciali della questione.
Non può essere legittimo, e qui la situazione diventa veramente grave, pretendere il pagamento di un contributo per inesistenti interventi di bonifica e/o manutenzione idraulica visto che, un consorzio ( il “Trigno e Biferno”), a ” suo ” dire, dichiara di essere non responsabile in quanto non competente per i servizi non erogati ( vigilanza e manutenzione).

Inutile epilogare la lunga serie di eventi, frane ed allagamenti, che hanno interessato alcuni Comuni del Basso Molise come Palata e Guglionesi o evidenziare l’inutilità e l’inefficienza dell’ente consortile circa la sicurezza o interventi di salvaguardia sotto il profilo idrogeologico.

Non si possono pagare costi di gestione amministrativa che nulla hanno a che vedere con la finalità e la tutela delle aree del comprensorio consortile e senza concreti e diretti vantaggi agli immobili dei contribuenti!
Peggio il pagamento del tributo irriguo, per quanto detto sopra.

Il mondo contadino, quello che vive di solo reddito agricolo non è in grado più di sopportare tale situazione!
Enti, si ripete, strutturati in simile maniera, che costituiscono solo una spesa per il cittadino che finisce per pagare tributi e non per ottenere un reale beneficio ma per tenere in vita un organismo che visti i risultati sin qui ottenuti, si potrebbe benissimo fare a meno.

Conclusioni.
E’ giunto il momento che chi di dovere si prodighi e non, come al solito, aspettare…. l’anno che verrà affinché “altri” (ma quali?) tolgano le castagne dal fuoco.
Il problema è tutto politico e la sua soluzione non può trovare sufficiente soddisfacimento nella strada giudiziaria che diversi consorziati hanno intrapreso da alcuni anni presso le Commissioni Tributarie regionali. Non è giusto.
I tempi sono maturi per decidere se i consorzi di bonifica, è il caso di dirlo, possano essere ” bonificati” o, invece, chiuderli definitivamente.

Ci si auspica pertanto che gli Organi preposti regionali concretizzino quanto prima su queste “proposte” agricole e promuovano un’azione legislativa definitiva atta a tutelare il settore agricolo in evidente stato di criticità dovuto anche a queste cronicizzate anomalie.

Giorgio Scarlato, Comitato Agricolo “Uniti per non morire”

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