L’autorevolezza del collaboratore ( o portaborsa)

L’ormai nota e (quasi) sorpassata storia del servizio televisivo andato in onda nella trasmissione “Le Iene” ha generato sentimenti e reazioni differenti: rabbia, ilarità, sconcerto, curiosità e chi più ne ha, più ne metta. L’episodio, però, conduce ad un’altra riflessione, un po’ più di ampio respiro. La figura del portaborse o collaboratore, dagli albori, ai giorni nostri. Nella prima e nella seconda Repubblica, tale figura, così come l’addetto di segreteria, era vista quale personaggio da “tenersi buono”, da annoverare tra i propri amici e tra quelli che si invitano a cena il sabato sera con la famiglia.

Quelle persone che, avendo rapporti privilegiati e diretti con il potente di turno, godevano di una posizione dalla quale bastava una telefonata per risolvere un problema. Materialmente parlando, una sorta di potere riflesso che a caduta veniva gestito ed utilizzato, quasi sempre senza che il potente, quello vero, neanche lo sapesse. Dalla concessione edilizia all’autorizzazione sanitaria, passando per la tessera del treno e del pullman per concludere alla licenza per l’attività commerciale.

Questo e tanto altro ancora era il segretario. Poi, come testimoniato da parecchi esempio locali, il portaborse/collaboratore più scaltro è riuscito anche a sostituirsi al potente, diventandolo egli stesso, sfruttando canali, rapporti e punti deboli di chi ha contribuito alla sua creazione. Tale figura però, con il passare degli anni si andata pian piano affievolendo fino ad arrivare ai nostri giorni in cui lavorare per la politica o per un politico è indice di vergogna. Come se chi lo facesse rubasse qualcosa o commettesse un reato. Al pari di tutte le cose, teniamo a mente che esistono il bene ed il male. Ci troviamo, quindi, dinanzi a coloro che per una vita hanno goduto di benefici personali, oltre che economici, generati da tale posizionamento sociale, al pari però di chi ha davvero lavorato e tutt’ora lavora, cercando di assolvere al meglio al proprio compito. Comunque qualcosa è cambiato, anzi più di qualcosa. Se prima scendere dall’auto blu del politico riempiva di orgoglio, adesso, probabilmente, si cerca di evitare tale evenienza e ad averlo capito sono gli stessi amministratori che cercano di evitare il più possibile circostanze simili, generatrici di domande del tipo: chi è quella ragazza? Come la ha assunta? Una sorta di imbarazzo diffuso tra gli staff politici che si trovano ad essere, al pari di chi li paga, vittime di indignati, incazzati e disoccupati, pronti a schernirli e bersagliarli di invettive a vario titolo. Cambiano dunque i tempi anche per i collaboratori che, da figure altamente istituzionalizzate, potenti e di elevato profilo sociale, sono diventati lecchini, ladri e raccomandati. Ma dalla loro nascita, allora, cosa è mutato? Poco probabilmente. Anzi forse oggi guadagnano meno e non godono di nessun potere di posizione, di nessuno sconto al bar o al ristorante. Si limitano a fare telefonate per il politico che organizza il convegno.  Qualora esistesse la necessità di un intervento sistemico, di una spintarella, sarà il politico in persona a farlo.  Questa breve riflessione per osservare come la percezione sia diversa e come alcune figure paghino lo scotto di essere al fianco di chi più criticabile sia oggi, ossia la politica ed i suoi rappresentanti. Ma come in tutte le cose a volte bisognerebbe ragionare a bocce ferme, decontestualizzando le persone. In questo caso parliamo di donne e uomini, spesso sottopagati e senza alcuna prospettiva occupazionale seria. Il rovescio della medaglia, naturalmente esiste eccome, dove troviamo i soliti “mangiapane a tradimento” che continuano a intascare prebende senza neanche sapere dove sia la sede del loro ufficio, meritevoli solo di essere figli di…oppure di avere girato qualche voto alle elezioni. In conclusione, allora, bisognerebbe discernere anche in questo terreno tra persona e persona,  evitando quella pratica ormai diffusa che vede campeggiare il drastico motto: Muoia Sansone e tutti i Filistei.

L.T.

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