Le analisi chimiche (sul tal quale e con test di cessione) sono state effettuate su circa 45 campioni di terra (con prelievi fino a 12 metri) e 4 campioni di acqua. Tutte hanno avuto esito negativo, con parametri ben al di sotto della soglia di concentrazione critica CSC (primo livello di attenzione), per cui, non avendo riscontrato alcun livello di contaminazione, in ottemperanza alle disposizione legislative di merito, non è stato necessario approntare alcun intervento di bonifica, ma di ripristino ambientale, provvedendo alla rimozione del materiale non idoneo a tale scopo. E’ bene precisare che le operazioni di ripristino del terreno in questione e l’istruttoria si sono chiuse nel 2007 e che il materiale “di fonderia” conferito, per legge, è idoneo all’impiego in ripristini ambientali. Successivamente, il sito è stato restituito alla piena disponibilità dei proprietari. Se poi in sei anni le cose sono cambiate non possiamo saperlo. Qualcuno dei presenti ha sollevato perplessità sui risultati delle analisi stesse, ma ad oggi sono l’unico dato validato su cui si può ragionare. Tuttavia ci auguriamo che, in seguito alle segnalazioni apparse sugli organi di stampa negli ultimi giorni ed in seguito all’esposto presentato dal Comune di
Venafro, la magistratura possa fare chiarezza in modo definitivo anche attraverso una ulteriore analisi del terreno interessato. In ogni caso riteniamo che sia opportuno mantenere alta la soglia di attenzione sul discorso “ambiente” e allo stesso tempo riteniamo indispensabile discutere sulla base di dati certi e non per sentito dire o per supposizione. A tal proposito, in questi giorni, chiederemo un incontro anche con l’Arpa per ulteriori delucidazioni su questo tema.